sabato 15 luglio 2023

DUBBI SULL'INTELLGENZA ARTIFICIALE

 

Donne - Repubblica - 8 luglio 2023

L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
di Umberto Galimberti

A proposito dell'intelligenza artificiale io mi chiedo se sia possibile affidare la vita degli individui, che interagiscono in modo imprevedibile in una società complessa, alla valutazione delle macchine
algoritmiche che, attraverso la raccolta di una gran quantità di informazioni (big data) che gli algoritmi si incaricano di elaborare, ritiene di poter pervenire a una condizione che consente di
prevedere con sufficiente certezza i comportamenti umani, e di conseguenza di poter procedere con
maggior sicurezza alle decisioni e alle azioni.
All'accettazione di questo sistema collaboriamo tutti, spinti dal desiderio di ottenere subito soluzioni e risposte ai nostri problemi e, invece di attivare la conoscenza necessaria della situazione in cui ci troviamo onde poter deliberare e agire, assumiamo un'attitudine passiva, accettando che la nostra vita sia gestita da un algoritmo, ossia da qualcosa a noi esterno.
E tutto ciò senza una vera consapevolezza, anzi con la persuasione che la decisione sia ancora nelle
nostre mani, perché in fondo siamo noi ad aver deciso di farci guidare dalle macchine, la cui logica lineare, non consente di riflettere la complessità dell'esistenza, che a questo punto appare semplice,non perché lo è, ma perché gli algoritmi non sono in grado di rappresentarla, dal momento che
all'algoritmo non interessa sapere "chi" è un uomo, ma semplicemente "come funziona".
Ma che cosa significa "funzionare"? Acquisire le competenze utili alla vita adulta che, essendo per noi occidentali regolata dall'economia, che oggi detta le leggi persino alla politica, funzionare significa rispondere all'efficienza economica anche con le "risorse umane", dove già nella definizione dell'uomo
come "risorsa" si vede a cosa l'algoritmo riduce l'uomo.
E allora perché meravigliarsi di fronte alla domanda dello studente che chiede a cosa serve studiare greco, latino o filosofia? Questa domanda segnala che la logica algoritmica è già diventata mentalità diffusa.
E per effetto di questa mentalità, la scuola, invece di essere una scuola di "formazione", che ha in se
stessa il proprio fine come realizzazione ed emancipazione della condizione umana, diventa una scuola
di "apprendimento di competenze".
Avvertire la distanza che esiste tra il mondo della vita e il mondo digitale non significa delegittimare l'intelligenza artificiale, ma non smarrire la singolarità e la specificità che caratterizza ogni vita umana e in generale tutto ciò che di lei non è traducibile in un algoritmo, e così negare che esista una realtà ben più
complessa al di fuori del modello digitale che ritiene di averla semplificata. In questo caso, infatti, non di
semplificazione si tratterebbe, ma di negazione della complessità della società e della vita umana, perché solo una smodata pigrizia intellettuale può pensare che l'intelligenza umana sia riducibile ai responsi di quella che oggi chiamiamo, forse con un po' di esagerazione, "intelligenza" artificiale.