È la pace la bussola della sinistra
8-9 giugno: immaginiamo se alle elezioni europee di un
mese fa si fosse presentata di fronte agli elettori italiani una lista unitaria
per la pace, la giustizia sociale, la solidarietà, con schierati, fianco a fianco,
oltre a Michele Santoro e Raniero la Valle, Mimmo Lucano, Ilaria Salis, Cecilia
Strada, Marco Tarquinio, e qualche altro nome meno noto dalle chiare
credenziali di sinistra e pacifiste… Immaginiamo un risultato a due cifre (del
tutto plausibile, anche solo sommando il 6,7 ottenuto da AVS e il 2,2% di Pace
Terra e Dignità) e l’impatto che un simile messaggio proveniente dall’Italia
avrebbe avuto su un continente impegnato in una folle corsa al riarmo, incapace
anche solo di prendere in considerazione una soluzione politica alla guerra che
insanguina da due anni e mezzo il suo territorio e alle tante altre che,
direttamente o indirettamente, alimenta per ipocrisia, avidità, cinismo…
Apriamo gli occhi: non è accaduto. Al di là del flop del progetto capitanato da
Santoro, l’indubbio successo di alcune candidature “pacifiste” presenti in
altre liste lascia l’amaro in bocca per la prevedibile scarsa, o nulla,
possibilità che i neo-eletti avranno di incidere sugli equilibri interni a
gruppi parlamentari fortemente sbilanciati in senso bellicista. Non penso solo
a Socialisti e Democratici, di cui farà parte l’eterogenea pattuglia dei
deputati del PD (composta, tra gli altri, da Brando Benifei, Pina Picerno,
Elisabetta Gualmini, Alessandra Moretti, Irene Tinaglia: tutti nel recente
passato a favore dello storno di fondi UE dalla transizione ecologica alla
produzione di armi), ma ai Verdi europei, in cui confluiranno tutti gli eletti
di AVS, con l’eccezione di Salis e Lucano. Una forza politica che, immemore delle
sue radici pacifiste e anti-militariste, si è negli ultimi anni distinta per
l’oltranzismo guerrafondaio, che non riguarda solo la componente tedesca –
fortemente ridimensionata dal voto – ma l’intero gruppo, firmatario nel
febbraio del 2024 di un Manifesto schierato a favore del “continuo supporto
finanziario e militare” all’Ucraina e dell’ulteriore “rafforzamento” della NATO
(https://transform-italia.it/i-verdi-europei-dal-pacifismo-alla-guerra-permanente/). Che cosa ne pensano i tanti amici
e compagni che hanno votato AVS essenzialmente “per Ilaria Salis”, certi
comunque di scegliere una formazione contraria all’invio delle armi a Kiev, e
che ora, per il gioco perverso delle pluri-candidature, si accorgono di avere
contribuito a rafforzare un gruppo smanioso di sostenere la generalessa Von der
Leyen? Più coerenti con il proclamato posizionamento pacifista sono stati, alla
fine, i 5Stelle, approdati in questi giorni, con Salis e Lucano, nella Left.
Era sbagliata l’idea di provare a costruire attorno al tema della pace
un’aggregazione ampia, in grado di unire le varie anime della sinistra,
consapevoli del nesso che lega tra loro “pace, terra e dignità”, come recitava
il nome della sfortunata lista promossa da Santoro e La Valle? Ma, soprattutto,
sono venute meno le ragioni alla base di quel tentativo (la convinzione che la
ricerca di soluzioni pacifiche alle controversie internazionali si intrecci
indissolubilmente con la lotta per la giustizia sociale e climatica, a livello
globale, alternativa alla prospettiva della difesa armata del privilegio
occidentale)? Io non credo che quelle ragioni siano venute meno, né che l’idea
della lista pacifista fosse sbagliata. Il tema della guerra – con il rischio,
tornato di drammatica attualità, dell’ecatombe nucleare – rimane il problema
dei problemi, quello che tutti li compendia, legato – com’è – alla questione
della necessaria rifondazione del diritto internazionale, del superamento di un
unipolarismo fuori tempo massimo, dell’imposizione di limiti e freni a un
finanz-capitalismo rapace, generatore di diseguaglianze, inquinamento,
violenza, migrazioni forzate… Il problema è che quell’idea è rimasta allo
stadio di un’intuizione, mai tradottasi in un vero, serio, tentativo di andare
oltre l’appello lanciato da una star televisiva, poco incline al dialogo e al
confronto con le forze organizzate di cui chiedeva il sostegno. Sulle
molteplici ragioni del fallimento di questa lista, certo non solo attribuibili
al boicottaggio da parte dei media e del governo (https://volerelaluna.it/politica/2024/05/20/elezioni-europee-lo-strano-caso-della-lista-pace-terra-e-dignita/), altri, più interni ai soggetti che
l’hanno promossa, potranno esprimersi. A me sembra invece interessante
interrogarsi sulla possibilità di riprendere quel cammino, troppo presto
interrotto, o mai davvero iniziato, rilanciando l’idea che stava alla sua base.
Il paradosso è che in questo momento, in Europa, a intestarsi la battaglia per
la “pace” – con tutte le virgolette del caso – è l’estrema destra nazionalista,
xenofoba, omofoba, razzista, di Le Pen, Orban e Salvini, abile a inserirsi
nello spazio vuoto lasciato da Macron e Scholz, pronti a schierare truppe
europee in Ucraina e a incitare Zelensky a colpire in profondità nel territorio
russo, nell’assenza di uno straccio di strategia alternativa alla guerra “fino
alla vittoria”. Una destra “filo-putiniana” più che “pacifista”, come
testimonia il sodalizio di antica data con l’autocrate russo, per un verso, e
il convinto supporto al governo genocida di Israele, per l’altro, per non
parlare dell’attiva partecipazione alla “guerra invisibile” contro i migranti
(Pagliassotti), che da anni miete vittime innocenti ai confini della
fortezza-Europa.
Se non vogliamo lasciare la bandiera della pace nelle mani di questa orrida – e
inaffidabile – compagnia, bisogna darsi da fare. E farsi venire qualche idea.
Si stima che nel mondo esistano al momento 13.133 testate atomiche, 50 delle
quali sarebbero sufficienti a distruggere l’intera umanità. Lo ricorda un
appello dell’associazione Costituente Terra (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/06/25/rendere-impossibile-le-guerre-attraverso-un-disarmo-globale-e-totale/). Il testo indica l’obiettivo, solo
apparentemente utopico, di un mondo senza armi, sulla base della tesi, «tanto
elementare quanto fondamentale», che «il solo modo di garantire la pace, a
parole da tutti auspicata, è la messa al bando globale e totale di tutte le
armi tramite un patto che, come stabilisce l’art. 53 del nostro progetto di
Costituzione della Terra, preveda e punisca come crimini la loro produzione, il
loro commercio e la loro detenzione». Come ricorda da anni, instancabilmente,
Luigi Ferrajoli, che dell’Associazione Costituente Terra è Presidente (https://www.costituenteterra.it/), non è armando l’Europa, o l’ONU,
che si costruisce la pace (così come non è consentendo il libero acquisto delle
armi ai cittadini che si assicura la sicurezza interna), ma disarmando gli
Stati e lasciando il monopolio delle sole armi compatibili con operazioni di
polizia a una Organizzazione delle Nazioni Unite radicalmente rifondata e
democratizzata. Nell’immediato, Costituente Terra invita ad aderire alla
Campagna Internazionale per l’Eliminazione delle Armi Nucleari (Ican),
sostenuta tra gli altri, dalla Rete Italiana Pace e Disarmo, per spingere tutti
gli Stati a firmare il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato il
7 luglio 2017 da 122 membri dell’Onu, con l’esclusione – guarda caso – dei
paesi in possesso di armi atomiche e dei loro principali alleati. Figura tra
questi, non sorprendentemente, l’Italia, che ospita nel suo territorio 120 basi
militari statunitensi dotate di un numero imprecisato di ordigni nucleari (https://retepacedisarmo.org/disarmo-nucleare/appello-delle-citta-a-favore-del-trattato-tpnw/).
Si potrebbe ripartire da questa campagna, volta a fare pressione sulle
amministrazioni locali perché si facciano promotrici di un’azione verso il
Governo, per provare a riunire e a rianimare le disperse membra del mondo
pacifista e nonviolento? Si tratterebbe di costruire mobilitazioni su scala
locale, su una questione circoscritta ma dal grande valore simbolico, e non
solo, senza dimenticare il più ambizioso orizzonte di un disarmo onnilaterale
che riguardi anche le armi convenzionali, la cui distruttività è dimostrata
dalla macelleria in corso in Ucraina, a Gaza e in tante altre località che non
sono oggi sotto i riflettori. E si potrebbe ragionare sulla proposta, da più
parti avanzata, di uno sciopero generale contro la guerra e l’economia di
guerra, destinata nei prossimi anni a divorare risorse altrimenti destinabili
alla salute, al lavoro, alla riconversione ecologica (https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/05/31/serve-uno-sciopero-generale-contro-la-guerra-in-ucraina-e-per-fermare-la-follia/7569546/). Scommettendo sul risveglio di
un’opinione pubblica oggi largamente narcotizzata, o rassegnata, come
l’altissimo livello raggiunto dall’astensionismo alle ultime europee ha
certificato. Per non ripetere l’errore di attivarsi solo a ridosso delle elezioni,
pretendendo di calare dall’alto parole d’ordine incapaci di entrare in
risonanza con ciò che si muove nella società.
Valentina Pazé (da “Volerelaluna”
dell’11/7/24)