Votare o non votare?
Ammettiamolo. La tentazione di disertare le urne è in
aumento. Per tanti motivi. Bisognerebbe riflettere seriamente. Ma in realtà non
si fa.
Nel frattempo può essere utile un appello al
voto, spiegandone le ragioni?
Si potrebbe citare l’aspirazione al voto di chi
è impedito da una dittatura.
Ricordare i partigiani e le partigiane che sono
morti per ripristinare la democrazia, che si fonda sulla possibilità di votare
i propri rappresentanti.
Oppure sottolineare che si tratta di un dovere
civico e inderogabile sancito dalla Costituzione.
Il concetto di “responsabilità”, che ha la
propria radice nella necessità di “dare una risposta”, dovrebbe essere utile
per comprendere che il voto è un esercizio indispensabile.
Al limite si può trovare un senso nel votare
scheda bianca e persino nulla, ma non recarsi alle urne è un errore evidente.
Per fare a meno di politici inadeguati è
necessario eleggere candidati validi e nelle prossime elezioni si possono
esprimere le preferenze, sia per le amministrative sia per le europee.
Tutto ciò può essere sensato e ragionevole, ma
alla fine l’argomento più convincente resta quello che il ragionier Ugo
Fantozzi (alias Paolo Villaggio) ha spiegato alla moglie: “Pina, stammi a
sentire: se io sbaglio il voto questa volta va a finire che non mangiamo e non
mangiate per una decina d’anni!”.
Insomma, se la politica non ti interessa, resta
il fatto che la politica si occupa anche di te. Perciò è il caso di
preoccuparsi e di non lasciare la decisione nelle mani e nelle matite degli
altri.
Come ha ben detto Giorgio Gaber, la libertà è
partecipazione, anche al voto.
Rocco Artifoni
(da “Pressenza” del 6/6/24)