Cristiani in fuga
Sotto questa profilo, è significativo quanto ha detto il 29 ottobre all’Osservatore romano il ministro del Turismo e dei Beni culturali dello Stato palestinese, Hani al-Hayek. «Sia gli arrivi dall'estero che il turismo domestico», ha affermato,«hanno registrato un crollo totale. Le nostre stime ci dicono che stiamo perdendo incassi per oltre 25 milioni di dollari al giorno; con Betlemme sola che ne perde 14. Almeno 12mila operatori turistici sono stati icenziati, a Betlemme hanno perso il lavoro almeno 6mila impiegati del turismo ricettivo. Ma a questi vanno aggiunte altre migliaia di lavoratori che potremmo definire dell'indotto, commercianti, tassisti e artigiani che confezionano oggetti religiosi col legno d'ulivo». In un senso generale, ha proseguito l'esponente palestinese, «io credo che il pericolo maggiore sia nel fatto che questa rabbia e frustrazione potrebbe indurre un sempre maggior numero di famiglie a lasciare la Palestina, in cerca di un futuro migliore per sé stessi e i propri figli. E aggiungo che, dato che una porzione molto grande dei lavoratori impegnati nel settore del turismao e dei pellegrinaggi sono di origine cristiana, questo esodo implicherebbe un'ulteriore riduzione della popolazione cristiana nella regione.
Domani, 29 novembre