I Comuni a supporto delle vittime di sfruttamento lavorativo e caporalato
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro e il Comando
Carabinieri per la Tutela del Lavoro, nell’ambito delle azioni finalizzate al
contrasto delle forme di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
(c.d. caporalato), a inizio luglio ha effettuato su tutto il territorio
nazionale un servizio di vigilanza straordinaria nel settore agricolo, passando
al setaccio 310 aziende agricole e riscontrando che ben 206 risultavano
irregolari (66,45%). I lavoratori controllati sono stati 2.051e 616 sono
risultati irregolari (30,03%) e, in particolare, di questi ultimi, 216
completamente in nero (10,53%). 786 posizioni lavorative (38,32%) sono
risultate essere ricoperte da cittadini extracomunitari, dei quali 308 (39,18%)
impiegati irregolarmente: 96 in nero e 22 privi di regolare permesso di
soggiorno.
All’esito dei controlli sono stati adottati
provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, sono state elevate
ammende e sanzioni amministrative, sono state deferite all’Autorità Giudiziaria
ben 171 persone, sono state impartite prescrizioni e sono stati adottati
provvedimenti di sequestro. 10 persone sono state deferite, tra le province di
Latina, L’Aquila, Torino, Cuneo, Rieti e Caltanissetta per il reato di
caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). In
particolare, in provincia di Latina, tristemente arrivata alle cronache
nazionali per la tragica ed inaccettabile morte di Satnam Singh, all’interno di
una serra sono state sequestrate due roulotte ed un locale adibiti a
dormitorio, organizzati con 9 posti letto, i cui materassi erano adagiati sul
pavimento. Lo stesso sito ispezionato presentava in generale gravi carenze
igienico-sanitarie negli ambienti di lavoro, che presentavano muffe ed
incrostazioni sulle pareti ed erano peraltro privi di finestre che potessero
garantire adeguata illuminazione e ventilazione.
Questa sola azione ispettiva mostra in maniera
evidente come il mondo del lavoro (in questo caso agricolo) sia attraversato da
diffuse illegalità, sfruttamento, lavoro povero e in qualche caso da vera e
propria schiavitù e come si continui a fare poco per combattere lo sfruttamento
e il caporalato e per la sicurezza sul lavoro. E anche il recente Decreto
legislativo 12 luglio 2024, n. 103 sui controlli amministrativi sulle attività
economiche svolti dalle pubbliche amministrazioni sembra per molti andare in
direzione opposta rispetto a ciò che realmente servirebbe, che non è certamente
il preavviso di 10 giorni prima dell’accertamento.
Sul caporalato di recente si sono mossi anche
alcuni Comuni. In questi giorni sono scaduti i termini per partecipare alla
prima Rilevazione nazionale sugli interventi dei Comuni a supporto delle
vittime di sfruttamento lavorativo e caporalato, che l’Anci ha rivolto tra
maggio e luglio 2024 a tutti Comuni italiani sopra i 15mila abitanti, quindi
anche di quei territori che non compaiono nelle consuete “mappe geografiche
dello sfruttamento lavorativo”. Condotta anche con il sostegno delle Anci
regionali, la partecipazione all’indagine è stata particolarmente elevata: su
un universo di 737 Comuni, hanno risposto all’indagine ben 603 Comuni, pari
all’82% del totale.
In particolare, hanno partecipato tutte le città
metropolitane, tutti i capoluoghi di regione e il 94% dei capoluoghi di
provincia (103 su 110). L’indagine è svolta nell’ambito del progetto InCaS
“Piano d’Azione a supporto degli enti locali nell’ambito dei processi di
Inclusione dei cittadini stranieri e degli interventi di Contrasto allo
Sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato”, realizzato da Anci in
collaborazione con Cittalia e finanziato dal Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali mediante il Fondo Nazionale Politiche Migratorie e fa seguito
a quella del 2021 centrata sulla condizione abitativa dei lavoratori migranti
del settore agroalimentare.
In attesa dell’estrazione completa dei dati, che
avverrà nelle prossime settimane, si possono anticipare alcune prime evidenze.
Colpisce il dato per cui 1 comune su 5 (il 20% dei Comuni rispondenti) dichiara
di aver attivato direttamente o realizzato con altri enti sul proprio
territorio servizi, progetti e strumenti di governance finalizzati a prevenire
e contrastare lo sfruttamento lavorativo e/o sostenerne le vittime o potenziali
vittime. Si tratta principalmente dell’adozione di protocolli d’intesa, Tavoli
di lavoro, Piani locali e documenti di programmazione locale, fino alla
costituzione di veri e propri Osservatori locali sullo sfruttamento lavorativo.
Ciò che emerge è dunque una sensibilità dei Comuni rispetto a un tema di cui è
riconosciuta la centralità in relazione al benessere complessivo della comunità
amministrata. In molti casi i Comuni risultano attenti e disponibili ad agire
un ruolo consapevole nei partenariati territoriali.
Nell’ambito di INCAS entreranno nel vivo a
settembre una serie di attività tutte dedicate a consolidare l’impegno dei
Comuni, a partire dai workshop organizzati in tutta Italia e dedicati alla
redazione dei Piani locali multisettoriali – strategie e interventi di
contrasto al caporalato, in rete con le istituzioni e le organizzazioni
presenti sui territori – e dal rilascio del podcast “Capolinea sfruttamento
lavorativo”, strumento di autoformazione per i Comuni. L’Anci richiama
l’urgenza di sbloccare la misura del PNRR a supporto del superamento degli
insediamenti abusivi connessi al lavoro agricolo. Sono 200 milioni già
assegnati da più di due anni a 37 Comuni che, già a gennaio 2023, hanno
presentato le loro proposte progettuali. Da allora è tutto fermo e, nonostante
la nomina di un Commissario straordinario, la misura rimane inspiegabilmente
bloccata. Sono risorse importanti, che contribuirebbero alla definizione di un
“modello italiano” di abitare connesso al lavoro agricolo e a superare le tante
situazioni di degrado. I Sindaci si sono messi in gioco, è necessario che
ricevano risposta.