domenica 24 novembre 2024

Se la casa è vuota


Nel linguaggio biblico, conforme all'immaginario religioso del tempo, sovente la vita del cristiano viene descritta come uno scontro tra Dio e il diavolo.

Nel Vangelo di Luca e di Matteo troviamo la parabola del ritorno dello spirito immondo. I due testi corrono paralleli, con poche differenze, tranne l'applicazione finale di Matteo al popolo incredulo. Ecco il testo matteano: «Quando uno spirito maligno è uscito da un uomo, se ne va per luoghi deserti in cerca di riposo, ma non lo trova. Allora dice: "Tornerò nella mia casa, quella che ho lasciato". Egli ci va e la trova vuota, pulita e bene ordinata. Allora va a chiamare altri sette spiriti, più maligni di lui; poi, tutti insieme, entrano e restano in quella casa. Così, alla fine, quell'uomo si trova in condizioni peggiori di prima. E così sarà anche per voi, gente malvagia» (Matteo 12, 43-45).

Il sapore della parabola
La parabola, nelle parole e nel contenuto, rivela un carattere tipicamente palestinese. Lo studioso J. Jeremias lo ha egregiamente documentato. Lo «spirito immnondo» sta per il diavolo; il deserto - sempre nel linguaggio altamente immaginifico di allora – era la sede naturale dei demoni, mentre la «casa» designava l'uomo da cui lo spirito immondo veniva cacciato e al quale voleva fare ritorno. Sette è il numero della totalità per cui i sette spiriti immondi rappresentano tutto l'immaginabile in fatto di seduzione e malvagità demoniaca (J. Jeremias, Le parabole di Gesù, Paideia 1967, pag. 234).

Il messaggio della parabola
Il messaggio della parabola-apologo non doveva risultare molto difficile: non crediatevi sicuri, tranquilli, nell'inamovibile possesso della liberazione dal male. La vostra liberazione dal «regno di Satana», dalla schiavitù dell'uomo vecchio, è stata reale, ma rimane pur sempre precaria e reversibile. Se voi non andate fino in fondo ed abbassate il livello di guardia, se voi vi addormentate o mollate, si profila subito una situazione in cui ricadete in una schiavitù più pesante di quella precedente.
Forse per la comunità cristiana di quegli anni l'ammonimento era pienamente calzante. Esso fa eco al detto lucano:
«Nessuno che abbia messo mano all’aratro e poi guardi indietro è adatto al regno di Dio» ( Luca 9,62).

Con il trascorrere degli anni risultava sempre più importante proseguire il cammino di fede con impegno e con perseveranza e gli evangeli lo ribadiscono con frequenza.
Satana (che qui, come ormai sappiamo, significa e comprende tutte le possibili forme e forze del male) vince ogni qual volta noi perdiamo la vigilanza o manchiamo di perseveranza.

Un «se» importante
Lo studioso J. Jeremias osserva ancora che, nella parlata semitizzante, il versetto 44 va letto cosi: «Allora lo spirito immondo dice: "Tornerò nella mia casa...". Egli ci va e, se la trova vuota, rientra» in possesso della casa da cui era stato cacciato.
L'aggiunta di questo «se», di questa congiunzione condizionale, rende più pungente e preciso il significato della parabola: non è inevitabile la ricaduta. Anzi, essa può benissimo essere evitata, a patto che la casa non resti vuota!
Ecco il punto: se la casa è vuota e quindi incustodita, essa diventa facile preda di nuovi padroni e inquilini.
Siamo messi in guardia. O siamo «la casa dove Dio abita» (Efesini 2, 22) oppure siamo il vuoto esposto alle incursioni del male. E, per il cristiano ritornare agli idoli, dopo che ha gustato la libertà che Dio gli ha donato in Cristo Gesù, significa piombare in una situazione peggiore di quella in cui si era trovato prima.
Il più grande imputato è il vuoto o - più spesso-il pieno di cose vuote. È essenziale, nella sequela di Gesù, fare il pieno di fede, di amore e di speranza. Gli spazi vuoti diventano facile preda del male, del nulla, degli idoli. Un cuore «governato» a Dio, una vita governata e «presa» dagli interessi del regno può far fronte alle seduzioni che ci giungono da tutte le parti.

Il rischio può anche profilarsi nel caso in cui noi abbiamo riempito la nostra vita e il trantran quotidiano di mille cianfrusaglie.
È un pieno apparente. Siamo pieni di vuoto.... e lo spirito immondo, in tal caso, si è già insediato!
Insomma, la responsabilità della casa è nostra.

Franco Barbero - Tempi di Fraternità, gennaio 1988