Riccardo Gatti: “Salvare i migranti in mare significa anche opporsi al disprezzo, al sopruso e alla sofferenza altrui”
06.11.22 - Anna Polo Pressenza
Abbiamo fatto questa intervista a Riccardo Gatti qualche giorno fa. La situazione è cambiata nelle ultime ore, con l’arrivo della Geo Barents nel porto di Catania. Qui si annuncia la ripetizione della cinica e disumana pratica di selezione dei naufraghi già attuata con la Humanity 1, con quelli più “vulnerabili” che possono lasciare la nave, mentre si nega lo sbarco a chi non è considerato abbastanza fragile. Le considerazioni che seguono restano dunque più valide che mai.
Riccardo, attualmente ti trovi sulla Geo Barents di Medici senza Frontiere, con quasi 600 migranti salvati in mare in attesa di sbarcare. Com’è la situazione a bordo?
Con 572 persone soccorse in sette diverse operazioni di salvataggio la situazione a bordo è critica e complessa. E’ sempre così quando ci sono ritardi nel ricevere l’indicazione di un porto sicuro dove sbarcare, che dovrebbe essere concesso il prima possibile secondo obblighi normativi, ma anche secondo l’etica, la logica e il rispetto della dignità umana. Con questi ritardi la situazione si complica ancora di più. Già di per sé è critica, perché ricordiamo sempre che queste persone scappano per diversi motivi da luoghi in cui sono torturate e rinchiuse e da vite precarie. Nel passaggio in Libia entrano in un ciclo di violenza molto alto. Il ritardo fa sì che la loro sofferenza continui ad aumentare. Noi facciamo quello che possiamo. Il team medico lavora senza sosta. Le cure e l’accompagnamento che noi possiamo dargli sono molto intensi, ma è una situazione che facilmente diventa insostenibile. Ecco, questo è quello che viviamo a bordo; l’abbiamo già visto in passato e continuiamo a vederlo.
Interminabili attese di un porto sicuro, fermi amministrativi delle navi, accuse di collusione con gli scafisti. Da Salvini, a Lamorgese e ora a Piantedosi, l’atteggiamento del Ministero dell’Interno è rimasto sostanzialmente ostile?
In effetti cambiano governi, cambiano ministri, cambiano colori, ma la dinamica purtroppo rimane più o meno invariata.
Abbiamo fatto questa intervista a Riccardo Gatti qualche giorno fa. La situazione è cambiata nelle ultime ore, con l’arrivo della Geo Barents nel porto di Catania. Qui si annuncia la ripetizione della cinica e disumana pratica di selezione dei naufraghi già attuata con la Humanity 1, con quelli più “vulnerabili” che possono lasciare la nave, mentre si nega lo sbarco a chi non è considerato abbastanza fragile. Le considerazioni che seguono restano dunque più valide che mai.
Riccardo, attualmente ti trovi sulla Geo Barents di Medici senza Frontiere, con quasi 600 migranti salvati in mare in attesa di sbarcare. Com’è la situazione a bordo?
Con 572 persone soccorse in sette diverse operazioni di salvataggio la situazione a bordo è critica e complessa. E’ sempre così quando ci sono ritardi nel ricevere l’indicazione di un porto sicuro dove sbarcare, che dovrebbe essere concesso il prima possibile secondo obblighi normativi, ma anche secondo l’etica, la logica e il rispetto della dignità umana. Con questi ritardi la situazione si complica ancora di più. Già di per sé è critica, perché ricordiamo sempre che queste persone scappano per diversi motivi da luoghi in cui sono torturate e rinchiuse e da vite precarie. Nel passaggio in Libia entrano in un ciclo di violenza molto alto. Il ritardo fa sì che la loro sofferenza continui ad aumentare. Noi facciamo quello che possiamo. Il team medico lavora senza sosta. Le cure e l’accompagnamento che noi possiamo dargli sono molto intensi, ma è una situazione che facilmente diventa insostenibile. Ecco, questo è quello che viviamo a bordo; l’abbiamo già visto in passato e continuiamo a vederlo.
Interminabili attese di un porto sicuro, fermi amministrativi delle navi, accuse di collusione con gli scafisti. Da Salvini, a Lamorgese e ora a Piantedosi, l’atteggiamento del Ministero dell’Interno è rimasto sostanzialmente ostile?
In effetti cambiano governi, cambiano ministri, cambiano colori, ma la dinamica purtroppo rimane più o meno invariata.
E’ qualcosa che abbiamo visto
iniziare anni fa e che si riproduce governo dopo governo in questo
disprezzo per la dignità e la vita umana. Mancanza totale di una
risposta adeguata, di coinvolgimento nelle operazioni di soccorso delle
Ong, nessun coordinamento, nessun appoggio, anzi spesso si tenta di
allontanarci dalle zone di soccorso.
Cosa possono fare la società civile e i media indipendenti per aiutarvi?
Continuare ad appoggiarci significa alla fine cercare di appoggiare persone che stanno peggio di noi; sono le persone che noi aiutiamo, con vite complesse. Prima di tutto continuare a diffondere quelle verità che stiamo cercando di documentare e di condividere con la società civile. Poi come sempre appoggiare azioni volte alla cura e al sostegno di persone in situazioni di criticità e di bisogno, perciò sostenere a livello verbale, di azione ed economico le Ong come Medici Senza Frontiere. E poi rimanere vigili, in quanto spesso e volentieri il disprezzo verso l’altro e l’altra può scaturire da nostri momenti di difficoltà.
Continuare ad appoggiarci significa alla fine cercare di appoggiare persone che stanno peggio di noi; sono le persone che noi aiutiamo, con vite complesse. Prima di tutto continuare a diffondere quelle verità che stiamo cercando di documentare e di condividere con la società civile. Poi come sempre appoggiare azioni volte alla cura e al sostegno di persone in situazioni di criticità e di bisogno, perciò sostenere a livello verbale, di azione ed economico le Ong come Medici Senza Frontiere. E poi rimanere vigili, in quanto spesso e volentieri il disprezzo verso l’altro e l’altra può scaturire da nostri momenti di difficoltà.
E’ importante non abituarsi al disprezzo, al sopruso e allo
sfruttamento di altre persone. Riuscire a opporci alla sofferenza
prodotta da noi stessi verso gli altri può solo giovarci.