Due caratteristiche devono essere proprie della casa: l'essere aperta verso la parola, e l'essere aperta nei confronti della sofferenza umana: "sia la tua casa una casa di riunione per i sapienti, impolverati nella polvere dei loro piedi e abbeverati come assetato alle loro parole... sia la tua casa largamente aperta agli stranieri e siano i poveri come i figli della tua casa" (m.Pirqe Avot 1,4-5).
La continuità delle parole della Torah manifestatasi in una istruzione avvenuta ai piedi dei sapienti (cfr. At.22,3), impone di dischiudere la propria casa alla parola e con ciò anche ai sofferenti: "proprio come la casa di ognuno deve essere un luogo di incontro per i sapienti, così deve essere largamente aperta agli ospiti e al povero".
"Questo insegna che la casa di un uomo dovrebbe avere un'entrata spaziosa, al nord, al sud, all'est e all'ovest come quella di Giobbe che fece quattro porte alla sua casa.
E perché Giobbe fece quattro porte alla sua casa?
Lo fece perché i poveri non avessero l'incomodo di girarvi attorno: chi veniva dal nord poteva entrare direttamente dalla sua direzione allo stesso modo uno che veniva dal sud e così per gli altri punti cardinali".
Piero Stefani, Il nome e la domanda, pag,195