Dieci anni dopo, uscire urgentemente dal sistema di guerra. Dall’arena di Pace 2024 un rinnovato impegno per la pace e la nonviolenza
Era avvenuta da poche settimane la rivoluzione in Ucraina – o il colpo
di stato, a seconda della prospettiva – in seguito alla quale ci fu
l’annessione della Crimea alla Russia e l’inizio del conflitto armato nel
Donbass tra milizie filorusse e filogovernative, quando si svolse a Verona
l’Arena di Pace e Disarmo del 25 aprile 2014 dalla quale fu lanciata la
Campagna per la difesa civile non armata e nonviolenta, che prenderà il nome
“Un’altra difesa è possibile”. Una campagna non ancora conclusa che, già dieci
anni fa, proponeva attraverso una legge di iniziativa popolare (e successive
proposte di iniziativa parlamentare), tra le altre cose, la costituzione dei
Corpi civili di pace come forza non armata capace di intervenire nei conflitti
con gli strumenti della nonviolenza, invece di inviarvi armi ed armati.
Scrivevo allora che era necessario “far diventare l’Arena di pace e disarmo il
punto di partenza di una nuova grande mobilitazione europea per il disarmo e la
pace per superare le politiche di potenza che hanno dominato i secoli degli
imperialismi e delle guerre mondiali attraverso l’esercizio del potere dei
popoli, l’unico capace di imporre politiche di pace” (7 marzo 2014).
Invece, in questi dieci anni, tutti i governi che
si sono succeduti in Italia hanno ignorato la proposta dei Corpi civili di
pace, che avrebbero dotato il nostro paese di un “mezzo” costituzionale di
“risoluzione delle controversie internazionali”, anziché la ripudiata guerra;
la guerra regionale del Donbass, con l’invasione russa dell’Ucraina, è stata
internazionalizzata e subisce un’escalation che ogni giorno rischia di
scatenare l’apocalisse nucleare; l’Europa, schiacciata sulla politica di
potenza statunitense, anziché svolgere il ruolo di Terzo mediatore, spende oggi
in armamenti il 62% in più e, invece di approntare un Corpo civile europeo di
pace, secondo la proposta avanzata da Alex Langer al Parlamento europeo fin dal
1995, minaccia l’invio di soldati a morire nelle trincee ucraine. In questo
scenario disastroso – e mentre continua senza sosta il massacro di Gaza, che
ogni giorno che passa assume le dimensioni del genocidio – si è svolta, sabato
18 maggio a Verona, la nuova Arena di Pace con la presenza di papa Francesco.
Promossa dalla Diocesi di Verona e dalle riviste
cattoliche impegnate per la pace, sulla scia delle “Arene” precedenti, l’Arena
di pace del 2024 ha visto la presenza di oltre 12.000 pacifisti e nonviolenti,
laici e cattolici, riuniti in uno scenario straordinario con la bandiera bianca
in mano – oltre alle bandiere arcobaleno – a ribadire l’urgenza dell’impegno
per la pace, attraverso il disarmo e la costruzione degli strumenti nonviolenti
di gestione dei conflitti, anziché la follia della nuova corsa agli armamenti
che genera immensi profitti con le guerre. Papa Francesco ha fatto una lezione
di nonviolenza contro il bellicismo dilagante, spiegando che “dobbiamo saper
fare i conti con la fisiologia dei conflitti, che sono una sfida alla
creatività, per uscirne non con la violenza, ma al di sopra, attraverso il
dialogo che prevede l’ascolto della pluralità”. Sembra evocare, Francesco,
l’approccio di Johan Galtung, il fondatore dei Peace Studies, sul
“trascendimento” dei conflitti attraverso la nonviolenza: prendersene cura e
lavorarci con la fatica della mediazione creativa, anziché esasperarli ed
armarli.
L’Arena di pace 2024 è stata preparata nelle
settimane precedenti dai Tavoli di lavoro, tra i quali quello su Pace e Disarmo
partecipato dai movimenti per la nonviolenza, che ha elaborato un denso
documento che indica le strade “per uscire dal sistema di guerra”. Si va dal
ridurre progressivamente e rapidamente le spese militari e destinare le risorse
liberate a politiche culturali e sociali alla sottoscrizione del Trattato per
la proibizione delle armi nucleari, allontanando dal territorio italiano tutte
le testate presenti; dalla costituzione della Difesa civile non armata e
nonviolenta, con il relativo “Dipartimento” come primo nucleo di un futuro
“Ministero della Pace” all’istituzione dei Corpi civili di pace, a partire dal
nostro Paese; dal vietare senza eccezioni l’esportazione di armi e la
cooperazione militare con paesi in guerra, difendendo la Legge 185/90 oggi
sotto attacco, al fare della scuola una istituzione educativa che formi alla
pace attraverso la nonviolenza, contrastandone i processi di militarizzazione
con l’ingresso delle forze armate, e liberando anche l’Università dai
condizionamenti del complesso militare-industriale.
Insomma un rinnovato impegno programmatico dei
“costruttori di pace”, tanto più necessario quanto più, come ha detto in
conclusione papa Francesco, “la pace è nelle mani dei popoli che devono averne
coscienza ed organizzarsi”. Rispondendo così anche all’appello registrato da
Edgar Morin, le cui condizioni di salute a quasi 103 anni non hanno consentito
di essere presente fisicamente, ma che non ha voluto far mancare la propria
voce all’Arena di Verona: di fronte “a tanti pericoli, tante guerre, tanta difficoltà
a trattare i problemi fondamentali dell’umanità, c’è bisogno di una coscienza
fortissima della necessità di lavorare insieme per fare un movimento ardente e
forte per la pace”. Vista la sordità dei governi, dieci anni dopo è più urgente
che mai.