martedì 26 novembre 2024

L'eclisse del Gesù storico ebreo


Per secoli il Gesù che nasce Dio e cristiano del Concilio di Nicea viene dimenticato come il Gesù ebreo.

Ho letto con molto interesse l'articolo di Massimo Ulturale su Qol 215 circa la riflessione e gli studi di Agnes Heller dalla quale ho attinto quanto riporto.

La riflessione ha fatto emergere che la mia esperienza fu per decenni solo considerando il Gesù cristiano o addirittura il Gesù Dio. Il catechismo dell'infanzia e le prime letture dei Vangeli fino a vent'anni quasi furono le letture del Gesù cristiano e dogmatico e l'ebreo per me cominciò a ricomparire negli studi e nella predicazione quando incontrai Kung, Schillebeeckx, Barbaglio e iniziò per me in Olanda, in Belgio, in Francia una cristologia completamente diversa, anche se noto che nelle chiese "Gesù l'ebreo" nella pastorale e nelle predicazioni in realtà è ancora storicamente piuttosto assente o poco presente. Per questo offro alla lettura queste righe di Agnes Heller.

"Punto di partenza della sua riflessione è, per l'appunto, l'importanza rivoluzionaria che ha significato la riscoperta dell’ ebraicità di Gesù dopo 2000 anni di dimenticanza comune a ebrei e cristiani. L'unico Gesù comprensibile è avvicinabile non è più quello della cristologia:« il Gesù cristiano è risorto il terzo giorno ci vollero duemila anni per far risorgere anche il Gesù ebreo».

Benché da una prospettiva inerente la storia del pensiero, Heller ha dunque contribuito ad anticipare negli studi quel resurrezione laica della figura di Gesù oltre i confini della teologia cristiana, resa possibile nella seconda metà del Novecento anche per una serie di circostanze concomitanti: il confronto necessario e urgente dopo la Shoah, la nascita dello Stato d'Israele, l'ecumenismo -quale superamento dell’ unilateralità confessionale che apre al mutuo riconoscimento- e in particolare l'emergere di un concetto plurale di verità.

Heller prende le mosse dalla considerazione che le variegate conclusioni da parte ebraica sul Gesù storico, soprattutto a margine della scoperta dei rotoli del Mar Morto, possono essere in gran parte considerate solo teorie sperimentali dal carattere sensazionale e con poca attinenza con la figura di Gesù…

Anche la lettura storico critica dei sinottici (che escluda dunque il Cristo giovanneo e paolino) non soddisferebbe i criteri di una riscoperta completa dell’ ebraicità di Gesù così come non potrebbe farlo -benché importante per altri intenti- l'uso di operare collaborazioni e paralleli con la letteratura rabbinica talmudica e midrashica (qui per altro Heller rinuncia a sottolineare i rischi incombenti, e di fatto percorsi, dell'anacronismo).

Ciò che ha realmente segnato il cambio di rotta di 180 gradi -ribadisce la studiosa- è stata l'interpretazione radicalmente nuova dell'immagine del Gesù ebreo ma a partire da testi sempre conosciuti: un punto di incontro, dunque tra il piano della storia (il Gesù ebreo degli ebrei che emerge dalla storicità dei sinottici) e il piano teologico della salvezza ( il Gesù ebreo dei cristiani che è il Gesù trasmesso dai racconti e dalle attestazioni neotestamentari di fede).

Hellel ricorda che fu un duplice fenomeno storico -il giudaismo rabbinico successivo al 70 d.C. e il cristianesimo quale religione dell'impero- a segnare l'inizio della censura del Gesù ebreo-)...
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NOTA

Ci resta ancora molto lavoro da fare su questo terreno storico e teologico. Franco Barbero, 12 novembre 2024