venerdì 24 maggio 2024

Sì, è un genocidio!

Sì, è un genocidio. È difficile e doloroso ammetterlo, ma nonostante tutto, e nonostante tutti i nostri sforzi per pensare diversamente, dopo sei mesi di guerra brutale non possiamo più evitare questa conclusione. La storia ebraica sarà d’ora in poi macchiata dal marchio di Caino per il “più orribile dei crimini”, che non potrà essere cancellato dalla sua fronte. È così che sarà considerata nel giudizio della storia per le generazioni a venire.

Da un punto di vista giuridico, non si sa ancora cosa deciderà la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, anche se, alla luce delle sue sentenze emesse fino ad ora e alla luce dei rapporti sempre più diffusi di giuristi, organizzazioni internazionali e giornalisti investigativi, la traiettoria del futuro giudizio sembra abbastanza chiara. Già il 26 gennaio, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito in modo schiacciante (14 voti contro 2) che Israele potrebbe commettere un genocidio a Gaza. Il 28 marzo, dopo che Israele ha deliberatamente affamato la popolazione di Gaza, la Corte ha emesso ulteriori ordini (questa volta con il voto di 15 a 1, con l’unico dissenso del giudice israeliano Aharon Barak) chiedendo a Israele di non negare ai palestinesi i loro diritti protetti dalla Convenzione sul genocidio. Il rapporto ben argomentato e ragionato della relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, è giunto a una conclusione più decisa e costituisce un ulteriore tassello per comprendere che Israele sta effettivamente commettendo un genocidio. Il rapporto dettagliato e periodicamente aggiornato del dottor Lee Mordechai [Heb], che raccoglie informazioni sul livello di violenza israeliana a Gaza, è giunto alla stessa conclusione. Importanti accademici come Jeffrey Sachs, professore di economia alla Columbia University (ebreo con un atteggiamento adesivo nei confronti del sionismo tradizionale), con cui i capi di Stato di tutto il mondo si consultano regolarmente su questioni internazionali, parlano del genocidio israeliano come di qualcosa di scontato. Eccellenti reportage investigativi come quello [Heb] di Yuval Avraham in Local Call, e in particolare la sua recente indagine sui sistemi di intelligenza artificiale utilizzati dall’esercito per selezionare gli obiettivi ed eseguire gli assassinii, avvalorano ulteriormente questa accusa. Il fatto che l’esercito abbia permesso, ad esempio, l’uccisione di 300 persone innocenti e la distruzione di un intero quartiere residenziale per eliminare un comandante di brigata di Hamas dimostra che gli obiettivi militari sono quasi obiettivi incidentali per l’uccisione di civili e che ogni palestinese a Gaza è un obiettivo da uccidere. Questa è la logica del genocidio.

Sì, lo so: Sono tutti antisemiti o ebrei che odiano se stessi”. Solo noi israeliani, con la mente alimentata dagli annunci del portavoce dell’IDF ed esposta solo alle immagini setacciate per noi dai media israeliani, vediamo la realtà com’è. Come se non fosse stata scritta una letteratura interminabile sui meccanismi di negazione sociale e culturale delle società che commettono gravi crimini di guerra. Israele è davvero un caso paradigmatico di tali società, un caso che sarà ancora insegnato in tutti i seminari universitari del mondo che trattano l’argomento.

Ci vorranno anni prima che il tribunale dell’Aia emetta il suo verdetto, ma non dobbiamo guardare a questa situazione catastrofica solo attraverso le lenti giuridiche. Ciò che sta accadendo a Gaza è un genocidio perché il livello e il ritmo delle uccisioni indiscriminate, della distruzione, delle espulsioni di massa, degli sfollamenti, della carestia, delle esecuzioni, della cancellazione delle istituzioni culturali e religiose, dello schiacciamento delle élite (compresa l’uccisione di giornalisti) e della disumanizzazione generalizzata dei palestinesi creano un quadro complessivo di genocidio, di un deliberato schiacciamento consapevole dell’esistenza palestinese a Gaza. Nel modo in cui normalmente intendiamo tali concetti, la Gaza palestinese come complesso geografico-politico-culturale-umano non esiste più. Il genocidio è l’annientamento deliberato di una collettività o di una parte di essa, non di tutti i suoi individui. Ed è quello che sta accadendo a Gaza. Il risultato è senza dubbio un genocidio. Le numerose dichiarazioni di sterminio da parte di alti funzionari del Governo israeliano e il tono generale di sterminio del discorso pubblico, giustamente sottolineato dall’editorialista di Haaretz Carolina Landsman, indicano che questa era anche l’intenzione.

Gli israeliani pensano, erroneamente, che per essere considerato tale un genocidio debba assomigliare all’Olocausto. Immaginano treni, camere a gas, forni crematori, fosse di sterminio, campi di concentramento e di sterminio e la sistematica persecuzione a morte di tutti i membri del gruppo di vittime fino all’ultimo. Un evento del genere non si è verificato a Gaza. In modo simile a quanto accaduto nell’Olocausto, la maggior parte degli israeliani immagina che il collettivo delle vittime non sia coinvolto in attività violente o in un conflitto vero e proprio, e che gli assassini li sterminino a causa di una folle ideologia senza senso. Questo non è il caso di Gaza. Il brutale attacco di Hamas del 7 ottobre è stato un crimine atroce e terribile. Circa 1.200 persone sono state uccise o assassinate, tra cui più di 850 civili israeliani (e stranieri), compresi molti bambini e anziani. Circa 240 israeliani vivi sono stati rapiti a Gaza e sono state commesse atrocità come lo stupro. Si tratta di un evento con effetti traumatici profondi, catastrofici e duraturi per molti anni, certamente per le vittime dirette e la loro cerchia immediata, ma anche per la società israeliana nel suo complesso. L’attacco ha costretto Israele a rispondere per autodifesa. Tuttavia, sebbene ogni caso di genocidio abbia un carattere diverso, nella portata e nelle caratteristiche dell’omicidio, il denominatore comune della maggior parte di essi è che sono stati compiuti per un autentico senso di autodifesa. Dal punto di vista giuridico, un evento non può essere sia autodifesa che genocidio. Queste due categorie giuridiche si escludono a vicenda. Ma storicamente la legittima difesa non è incompatibile con il genocidio, anzi di solito ne è una delle cause principali, se non la principale.

Amos Goldberg (da “volerelaluna.it”, 20/5/24)