IL GIRO (D’AFFARI…) DELLA MORTE. L’INDUSTRIA BELLICA COME PROPULSORE DELL’ECONOMIA
Il riarmo crescente dei Paesi del Vecchio Continente oramai è cosa palese anche
al cittadino medio. Con i venti di guerra che spirano dall’Est europeo e dal
Medio Oriente i Paesi dell’Europa corrono ad acquistare aerei da caccia,
fregate, carri armati, missili, droni e avanzati sistemi bellici elettronici.
Solo nel 2023 le importazioni di armamenti sono aumentate del 94% rispetto ai
quattro anni precedenti.
Il grande mattatore nella vendita di armi è rappresentato dagli Stati Uniti,
che da solo copre il 42% della quota di mercato. I Paesi che fanno capo alla
NATO assorbono più di un terzo delle esportazioni di armi USA (da Stockholm
International Peace Research Institute).
La corsa al riarmo è spinta sia dalla guerra in Ucraina, che incendia il centro
dell’Europa, sia dalla guerra Israelo/Palestinese che infiamma tutto il Medio
Oriente, lambendo l’Iran e estendendosi con i suoi tentacoli di morte fino alle
coste dello Yemen sul mar Rosso.
Con il riarmo la parte da leone in Europa la sta facendo l’Italia, che come
sesto esportatore mondiale di armi, ha incrementando le vendite dell’86%. La
Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, non può più permettersi di spedire
all’estero troppi armamenti e ha tagliato l’esportazione di armi del 53%.
L’export di armi russe copriva 41 Stati come clienti, nel 2023 le vendite si
sono dimezzate e i Paesi riforniti sono scesi a dodici.
Lo scorso anno la Russia, che ha il più grande arsenale di armi nucleari del
Mondo, ha stanziato in bilancio 86,4 miliardi di dollari da destinare alle
spese militari. A sostenere lo sforzo bellico russo è arrivata la fornitura di
droni dall’Iran degli ayatollah e quella di missili balistici dalla Corea del
Nord. L’Iran, pur gestendo appena lo 0,2% delle vendite di armamenti a livello
mondiale, ha visto lievitare l’export del 276%. Tre quarti del business
iraniano è con Mosca. Teheran è anche l’unico fornitore ufficiale di armamenti
agli yemeniti Houthi. Da mesi dallo Yemen gli Houthi lanciano missili e droni
contro i cargo diretti in Israele in solidarietà con i palestinesi di Gaza.
La spesa militare mondiale (da Sipri Yearbook) nel 2023 ha raggiunto i 2.240
miliardi di dollari. L’export degli Stati Uniti è stato destinato per il 35% al
Medio Oriente, in particolare verso l’Arabia Saudita, il Qatar, il Kuwait e
ovviamente Israele. All’Ucraina è stato destinato il 4,70% e Il 28% ai Paesi
europei della Nato.
Il Governo Zelens’kyj ha addirittura incrementato le importazioni di armi del
6.633%. Almeno il 55% delle armi vendute in Europa arriva dagli Stati Uniti.
In questo scenario di guerra, distruzione e morte l’Italia ha ridotto gli
acquisti di armamenti e ha incrementato le vendite dell’86%. Il giro d’affari
con i Paesi dell’Unione Europea ha raggiunto i 61,5 miliardi di euro mentre
l’export verso Stati extraUe si attesta a quota 38,5 miliardi (dalla Relazione
sulle operazioni autorizzate per il controllo dell’esportazione, importazione e
transito dei materiali di armamento pubblicata dalla Camera dei deputati).
L’Italia vende aerei da guerra (per 991 milioni), razzi e siluri (558,7
milioni), blindati (546,5 milioni) e apparecchiature elettroniche (350,48
milioni).
Proprio la Leonardo spa ha firmato recentemente un accordo per la consegna di
24 jet transonici M-346 all’Aeronautica Militare nigeriana battendo
un’agguerrita concorrenza Cino/pakistana e scalzando l’industria cinese che
produce il JF-17.
L’M-346 sarà integrato come capacità di addestramento avanzato dei piloti,
oltre che come velivolo multiruolo per il supporto aereo ravvicinato,
l’interdizione aerea e la ricognizione tattica. La sua qualifica di
addestratore avanzato e di caccia leggero fa sì che sia la scelta ottimale per
aviazioni che non hanno mezzi enormi, ma vogliono comunque essere in grado di
svolgere tutte le funzioni di un’aeronautica militare moderna.
Come veivolo da addestramento l’M-346 permette di addestrare piloti destinati a
volare con l’Eurofighter, l’F-22 o altri aerei in dotazione delle forze aeree
occidentali.
Leonardo spa fornirà alla Nigeria il supporto alla manutenzione della flotta
per un minimo di 25 anni. Il ruolo della Leonardo spa si inserisce nel piano di
modernizzazione delle forze armate del paese africano per fronteggiare
l’insurrezione islamista e per imporsi come guardiano in quella regione.
I tempi di guerra spingono l’industria bellica italiana ad una importante
ristrutturazione. La Leonardo spa si appresta a cedere alla Fincantieri il ramo
industriale WASS. La Wass è responsabile dello sviluppo dei siluri Black Shark,
quelli che equipaggeranno i sottomarini U212 NFS della Marina militare italiana
realizzati da Fincantieri.
La Wass sta per passare da Leonardo spa a Fincantieri. Certamente un passaggio
tra due aziende controllate dallo Stato Italiano. La società cantieristica da
anni si era interessata a Wass, la divisione subacquea di Leonardo spa. Già
durante la gestione di Giuseppe Bono, sostituito con Pier Roberto Folgiero dal
governo Draghi, si parlava del passaggio di Wass a Fincantieri. “Contiamo di
accelerare la cessione di Wass, si parla di giorni e non di mesi, perché
vorremmo si chiudesse questa vicenda”, dice Roberto Cingolani, a.d. di Leonardo
spa.
La Wass ha sede a Livorno, opera nell’industria della difesa subacquea, produce
siluri e sonar, vi lavorano circa 450 dipendenti. Molti anni fa era una società
mista pubblico- privato, tra la Finmeccanica dell’Iri (ora Leonardo spa) e la
Fiat, all’epoca si chiamava Whitehead Alenia sistemi subacquei, poi è diventata
interamente del gruppo Finmeccanica e ha conservato il nome di Wass. In
particolare Wass è responsabile dello sviluppo dei siluri Black Shark, quelli
che equipaggeranno i sottomarini U212 NFS della Marina militare Italiana
realizzati da Fincantieri. Un altro prodotto è il siluro leggero Mu90.
Durante la gestione di Mauro Moretti, con la fondazione di Leonardo spa sono
state concentrate nella capogruppo larga parte delle aziende e società
operative, la Wass è stata fusa per incorporazione in Leonardo spa. Dal primo
gennaio 2016 le attività di Wass sono confluite nella divisione Sistemi di
difesa, nell’ambito del settore Elettronica, difesa e sistemi di sicurezza di
Leonardo spa, insieme all’Oto Melara di La Spezia, che produce armamenti
terrestri (veicoli blindati e cingolati, cannoni, bombe).
L’accordo in discussione con Fincantieri non include Oto Melara (produttrice di
cannoni navali), che Leonardo spa punta a sviluppare con le nuove commesse
previste dell’esercito per rinnovare la flotta di carri armati pesanti Ariete e
veicoli blindati leggeri Dardo, attraverso accordi con altri gruppi stranieri (ci
sono trattative con la franco-tedesca Knds e contatti con la tedesca
Rheinmetall).
La Wass non rientra più nella strategia della Leonardo spa, mentre per
Fincantieri si realizzerebbe un’integrazione tra la produzione di sottomarini e
l’armamento con siluri. Inoltre l’operazione consentirebbe lo sviluppo dei
sistemi subacquei, dai sonar ad altri sistemi, l’integrazione anche societaria
tra produzione di siluri e di sottomarini potrebbe aumentare le capacità di
sviluppo di Wass. Fincantieri da tempo giudica il mercato sottomarino emergente
e degno di grandi investimenti: potrebbe fruttare 400 miliardi di dollari entro
il 2030. Un quarto di questo, ha previsto, proverrà dalla difesa, che ha
descritto come il mercato “a breve termine”.
Il gigante italiano della cantieristica navale Fincantieri crede che il futuro
sia sott’acqua – e sta lavorando per posizionarsi in modo da trarre vantaggio
dai mercati della difesa e commerciali che emergeranno. “Il sottomarino sarà
ciò che lo spazio è stato 40 anni fa”, ha detto l’Amministratore Delegato
dell’azienda a Breaking Defense, durante una recente visita a Washington, il
che significa che, sebbene sia relativamente agli inizi, ci sarà un grande
impulso per le tecnologie a doppio uso, uno sviluppo che Fincantieri vuole
anticipare.
L’Italia si troverà al centro dell’evoluzione della guerra sottomarina, con e
senza equipaggio. Storicamente la Penisola ha una lunga tradizione
sommergibilistica. L’Italia quindi ha sviluppato anche una notevolissima
conoscenza nell’uso dei mezzi d’incursione sottomarina, prima con la famigerata
X MAS e quindi con il Consubin. Attualmente l’Italia ha otto sommergibili da
attacco in servizio, nessuno a propulsione nucleare. Si tratta di quattro della
classe Todaro, S212, costruiti in collaborazione con la Germania, e quattro
classe Nazario Sauro.
C’è da aggiungere che Fincantieri ha sottoscritto un protocollo con la SAIPEM
per lo sviluppo di droni sottomarini per il controllo di gasdotti e oleodotti.
Gli scenari economici e militari sono sempre più intrecciati.
Il ricorso alla guerra e alla militarizzazione parrebbero la sola strada
percorribile, la guerra in Ucraina ha indebolito l’Unione Europea
economicamente, industrialmente e politicamente. Un grande piano di riarmo sta
avvenendo in Germania, e in Italia Leonardo spa e Fincantieri sono
all’avanguardia nella produzione di mezzi per la guerra e sono le industrie
punta dell’economia del Paese.
Le grosse mobilitazioni che si sono viste da Palermo, a Torino, alle università
contro Leonardo spa e FINCANTIERI hanno indicato la strada da seguire per
invertire le scellerate scelte industriali dettate dal facile profitto, anche
se questo genera guerra, morte e distruzione. La battaglia per la riconversione
dell’industria bellica italiana (Leonardo spa, FINCANTIERI, Beretta, Fiocchi,
IVECO), che è notevolmente cresciuta nell’ultimo biennio, oggi acquista una
valenza di estrema importanza strategica per tutto il movimento contro la
guerra e la militarizzazione.
Renato Franzitta (“Pressenza”,
28-04-24)