Intervista al parroco di Gaza City. Serve miracolo pace
Cinquecento persone. Rifugiate, accucciate, stese per terra, “in ogni angolo del complesso”, da oltre 13 mesi, più di 400 giorni.
“Dormono, vivono, esistono” dice padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia a Gaza City.
“Continuiamo a cercare di proteggerle: si sentono bombardamenti tutto il tempo e anche gli ordini di evacuazione si avvicinano”.
Nell’intervista al telefono con l’agenzia Dire ci sono gli ultimi aggiornamenti, le denunce, gli appelli e le speranze.
Padre Romanelli, missionario argentino del Verbo divino, era stato colto a Betlemme dalla nuova vampata del conflitto mediorientale il 7 ottobre 2023.
Tornare a Gaza non è stato facile: da quando ci è riuscito, dopo alcune settimane, è sempre rimasto accanto alle “sue” famiglie.
Non solo cattoliche ma anche ortodosse. E quelle musulmane: vivono nei quartieri di Gaza City tutt’intorno alla basilica, “7mila persone che è stato possibile aiutare grazie alla Madonna e al patriarcato latino di Gerusalemme”, dice padre Romanelli.
La sua voce arriva dal “compound” della Sacra famiglia, nel cuore della città, con la chiesa e il cortile. Sono gli spazi dove hanno trovato rifugio centinaia di persone.
“Ci sono più di 50 bambini piccoli, poi persone con disabilità assistite dalle suore di Madre Teresa e ancora adolescenti, anziani e malati che non si possono muovere e hanno bisogno di tutto” riferisce padre Romanelli.
“Nessuno ha voluto o ha potuto andare via lontano dai bombardamenti perché il confine con l’Egitto resta chiuso”.
I raid di Israele, giustificati con la lotta all’organizzazione palestinese Hamas, vanno avanti. “E poi ci sono gli ordini di evacuazione” riferisce il parroco. “L’ultimo ha riguardato un quartiere della parte nord-occidentale di Gaza City che si trova ad appena quattro chilometri da qui”.
Dai rifugiati della Sacra famiglia giungono due appelli. “A tutti chiediamo di pregare e invocare il miracolo della pace per la Palestina e per Israele” sottolinea padre Romanelli.
“E agli uomini di buona volontà chiediamo un cessate il fuoco, che è urgente, anzi urgentissimo: serve la fine della guerra e il rilascio di tutte le persone private della loro libertà, ostaggi e prigionieri; e le migliaia di persone ferite, tra le quali tanti bambini, devono poter essere curate”.
Cure spesso impossibili oggi a Gaza, dove sono stati bombardati anche gli ospedali. “La gente è sfinita e ogni giorno di guerra in più aggrava le ferite in questo lembo di Terrasanta” dice padre Romanelli.
“Servono aiuti umanitari, soprattutto qui e nelle zone di Gaza ancora più a nord, a Jabalia, Beit Lahiya e Biet Hanoun”. Sono le aree al confine con Israele dove nell’ultimo mese le forze armate di Tel Aviv hanno intensificato ulteriormente l’offensiva.
Solo ieri un bombardamento ha provocato almeno 36 morti distruggendo una casa in un campo profughi a Jabalia. Tra le vittime, appartenenti alla stessa famiglia, ci sono state donne e bambini.
Secondo Hani Mahmoud, corrispondente dell’emittente Al Jazeera, il raid è avvenuto alle sei del mattino: molte vittime sono morte nel sonno, ha riferito il giornalista, perché prima del raid non c’è stato nessun avvertimento.
Sarebbero danni collaterali del cosiddetto “piano dei generali”. Ideato dall’ex ufficiale in pensione Giora Eiland, punterebbe a dare un ultimatum ai palestinesi del nord della Striscia per costringerli ad andarsene e poi dichiarare il territorio zona militare chiusa.
Chi resta sarebbe considerato un combattente e quindi un bersaglio legittimo, mentre la fornitura di acqua, cibo, carburante e medicine sarebbe completamente interrotta.
La prospettiva, stando al piano, del quale ha riferito tra gli altri il quotidiano Haaretz, è una divisione su base permanente di Gaza: con Israele in grado di assumere il controllo della zona settentrionale e di avviare una nell’area una nuova colonizzazione.
Agenzia DIRE - Pressenza, 11 novembre 2024