martedì 30 aprile 2024

IL GIRO (D’AFFARI…) DELLA MORTE. L’INDUSTRIA BELLICA COME PROPULSORE DELL’ECONOMIA

Il riarmo crescente dei Paesi del Vecchio Continente oramai è cosa palese anche al cittadino medio. Con i venti di guerra che spirano dall’Est europeo e dal Medio Oriente i Paesi dell’Europa corrono ad acquistare aerei da caccia, fregate, carri armati, missili, droni e avanzati sistemi bellici elettronici. Solo nel 2023 le importazioni di armamenti sono aumentate del 94% rispetto ai quattro anni precedenti.
Il grande mattatore nella vendita di armi è rappresentato dagli Stati Uniti, che da solo copre il 42% della quota di mercato. I Paesi che fanno capo alla NATO assorbono più di un terzo delle esportazioni di armi USA (da Stockholm International Peace Research Institute).
La corsa al riarmo è spinta sia dalla guerra in Ucraina, che incendia il centro dell’Europa, sia dalla guerra Israelo/Palestinese che infiamma tutto il Medio Oriente, lambendo l’Iran e estendendosi con i suoi tentacoli di morte fino alle coste dello Yemen sul mar Rosso.
Con il riarmo la parte da leone in Europa la sta facendo l’Italia, che come sesto esportatore mondiale di armi, ha incrementando le vendite dell’86%. La Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, non può più permettersi di spedire all’estero troppi armamenti e ha tagliato l’esportazione di armi del 53%. L’export di armi russe copriva 41 Stati come clienti, nel 2023 le vendite si sono dimezzate e i Paesi riforniti sono scesi a dodici.
Lo scorso anno la Russia, che ha il più grande arsenale di armi nucleari del Mondo, ha stanziato in bilancio 86,4 miliardi di dollari da destinare alle spese militari. A sostenere lo sforzo bellico russo è arrivata la fornitura di droni dall’Iran degli ayatollah e quella di missili balistici dalla Corea del Nord. L’Iran, pur gestendo appena lo 0,2% delle vendite di armamenti a livello mondiale, ha visto lievitare l’export del 276%. Tre quarti del business iraniano è con Mosca. Teheran è anche l’unico fornitore ufficiale di armamenti agli yemeniti Houthi. Da mesi dallo Yemen gli Houthi lanciano missili e droni contro i cargo diretti in Israele in solidarietà con i palestinesi di Gaza.
La spesa militare mondiale (da Sipri Yearbook) nel 2023 ha raggiunto i 2.240 miliardi di dollari. L’export degli Stati Uniti è stato destinato per il 35% al Medio Oriente, in particolare verso l’Arabia Saudita, il Qatar, il Kuwait e ovviamente Israele. All’Ucraina è stato destinato il 4,70% e Il 28% ai Paesi europei della Nato.
Il Governo Zelens’kyj ha addirittura incrementato le importazioni di armi del 6.633%. Almeno il 55% delle armi vendute in Europa arriva dagli Stati Uniti.
In questo scenario di guerra, distruzione e morte l’Italia ha ridotto gli acquisti di armamenti e ha incrementato le vendite dell’86%. Il giro d’affari con i Paesi dell’Unione Europea ha raggiunto i 61,5 miliardi di euro mentre l’export verso Stati extraUe si attesta a quota 38,5 miliardi (dalla Relazione sulle operazioni autorizzate per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento pubblicata dalla Camera dei deputati). L’Italia vende aerei da guerra (per 991 milioni), razzi e siluri (558,7 milioni), blindati (546,5 milioni) e apparecchiature elettroniche (350,48 milioni).
Proprio la Leonardo spa ha firmato recentemente un accordo per la consegna di 24 jet transonici M-346 all’Aeronautica Militare nigeriana battendo un’agguerrita concorrenza Cino/pakistana e scalzando l’industria cinese che produce il JF-17.
L’M-346 sarà integrato come capacità di addestramento avanzato dei piloti, oltre che come velivolo multiruolo per il supporto aereo ravvicinato, l’interdizione aerea e la ricognizione tattica. La sua qualifica di addestratore avanzato e di caccia leggero fa sì che sia la scelta ottimale per aviazioni che non hanno mezzi enormi, ma vogliono comunque essere in grado di svolgere tutte le funzioni di un’aeronautica militare moderna.
Come veivolo da addestramento l’M-346 permette di addestrare piloti destinati a volare con l’Eurofighter, l’F-22 o altri aerei in dotazione delle forze aeree occidentali.
Leonardo spa fornirà alla Nigeria il supporto alla manutenzione della flotta per un minimo di 25 anni. Il ruolo della Leonardo spa si inserisce nel piano di modernizzazione delle forze armate del paese africano per fronteggiare l’insurrezione islamista e per imporsi come guardiano in quella regione.
I tempi di guerra spingono l’industria bellica italiana ad una importante ristrutturazione. La Leonardo spa si appresta a cedere alla Fincantieri il ramo industriale WASS. La Wass è responsabile dello sviluppo dei siluri Black Shark, quelli che equipaggeranno i sottomarini U212 NFS della Marina militare italiana realizzati da Fincantieri.
La Wass sta per passare da Leonardo spa a Fincantieri. Certamente un passaggio tra due aziende controllate dallo Stato Italiano. La società cantieristica da anni si era interessata a Wass, la divisione subacquea di Leonardo spa. Già durante la gestione di Giuseppe Bono, sostituito con Pier Roberto Folgiero dal governo Draghi, si parlava del passaggio di Wass a Fincantieri. “Contiamo di accelerare la cessione di Wass, si parla di giorni e non di mesi, perché vorremmo si chiudesse questa vicenda”, dice Roberto Cingolani, a.d. di Leonardo spa.
La Wass ha sede a Livorno, opera nell’industria della difesa subacquea, produce siluri e sonar, vi lavorano circa 450 dipendenti. Molti anni fa era una società mista pubblico- privato, tra la Finmeccanica dell’Iri (ora Leonardo spa) e la Fiat, all’epoca si chiamava Whitehead Alenia sistemi subacquei, poi è diventata interamente del gruppo Finmeccanica e ha conservato il nome di Wass. In particolare Wass è responsabile dello sviluppo dei siluri Black Shark, quelli che equipaggeranno i sottomarini U212 NFS della Marina militare Italiana realizzati da Fincantieri. Un altro prodotto è il siluro leggero Mu90.
Durante la gestione di Mauro Moretti, con la fondazione di Leonardo spa sono state concentrate nella capogruppo larga parte delle aziende e società operative, la Wass è stata fusa per incorporazione in Leonardo spa. Dal primo gennaio 2016 le attività di Wass sono confluite nella divisione Sistemi di difesa, nell’ambito del settore Elettronica, difesa e sistemi di sicurezza di Leonardo spa, insieme all’Oto Melara di La Spezia, che produce armamenti terrestri (veicoli blindati e cingolati, cannoni, bombe).
L’accordo in discussione con Fincantieri non include Oto Melara (produttrice di cannoni navali), che Leonardo spa punta a sviluppare con le nuove commesse previste dell’esercito per rinnovare la flotta di carri armati pesanti Ariete e veicoli blindati leggeri Dardo, attraverso accordi con altri gruppi stranieri (ci sono trattative con la franco-tedesca Knds e contatti con la tedesca Rheinmetall).
La Wass non rientra più nella strategia della Leonardo spa, mentre per Fincantieri si realizzerebbe un’integrazione tra la produzione di sottomarini e l’armamento con siluri. Inoltre l’operazione consentirebbe lo sviluppo dei sistemi subacquei, dai sonar ad altri sistemi, l’integrazione anche societaria tra produzione di siluri e di sottomarini potrebbe aumentare le capacità di sviluppo di Wass. Fincantieri da tempo giudica il mercato sottomarino emergente e degno di grandi investimenti: potrebbe fruttare 400 miliardi di dollari entro il 2030. Un quarto di questo, ha previsto, proverrà dalla difesa, che ha descritto come il mercato “a breve termine”.
Il gigante italiano della cantieristica navale Fincantieri crede che il futuro sia sott’acqua – e sta lavorando per posizionarsi in modo da trarre vantaggio dai mercati della difesa e commerciali che emergeranno. “Il sottomarino sarà ciò che lo spazio è stato 40 anni fa”, ha detto l’Amministratore Delegato dell’azienda a Breaking Defense, durante una recente visita a Washington, il che significa che, sebbene sia relativamente agli inizi, ci sarà un grande impulso per le tecnologie a doppio uso, uno sviluppo che Fincantieri vuole anticipare.
L’Italia si troverà al centro dell’evoluzione della guerra sottomarina, con e senza equipaggio. Storicamente la Penisola ha una lunga tradizione sommergibilistica. L’Italia quindi ha sviluppato anche una notevolissima conoscenza nell’uso dei mezzi d’incursione sottomarina, prima con la famigerata X MAS e quindi con il Consubin. Attualmente l’Italia ha otto sommergibili da attacco in servizio, nessuno a propulsione nucleare. Si tratta di quattro della classe Todaro, S212, costruiti in collaborazione con la Germania, e quattro classe Nazario Sauro.
C’è da aggiungere che Fincantieri ha sottoscritto un protocollo con la SAIPEM per lo sviluppo di droni sottomarini per il controllo di gasdotti e oleodotti.
Gli scenari economici e militari sono sempre più intrecciati.
Il ricorso alla guerra e alla militarizzazione parrebbero la sola strada percorribile, la guerra in Ucraina ha indebolito l’Unione Europea economicamente, industrialmente e politicamente. Un grande piano di riarmo sta avvenendo in Germania, e in Italia Leonardo spa e Fincantieri sono all’avanguardia nella produzione di mezzi per la guerra e sono le industrie punta dell’economia del Paese.
Le grosse mobilitazioni che si sono viste da Palermo, a Torino, alle università contro Leonardo spa e FINCANTIERI hanno indicato la strada da seguire per invertire le scellerate scelte industriali dettate dal facile profitto, anche se questo genera guerra, morte e distruzione. La battaglia per la riconversione dell’industria bellica italiana (Leonardo spa, FINCANTIERI, Beretta, Fiocchi, IVECO), che è notevolmente cresciuta nell’ultimo biennio, oggi acquista una valenza di estrema importanza strategica per tutto il movimento contro la guerra e la militarizzazione.

Renato Franzitta (“Pressenza”, 28-04-24)