domenica 11 dicembre 2022

MORIRE LONTANO DALLA PROPRIA CASA E DAI PROPRI AFFETTI: SEMPRE PIU' DOLOROSO

 L'ultimo viaggio di Massimiliano

Francesca del Vecchio
La Stampa 9/12

È andato a morire lontano da casa, in una maniera «illogica» come lui stesso l'aveva definita: Massimiliano, 44enne toscano affetto da sclerosi multipla, è morto ieri in una clinica elvetica tramite suicidio assistito. Prima l'appello pubblico per morire in Italia, poi la richiesta di aiuto all'Associazione Luca Coscioni e a Marco Cappato. Massimiliano è stato accompagnato in Svizzera da Felicetta Maltese, 71 anni, iscritta all'Associazione Coscioni e attivista della campagna «Eutanasia Legale» e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista. Entrambe hanno deciso di autodenunciarsi oggi a Firenze e per questa azione di disobbedienza civile rischiano fino a 12 anni di carcere con l'accusa di aiuto al suicidio. Con loro ci saranno anche Marco Cappato, che si autodenuncerà in veste di legale rappresentante dell'Associazione che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano, e l'avvocata Filomena Gallo, legale e segretario nazionale della Coscioni.
Nel suo ultimo videomessaggio, Massimiliano aveva spiegato le sue condizioni di salute: «Questo corpo è guasto e non ce la faccio più. Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica a parlare. Mi sono documentato sui metodi di suicidio indolore. Finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l'ho raggiunto in Italia, ma mi è toccato andare all'estero. Non mi sembra una cosa logica». Nei giorni precedenti alla sua decisione, aveva chiesto di poter essere aiutato a morire in Italia, vicino ai suoi cari: «Perché non posso farlo a casa mia o anche in un ospedale, con i parenti e gli amici che mi supportano. Sono costretto ad andarmene via, per andarmene via», aveva detto.
In Italia è infatti consentito il suicidio assistito solo per i casi previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 sul caso Cappato\Dj Fabo. La pronuncia ne stabilisce la possibilità solo se si è «tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale», se la persona è affetta da patologie irreversibili, fonti di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche accertabili dal servizio sanitario nazionale e se è pienamente capace di prendere decisioni consapevoli. La Consulta si era pronunciata dopo che, nel 2017, Cappato aveva aiutato Fabiano Antoniani, tetraplegico e cieco per un incidente, a morire in Svizzera attraverso la pratica dell'eutanasia.
Massimiliano, quindi, non rientrava nei casi previsti dalla sentenza, come molti altri aiutati da Cappato e dall'Associazione Coscioni: ad agosto scorso c'era stata la signora Elena, malata oncologica terminale autosufficiente con un'aspettativa di vita di pochi mesi, che aveva scelto di porre fine alle sue sofferenze andando a morire in Svizzera. Appena due settimane fa, anche il signor Romano aveva compiuto la stessa scelta dopo essere stato costretto per due anni ai dolori del Parkinson. In entrambi i casi, Cappato si è autodenunciato rischiando una condanna fino a 12 anni, senza contare la possibile componente della reiterazione del reato.
Intanto ieri, durante la prima conferenza europea organizzata da «Citizens Take Over Europe» e dal movimento paneuropeo Eumans (di cui Cappato è co-presidente) a Bruxelles, si è riunito a un comitato di 52 cittadini, provenienti da cinque Stati membri dell'Ue, che ha chiesto di dare seguito alla raccomandazione numero 24 della «Conferenza sul futuro dell'Europa» che sollecita la libertà di scelta dei cittadini nelle decisioni di fine vita e sulle cure palliative nell'Unione. —