giovedì 6 giugno 2024

Terminiamo la pubblicazione sul nostro blog dell’articolo scritto da Jonathan Haidt e tradotto in italiano da “Internazionale” del 03/05/2024. 

Un’infanzia al telefono (parte 5 di 5)

Trappole collettive
I social media si basano sull'effetto rete. Chi li usa lo fa solo perché lo fanno anche gli altri. Molte persone preferirebbero che nessuno lo facesse. In seguito, i ricercatori hanno chiesto direttamente agli studenti: "Preferiresti vivere in un mondo senza Instagram (o TikTok)?". E la maggioranza di loro ha detto di sì: il 58% per ciascuna applicazione.
Questa è la definizione da manuale di ciò che sociologi chiamano un problema di azione collettiva. E' quello che succede quando un gruppo starebbe meglio se tutti i suoi membri facessero una particolare azione, ma nessuno la fa perché, se non la fanno anche gli altri, il costo personale supera il beneficio. Le sigarette hanno intrappolato i singoli fumatori con una dipendenza biologica. I social media hanno intrappolato un'intera generazione creando un problema di azione collettiva. I primi sviluppatori di app hanno deliberatamente e consapevolmente sfruttato le debolezze psicologiche e le insicurezze dei giovani per spingerli a consumare un prodotto che, riflettendoci bene, molti vorrebbero poter usare di meno o per niente.
I giovani e i loro genitori sono bloccati in almeno quattro trappole di azione collettiva. Per una singola famiglia è difficile sfuggire, ma diventa molto più facile se le famiglie, le scuole e le comunità si coordinano e agiscono insieme. Ecco quattro regole che potrebbero riportare indietro la situazione. Se qualsiasi comunità le adotta tutte, sono sicuro che ci sarebbe un significativo miglioramento della salute mentale dei giovani nel giro di due anni.

1.  Niente smartphone prima del liceo: la trappola qui è che ogni bambino pensa di aver bisogno di uno smartphone perché "tutti gli altri" ne hanno uno, e molti genitori si arrendono perché non vogliono che i loro figli si sentano esclusi. Ma se nessuno altro avesse uno smartphone - o anche se, diciamo, solo la metà della classe di prima media ne avesse uno - i genitori si sentirebbero più confortati a comprargli un telefono semplice (o addirittura nessun telefono). La possibilità di stare su internet 24 ore su 24 dovrebbe essere ritardata fino alla terza media (intorno ai 14 anni). Se questa fosse una norma nazionale o comunitaria contribuirebbe a proteggere gli adolescenti durante i primi anni molto vulnerabili della pubertà. Secondo uno studio britannico del 2022 sono gli anni in cui è più forte la correlazione tra l'uso dei social media e i problemi di salute mentale.

2.  Niente social media prima dei 16 anni: la trappola qui, come per gli smartphone, è che ogni adolescente sente il bisogno di aprire un account su TikTok, Instagram, Snapchat e altre piattaforme principalmente perchè è lì che la maggior parte dei suoi coetanei pubblica e spettegola. Ma se la maggior parte degli adolescenti non fosse su queste piattaforme fino ai 16 anni, le famiglie e i ragazzi potrebbero resistere più facilmente alla pressione di iscriversi. Il ritardo non significa che i ragazzi sotto i 16 anni non potrebbero mai guardare video su TikTok o YouTube, ma solo che non potrebbero aprire account, fornire i loro dati, pubblicare i propri contenuti e consentire agli algoritmi di conoscere loro e le loro preferenze.

3.  Niente telefono a scuola: la maggior parte delle scuole afferma di vietare i telefoni, ma questo di solito significa semplicemente che gli studenti non devono tirare fuori il telefono dalla tasca durante le lezioni. Dalla ricerca emerge invece che la maggior parte degli studenti usa il telefono anche durante le lezioni. Lo usa durante l'ora di pranzo, nei momenti liberi e nelle pause tra una lezione e l'altra, momenti in cui ognuno potrebbe e dovrebbe interagire con i compagni. L'unico modo per distogliere la mente degli studenti dallo smartphone durante la giornata scolastica è chiedere a tutti di mettere i telefoni (o altri dispositivi che possono inviare o ricevere messaggi) in un armadietto in un luogo chiuso a chiave all'inizio della giornata.

4.  Più indipendenza, libertà di gioco e responsabilità nel mondo reale: molti genitori hanno paura di dare ai figli il livello di indipendenza e responsabilità che avevano loro quando erano giovani, anche se negli ultimi decenni il tasso di omicidi, guida in stato di ebbrezza e altri pericoli per i ragazzi è diminuito.

Parte di questa paura dipende dal fatto che i genitori guardano gli altri genitori per determinare cosa è normale e sicuro, e vedono pochi esempi di famiglie che si comportano come se ci si potesse fidare di mandare un bambino di nove anni in un negozio da solo. Ma se molti genitori cominciassero a mandare i figli fuori a giocare o a fare commissioni, le norme su ciò che è sicuro e accettato cambierebbero rapidamente. Lo stesso vale per le teorie su cosa significa essere "bravi genitori". E se più genitori dessero maggiore responsabilità ai figli - per esempio chiedendogli di impegnarsi di più a dare una mano in casa o a prendersi cura degli altri - il diffuso senso di inutilità attualmente riscontrato nei sondaggi tra gli studenti delle superiori potrebbe cominciare a sparire. Sarebbe un errore trascurare questa quarta norma. Se i genitori non sostituiscono il tempo trascorso davanti a uno schermo con l'esperienza del mondo reale che coinvolgono amici e attività indipendenti, vietare l'uso dei dispositivi sembrerebbe solo una privazione, non l'apertura di un mondo di opportunità.

Basta collaborare

Il motivo principale per cui un'infanzia incentrata sul telefono è così dannosa è perché esclude tutto il resto. Gli smartphone impediscono di fare esperienze. Il nostro obiettivo finale non dovrebbe essere rimuovere completamente gli schermi, ma creare una versione dell'infanzia e dell'adolescenza che mantenga i giovani ancorati al mondo reale con i vantaggi dell'era digitale.

Una funzione essenziale dello Stato è risolvere i problemi di azione collettiva. Negli Stati Uniti il congresso potrebbe, per esempio, portare a 16 anni l'età in cui si è considerati abbastanza adulti per Internet, e potrebbe imporre alle aziende tecnologiche di tenere lontani i minori dai loro siti. Ma negli ultimi decenni il congresso non ha affrontato le preoccupazioni dei cittadini perché le soluzioni avrebbero scontentato un'industria ricca e potente. La verità, quindi, è che gli statunitensi dovranno fare la maggior parte del lavoro da soli, nei gruppi di quartiere, nelle scuole e in altri tipi di comunità. L'infanzia incentrata sul telefono non è inevitabile. Si può cominciare subito, soprattutto dove c'è una buona collaborazione tra scuole e genitori. Basterebbe una circolare scolastica che chiede ai genitori di ritardare il momento in cui i figli potranno usare lo smartphone e i social media, spiegando che questo aiuterebbe la scuola a tutelare la salute mentale dei ragazzi. Un'iniziativa simile catalizzerebbe l'azione collettiva e ripristinerebbe le norme della comunità.

All'inizio degli anni dieci non sapevamo cosa stavamo facendo. Ora lo sappiamo. E' il momento di agire.

Jonathan Haidt, “The Atlantic”, Stati Uniti

(da “Internazionale” del 03/05/2024)