Come sono uscita dalla Famiglia di Maria
DOC-3336. FREIBURG IM BREISGAU-ADISTA
"La grazia presuppone la natura. Non la distrugge, ma la perfeziona", Parte da una citazione di San Tommaso d'Aquino il libro di Birgit Abele, uscito a giugno in Germania per i tipi di Herder, Wieder ich selbst. Mein Weg aus dem Gefängnis spirituellen Missbrauchs ("Di nuovo me stessa. Il mio percorso fuori dalla prigione dell'abuso spirituale ). Un titolo che sembra un controcanto a un altro libro sull' abuso uscito qualche anno fa in Germania, Nicht meht ich, "Non più io", della teologa Doris Wagner, che racconta l'abisso dell'abuso sessuale da parte di un prete.
Birgit Abele, tedesca, nata in una famiglia cattolica, oggi counselor psicologica che accompagna vittime di abusi spirituali, ripercorre la sua storia: venticinque anni alla ricerca di Dio, trascorsi all'interno di una comunità religiosa nella quale conosce - all'epoca senza riconoscerle come tali - pesanti derive settarie, violenze psicologiche e spirituali e un sistema di governo tirannico basato su un concetto di obbedienza (e di ricerca della santità) distorto. Lo fa senza svelare l'identità della comunità né quella delle persone coinvolte, cambiando tutti i nomi, con eccezionale pacatezza, ma quanto racconta suona ai lettori di Adista estremamente familiare, dal momento che la comunità di cui si parla, facilmente riconoscibile per i molti elementi singolari (come sottolineato dal quotidiano cattolico tedesco Tagespost, 1/8), è la famiglia di Maria, associazione di fedeli dal passato e dal presente molto controverso, attualmente commissariata dal Vaticano insieme al suo braccio sacerdotale (Opera di Gesù Sommo sacerdote), su cui stiamo conducendo una inchiesta ormai da due anni dando voce a ex membri e testimoni.
Dunque, colui che l'autrice nel libro chiama "padre Bonifatius", suo direttore spirituale e superiore, non è in realtà che il cofondatore della comunità, direttore spirituale e superiore p. Gebhard Paul Maria Sigl, attualmente sotto inchiesta del Vaticano; e madre Agnès, anch'essa oggi destituita dalle sue funzioni, diventa nel racconto suor Angelika". L'artificio letterario, però, "spersonalizzando" la comunità, consente (e questo è uno dei grandi valori del libro) di segnare una road map per tutte le persone che, dentro e fuori da analoghe situazioni di comunità caratterizzate da derive settarie e abusi, fanno fatica a vedere, riconoscere e dare un nome a quanto vivono o hanno vissuto.
Riconoscere un abuso
Perché è tanto difficile riconoscere un abuso? Birgit Abele lo spiega in modo estremamente efficace, raccontando situazioni ed episodi piccoli e grandi della sua vita comunitaria, iniziata ai vent'anni all'inizio degli anni '90 e vissuta in un sistema chiuso, di obbedienza cieca a superiori che spacciavano la propria volontà come volontà di Dio, e che in nome di tale volontà richiedevano l'annullamento della personalità dei membri; un'asticella sempre più alta da superare ogni giorno, pena l'emarginazione, l'umiliazione, il disinvestimento affettivo. La formazione impartita da "p. Bonifatius"-Gebhard Sigl mirava a cancellare desideri ed esigenze, anche elementari, con una strategia subdola e meticolosa, e a esigere da se stessi, in modo sempre più perfezionista e ossessivo, una totale corrispondenza alle attese dei superiori, cioè di Dio; questo porta Birgit spiritualizzare ogni dimensione della propria vita, a provare perenni sensi di colpa, a una graduale cancellazione dell'autostima e a trascurare i segnali di sofferenza del proprio corpo (considerati nella comunità segni di debolezza o, peggio ancora, di mai sufficiente adesione e dedizione di se stessi a Dio).
È così che Birgit si ammala, di un malessere paralizzante e debilitante che la schiaccia per anni e che per lungo tempo nella comunità viene liquidato come segno di cattiva volontà, di debolezza nella fede. Colpisce, nel racconto di Birgit, il contrasto stridente tra l'iniziale slancio, l'entusiasmo spirituale con cui decide di compiere una scelta di vita comunitaria (e come lei tanti giovani generosi), pronta anche a sacrifici e privazioni in nome del sogno di consacrare a Dio la propria vita, e lo spegnersi graduale della sua individualità, dei suoi sogni, dei suoi talenti, che lascia campo libero a un'obbedienza "senza volontà", passiva; e poi all'angoscia, alla paura, alla solitudine. La presunta grazia che, contraddicendo san Tommaso, schiaccia la natura, è una grazia distorta, non autentica, perché frutto di una concezione elitaria della comunità, intesa come unico baluardo spirituale di salvezza in un mondo terreno del quale si vede solo il male e che verrà presto cancellato dall'apocalisse, che risparmierà soltanto "il piccolo resto" fedele.
A Birgit ormai non importa più nulla della sua vita perché, nella violazione della propria sfera individuale, psicologica e spirituale inflitta in particolare dal superiore p. Sigl che è anche il suo direttore spirituale (in una sovrapposizione di ruoli che la Chiesa ormai condanna da tempo), la sua vita, la vita di Birgit, ha perso qualsiasi significato. È lui a prendere qualsiasi decisione per lei, dalla più piccola alla più importante; è a lui che va chiesto il permesso per qualsiasi cosa.
Finalmente sono uscita dalla famiglia di Maria
Da Adista · N. 33, 28 settembre 2024