Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo scritto da Jonathan Haidt e tradotto in italiano su “Internazionale” del 03/05/2024.
Un’infanzia al telefono (parte 2 di 5)
L'infanzia è cambiata
Da centinaia di studi su giovani ratti, scimmie e umani emerge che i giovani
mammiferi vogliono giocare, ne hanno bisogno e quando non possono giocare
finiscono per avere problemi sociali, cognitivi ed emotivi. Un aspetto cruciale
del gioco è l'assunzione di rischi. I bambini e gli adolescenti devono correre
dei rischi e sbagliare spesso in situazioni in cui un errore non costa caro. E'
così che aumentano le loro capacità, superano le paure, imparano a valutare i
rischi e a collaborare per affrontare sfide più grandi in seguito. La
possibilità sempre presente di farsi male mentre si corre, si esplora, ci si
scontra o si entra in un vero e proprio conflitto con un altro gruppo aggiunge
un elemento di brivido, e il gioco emozionante sembra essere il più efficace
per superare le ansie infantili e costruire relazioni sociali e competenza
emotiva e fisica.
Il desiderio di correre un rischio e provare un brivido aumenta negli anni
dell'adolescenza, quando sbagliare può comportare conseguenze più gravi. I
bambini di tutte le età devono scegliere il rischio che sono pronti ad
affrontare in un dato momento. I giovani privati delle opportunità di rischiare
e di esplorare in modo indipendente diventeranno, in media, adulti più ansiosi
e avversi al rischio.
L'infanzia e l'adolescenza
umana si sono evolute all'aperto, in un mondo materiale pieno di pericoli ma
anche di opportunità. Le sue attività centrali - gioco, esplorazione e intensa
socializzazione - non erano in genere supervisionata dagli adulti, e questo
consentiva ai bambini di fare le loro scelte, risolvere i loro conflitti e
prendersi cura gli uni degli altri. Avventure e avversità condivise univano i
giovani in gruppi di forte amicizia all'interno dei quali imparavano a gestire
le dinamiche sociali dei piccoli gruppi, che li preparavano ad affrontare sfide
e gruppi più grandi in seguito. Poi abbiamo cambiato infanzia.
È successo lentamente a partire dalla fine degli anni settanta e ottanta, prima
dell'arrivo di Internet, quando negli Stati Uniti molti genitori hanno
cominciato ad aver paura che i figli, se lasciati senza sorveglianza, sarebbero
stati in pericolo. Il declino generale del capitale sociale - cioè quanto le
persone conoscono i propri vicini e le istituzioni, e si fidano di loro - ha
aggravato le paure dei genitori. Nel frattempo, la sempre maggiore selettività
delle università ha incoraggiato forme di genitorialità ancora più intrusive.
Negli anni novanta, si è cominciato a tenere i figli a casa o a insistere
perché trascorressero il pomeriggio impegnati in attività di arricchimento
personale gestite dagli adulti. Il gioco libero, l'esplorazione indipendente e
il tempo trascorso con gli altri adolescenti sono diminuiti.
Ma l'iperprotettività è solo
uno dei motivi della crisi attuale. La transizione da un'infanzia più
indipendente è stata anche facilitata dai costanti miglioramenti della
tecnologia digitale, che hanno reso più facile e più invitante per i giovani
trascorrere molto più tempo in casa e da soli nelle loro stanze. Alla fine le
aziende tecnologiche hanno avuto accesso ai bambini 24 ore su 24, sette giorni
su sette. Hanno sviluppato attività virtuali emozionanti, progettate per
"coinvolgere", che non assomigliano per niente alle esperienze del
mondo reale che i giovani cervelli, per come si sono evoluti, si aspettano.
Internet, che oggi domina la vita dei giovani, è arrivata in due ondate tecnologiche collegate tra loro. La prima tra i millenial ha fatto pochi danni; la seconda ha ingoiato tutta la generazione Z. La prima è arrivata negli anni novanta, con l'accesso a internet, che rese i personal computer adatti a qualcosa di più che l'elaborazione di testi e i giochi elementari. Nel 2003 il 55 per cento delle famiglie statunitensi aveva un computer con accesso (lento) a internet. I tassi di depressione adolescenziale, solitudine e altri indicatori di cattiva salute mentale non aumentarono. Anzi, scesero un po'. Gli adolescenti nati tra il 1981 e il 1995, i primi ad attraversare la pubertà con l'accesso a internet, erano in media psicologicamente più sani e più felici dei fratelli maggiori o dei genitori della generazione X (nati tra il 1965 e il 1980).
La seconda ondata ha cominciato a montare negli anni duemila, anche se la sua piena forza si è manifestata solo all'inizio degli anni dieci. Tutto è cominciato in modo piuttosto innocente con l'arrivo delle piattaforme di social network che aiutavano le persone a connettersi con gli amici. Gli adolescenti hanno abbracciato subito i social network, ma il tempo che potevano trascorrere su questi siti nei primi anni era limitato, perché l'accesso era possibile solo da un pc, che spesso era il computer di casa. I giovani non potevano connettersi a internet dello scuolabus, durante le lezioni o mentre erano all'aperto con gli amici. Molti adolescenti nella prima metà degli anni duemila avevano un telefono cellulare, ma si trattava di apparecchi semplici, senza la connessione a internet. Erano strumenti che aiutavano i millennial a incontrarsi di persona e a parlare. Non ci sono prove che i semplici cellulari abbiano danneggiato la salute mentale dei millennial.
E' stato solo con l'introduzione dell'iPhone (2007), dell'App store (2008) e delle connessioni veloci - e il corrispondente passaggio alla telefonia mobile di molti social media, videogiochi e siti porno - che è diventato possibile per gli adolescenti trascorrere online quasi ogni momento.
E' stata la straordinaria sinergia tra queste innovazioni ad alimentare la seconda ondata. Nel 2011 solo il 23% degli adolescenti possedeva uno smartphone. Nel 2015 il tasso era salito a 73%, e un quarto degli adolescenti affermava di essere online "quasi costantemente". I loro fratelli più piccoli che andavano alle elementari di solito non avevano uno smartphone, ma dopo la sua uscita nel 2010, l'iPad è diventato rapidamente un punto fermo nella vita quotidiana dei bambini. E' stato in questo breve periodo, dal 2010 al 2015, che l'infanzia negli Stati Uniti (e in molti altri paesi) è cambiata, ha assunto una forma più sedentaria, solitaria, virtuale e incompatibile con uno sviluppo sano.