UNA PROMESSA: LA TUA LUCE POTRA' RISPLENDERE
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli».
(
Mt 5, 13-16)
Una
lettura inquietante
Leggo
sempre con un certo turbamento questi versetti che Matteo inserisce
nel discorso della montagna.
Il
primo sussulto mi raggela quando leggo questo testo davanti al
paesaggio assai sconfortante di molti tratti delle nostra “storia
cristiana” e al quadro del nostro cristianesimo
contemporaneo.
Ovviamente
ogni generalizzazione è fuori luogo, ma non possiamo prendere alla
leggera queste due immagini senza avvertire lo stridente contrasto
con la realtà. Come possiamo dire che noi cristiani siamo stati e
siamo il sale della terra e la luce del mondo? Percorrendo le
affermazioni dei documenti ufficiali del magistero e le infinite
dispute teologiche sulla salvezza, queste espressioni vengono usate
ed abusate per affermare un chiaro esclusivismo della salvezza, un
possesso. I cristiani sono nella storia “ il sale della terra e la
luce del mondo”. Così come l’istituzione “chiesa” vestì i
panni della detentrice della luce e della verità. Fuori era il regno
delle tenebre. Se vuoi il sale della salvezza e la luce della verità,
sai bene a chi rivolgerti, a quale porta bussare, a quale religione e
a quale chiesa “convertirti”.
Di
queste parole evangeliche, usate con l’arroganza dei dominatori,
abbiamo fatto scempio per secoli. Non sono certo mai mancate le voci
profetiche che hanno denunciato questo abuso e questa
manipolazione.
Una
constatazione onesta
Cito
dal commento al Vangelo di Matteo del teologo José Antonio Pagola:
“Pochi scritti oggi possono colpire il cuore dei credenti con tanta
forza come il piccolo libro di Paul Eudokimov “L’amore folle di
Dio”, Con fede ardente e parole infuocate, il teologo di San
Pietroburgo mette allo scoperto il nostro cristianesimo abitudinario
e appagato: “I cristiani hanno fatto tutto il possibile per rendere
sterile il Vangelo; si direbbe che lo abbiano immerso in un liquido
neutralizzante. Si attenua tutto quello che impressiona, è eccessivo
o stravolge. Convertita così in qualcosa di inoffensivo, l’uomo
non può fare altro che vomitare questa religione appiattita,
prudente e ragionevole”.
Un
cristianesimo stanco, allineato, intriso di formule dogmatiche, non
rinvia più al Mistero affascinante del Dio dell’Amore. Esso cessa
di essere vita e diventa antiquato catechismo del buon senso,
dottrina astratta.
Rilevare
questo ricorrente e deprimente panorama non significa indulgere al
piagnisteo, ma prendere atto di un grave decadimento, anzi di un vero
e proprio tradimento della nostra “vocazione” nel mondo.
Un
cammino possibile
Ma
queste parole di Gesù non possono solo suonare come ammonimento, né
sono riducibili ad un promettente progetto “missionario”. Esse,
scritte con quel verbo presente che guarda al futuro, ci riportano
una promessa affidata a quei “quattro gatti” di discepoli e
discepole. Dunque, se prendiamo sul serio il cammino delle
beatitudini (che Matteo scrive nei versetti appena precedenti), le
nostre piccole vite possono diventare “sale” che spargiamo nel
solco del nostro quotidiano e una piccola “lampada” che diffonde
luce attorno a noi.
Nella
mia vita mi è stata preziosissima la luce di tante piccole lampade
che ho trovato nei fratelli e nelle sorelle della mia comunità e nei
più vari incontri e nelle più diverse esperienze.
Il
Vangelo, in questi versetti ci infonde la speranza di un cammino
possibile e fecondo: ciascuno/a di noi può essere sale e luce per
altri. Non si tratta di una illusione, ma di una promessa di Gesù
fatta ai discepoli e alle discepole di allora e di oggi. Non ho alcun
bisogno di prefiggermi di diventare una salina o una centrale
luminosa, un faro abbagliante: mi è chiesto di credere nella
testimonianza che, per dono di Dio, può scaturire dalle nostre
piccole vite.
C’è
un però…..
Il
sale, perché la promessa si realizzi, non può perdere sapore e la
lampada non può essere messa sotto il moggio. Se la nostra vita non
sarà “salata” in profondità dal fermento evangelico e se la
nostra esistenza non avrà come luce la parola di Dio, la promessa
finirà nel nulla.
Solo
una fede come conversione continua e come approfondimento continuo
può diventare sale e luce per altri. In sostanza la verifica sta nel
nostro concreto addentrarci nel sentiero delle beatitudini.
“Tornare
a Gesù” ( ed. Rizzoli) è uno degli ultimi libri del
grande teologo cattolico Hans Kung. Per lui, dopo infinite ricerche
teologiche, tornare a Gesù significa fare nostra la sua esperienza e
abbracciare quella causa e quel nome che hanno dato senso a tutta la
sua esistenza: “ Gesù significa sempre tornare là dove batte il
mio cuore”.
Sì,
abbiamo bisogno di una fede che non sia una patina religiosa, ma
un’esperienza di faticosa e gioiosa conversione al Dio di cui Gesù
ci ha dato testimonianza. Questa è l’unica garanzia perché il
sale non perda sapore e la lampada non si spenga o non sia nascosta
sotto il moggio.
LA
CURA DELLA FERITA DEL VUOTO
Isaia
58,6-10
6 Non
è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene
inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli
oppressi e spezzare ogni giogo?
7 Non
consiste forse nel dividere il pane con l'affamato,
nell'introdurre
in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi
nudo,
senza distogliere gli occhi da quelli della tua
carne?
8 Allora
la tua luce sorgerà come l'aurora,
la tua ferita si rimarginerà
presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del
Signore ti seguirà.
9 Allora
lo invocherai e il Signore ti risponderà;
implorerai aiuto ed
egli dirà: «Eccomi!».
Se toglierai di mezzo a te
l'oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
10 se
offrirai il pane all'affamato,
se sazierai chi è digiuno,
allora
brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il
meriggio.
Ad indicarci la strada concreta è la voce del profeta del dopo esilio da Babilonia. Insomma ...si tratta di capire ciò che Dio vuole da noi. E' inutile leccarsi le ferite (v.8) o fare digiuni e devozioni all'infinito . Anche se si vive una stagione difficile, qualcosa si può fare. Il profeta indica sentieri concreti e praticabili: Così "La tua luce brillerà" (versetti 8 e 10).
In definitiva si tratta di "dividersi il pane con l'affamato", "introdurre in casa i miseri", "vestire chi è nudo".
A chi si cullava nella sua "crisi", a chi odiava il mondo e la vita, il profeta indica un futuro praticabile in cui bisogna mettersi in gioco. Credo che questo messaggio non abbia per nulla perso la sua validità per la nostra vita di cittadini e di cristiani.
Se vogliamo una chiesa diversa in un mondo diverso, bisogna che ci coinvolgiamo in prima persona. La prima rivoluzione alla quale devo lavorare è la mia personale conversione, il mio passaggio dall'egocentrismo all'amore che condivide.
Molte ferite della nostra vita non guariscono finché non entriamo in relazione reale con le persone e le situazioni di cui ci parla il Trito - Isaia.