Il curioso paradosso di questo tempo
Gennaro Pagano
Credo che uno dei più seri problemi della chiesa in questo tempo sia l’accentuazione, anche comunicativa, della sua autoreferenzialità.
Basta leggere i post, gli articoli, le condivisioni dei media cattolici ma anche di un semplice giornalino diocesano (quanta carta sprecata, ve ne chiederanno conto gli alberi, direbbe la compianta Murgia!) per rendersi conto della grande assente: la crescita spirituale.
Ogni discussione è centrata sulla struttura, sul gossip clericale, su ciò che si fa, su come lo si organizza, su convegni, associazioni, iniziative, giubilei e sinodi, su chi benedire e chi no.
Come se ci fossero fuori le porte delle nostre chiese migliaia di persone in fila a chiedere la benedizione e l’autorizzazione per essere felici, per sentirsi apposto, per sapersi amati da quell’Amore che chiamiamo Dio.
Della crescita spirituale (che non è un fatto solo interiore!) non si parla proprio. Eppure senza la crescita spirituale la comunità cristiana scompare, l’umanità dei credenti è mortificata, la fede muore e la religione trionfa, con le sue norme, le sue caste sacre, le sue tradizioni.
Viktor Flankl affermava che una crescita sana nella fede ha delle conseguenze positive anche a livello psichico, di umanità: quale contributo enorme potrebbe dare una comunità cristiana fondata sul Vangelo, preoccupata della crescita degli uomini e delle donne del nostro tempo, pronta ad offrire esperienze liberatrici e sane di spiritualità e di fede! Quale contributo potrebbe dare a quest’umanità tecnologica, globalizzata, digitale e consumistica il cui grande e costante rischio è di diventare disumana!
E invece ci preoccupiamo di come siamo organizzati, di come riformare le nostre strutture non per comunicare il Vangelo all’uomo ma per restare a galla e non perdere quel poco di potere che è ancora riconosciuto alla religione e a chi la rappresenta. È un gran peccato!
Qualcuno dice, forse per consolarsi in un pensiero semplicistico quanto fallace, che non c’è nulla di nuovo sotto il sole perchè la chiesa è sempre stata in crisi. Ma quel qualcuno sbaglia perchè ci sono due novità sostanziali in questo tempo che Papa Francesco ha definito nel 2015 “un cambiamento d’epoca”.
1. È finito il regime di cristianità, un regime culturale, cognitivo, valoriale che riconosceva a prescindere un ruolo importante e autorevole alla chiesa e alle sue parole.
2. La percezione del tempo - a causa della rivoluzione digitale e delle innovazioni nel campo della comunicazione sociale - negli ultimi decenni è radicalmente mutata, provocando una resistenza alle lunghe attese e un bisogno di immediatezza prima sconosciuto.
Quindi il mondo non aspetta sinodi e sinodini, documenti e prediche innovative: va avanti con o senza di noi.
Ma vi è un curioso paradosso: questo mondo che può fare a meno di noi e dei nostri dettami religiosi non riesce a fare a meno del Vangelo, della sua umanità, di quel messaggio d’amore capace di liberare il cuore. Non può fare a meno dell’amore.
Quell’Amore che non è null’altro che il volto e il nome del Dio che Gesù ha raccontato, spiegato, rivelato con la sua vita, con le sue parole, con la sua pasqua.