martedì 11 giugno 2024

LA LEGALITA' RIDUCE LE DISUGUAGLIANZE

Chiamiamola questione sociale, e non solo etica. Nessuno nega che l'illegalità diffusa, quei 560 miliardi di euro sottratti al bene pubblico da tutte le attività criminali (corruzione, reati tributari, lavoro nero, contraffazione, mafie...) facciano capo a comportamenti di singoli e organizzazioni e che come tali vanno perseguiti.

Ma nemmeno si può fingere di credere che basti la repressione a estirpare le cause sociali e culturali del malaffare.

L'illegalità diffusa, la corruzione e le mafie affondano le radici nella debolezza del tessuto morale di una società e questa debolezza ha un nome preciso: disuguaglianza.

Dove i diritti diventano oggetto di mercato, i beni essenziali un'esclusiva di chi se li può permettere, dove cresce il numero delle persone in difficoltà mentre la ricchezza riguarda una cerchia sempre più esigua di popolazione, viene meno il patto sociale, il sentimento di corresponsabilità che dà sostanza al concetto di "bene comune".

Ciascuno si arrangia per conto suo e con i mezzi che ha. Crescono l'individualismo e l'egoismo.

In alto c'è la corsa alla spartizione dei privilegi, le cricche e i giri del malaffare. In basso si accende la guerra tra gli esclusi, accentuata dall'impotenza e dal risentimento verso il "diverso", venuto ad occupare un'area già gremita.

E intanto il paese si scopre sulla soglia della bancarotta. Ma questa crisi economica è l'effetto di una crisi etica e culturale, di una crisi di democrazia e giustizia sociale.

La grande assente in tutto questo è la politica. Inutile ricordare le norme scandalose che hanno scandito il declino di questi anni.

Le leggi ad personam o ad aziendam, i conflitti d'interessi, i disegni contro la corruzione arenati, e quel dato di 84, tra indagati e condannati, che siedono in Parlamento. Viene da chiedersi cosa ne avrebbe pensato Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica, quando nel 1941 scrisse: <<Non si governa bene senza un ideale>> per aggiungere più avanti <<da politici meri maneggiatori di uomini, il Paese non può aspettarsi altro che sciagure>>.

Ma sarebbe miope, oltre che distante dall'etica democratica, prendersela solo con certa politica.

Alla cattiva politica non si risponde con la fuga dalle responsabilità, ma assumendone di più.

L'antipolitica è una scorciatoia accattivante per chi ignora che la qualità della politica deriva dal grado di coscienza di una comunità, dal modo in cui tutti i cittadini concorrono alla gestione e alla crescita del bene comune. E per fortuna il nostro Paese non difetta di cittadini con questa tempra morale.

Sono tanti magistrati, tanti uomini delle forze di polizia.

Sono quegli insegnanti che il crimine, il malaffare, le mafie li combattono con le armi dell'educazione e della cultura, sono le migliaia di ragazzi che passano le vacanze a lavorare nei terreni confiscati alle mafie.

Ma sono in fondo tutte le persone che svolgono con dedizione e onestà il proprio lavoro, sapendo che il primo testo antimafia è la Costituzione Italiana e che il codice della legalità è scritto innanzitutto nella coscienza di ciascuno di noi.

Luigi Ciotti