martedì 17 settembre 2024

 

LETTERE AL SINODO

(4-21 ottobre 2015 – Roma)

15 ottobre 2015

Lettera quotidiana al sinodo

 

Cari padri e fratelli sinodali

le famiglie costituiscono un territorio umano nel quale si vivono molteplici esperienze, alle quali ho fatto accenno nelle lettere scorse.

Oggi vorrei ricordare l'esperienza della morte: sia io che voi la pensiamo come prossima.

So quanta cura molti parroci dedichino alla pastorale dei morenti, con quale zelo siano vicini agli ammalati.

Ma in occasione della morte scatta, quasi in automatico, l'operazione liturgica del suffragio.

In parrocchia fino a qualche anno fa era diffuso ovunque il rosario, cinque misteri e la lunga fila delle litanie. Ora noto con piacere che parecchi presbiteri, ancora pochi, hanno cambiato l’incontro comunitario in una preghiera che mette al centro alcune letture bibliche seguite da una breve meditazione. Far centro sul messaggio biblico e mettere progressivamente da parte l'ave Maria e le litanie, ormai desuete e spesso ridicole, è già un bel passo. Fu nel 15esimo e 16esimo secolo che il rosario prese il sopravvento.

Qualche volta per andare avanti bisogna tornare indietro, all’essenziale.

Aggiungo un'annotazione teologica molto importante: quando smetteremo di dire che Gesù è morto in espiazione dei nostri peccati?

Noi siamo salvi non perché Gesù ha espiato per noi, ma perché Dio ci perdona e ci ama gratuitamente ed incondizionatamente, senza alcun bisogno di espiatori. Del resto Gesù è morto in conseguenza delle scelte che, per fedeltà a Dio e ai poveri, ha compiuto.

Dio non chiede a nessuno di espiare, ma di convertirsi, cioè di cambiare il corso delle nostre azioni.

Insisto su questo punto, oggi molto chiarito dagli studi biblici, perché molte persone, prigioniere di questa ideologia dell'espiazione, che esalta la sofferenza, hanno concepito lunghi tratti della loro vita come espiazione di qualche peccato (o presunto tale) del loro passato.

Il Dio in cui crediamo, come ha dato una vita nuova a Gesù, così collocherà anche ciascuno e ciascuna di noi nel suo abbraccio senza fine.

Ma, cari fratelli del sinodo, dobbiamo congedarci dalla teologia e dalle liturgie di suffragio. La salvezza oltre la morte non sta nelle mani della chiesa e nelle liturgie di suffragio: sta tutta e solo nelle mani di Dio.

Quando in occasione della morte, noi ci raduniamo in preghiera, come una saggia tradizione cristiana ci ha insegnato, lo facciamo per annunciare l'amore di Dio che vince la morte e per sostenerci nella fede e nell'amore reciproco e per imparare a confidare in Dio in vita e in morte.

Spero che diate la dovuta attenzione a questa proposta come pastori nelle varie chiese locali, dalle quali deve partire il rinnovamento.

Un caro saluto con affetto e speranza e buona notte.

don Franco Barbero