giovedì 12 dicembre 2024

 

NEL SEGNO DI RUT - 13

 

EUCARESTIE

Pinerolo, 4 febbraio 1999

 

Urtando con la caffettiera l'interno del lavello

sente ancora il brusio degli angeli, guarda lassù

verso quel cielo piovoso che copre il giardino ordinato.

Solo una settimana è passata dalle voci: Non avere pazienza.

La volta dopo era: Sii insaziabile.

Poi: Salva te stessa; non puoi salvare gli altri.

Delle volte abbandona il suo braccio sotto l'acqua bollente,

o lascia che un fiammifero si estingua sull’unghia,

o protende la mano sul becco del bollitore

proprio nella scia del vapore. Probabilmente sono angeli,

dato che niente la ferisce, eccetto

la sabbia del mattino che le soffia negli occhi.

(da “Silenzi, segreti, bugie”, di A. Rich)

 

T - Venite, sorelle, venite!

Rendiamo lode a Dio, Colei che ci ha dato la vita, che è fonte del nostro nutrimento. Lei ci è vicina, conosce le nostre aspirazioni, le nostre speranze, le nostre paure, perché ci ama e ama tutte le creature della terra.

 

Canto

G - A cori alterni leggiamo ora questa preghiera

1 - Dolce Dea, spesso nel mio cammino scorgo nuove possibilità, nuovi sogni da inseguire che potrebbero farmi felice...

2 - ...Ma subito dopo il ricordo delle parole delle mie ave è pressante: “Avere dei figli, una famiglia, è solo questo ciò che conta!”.

1 - Ogni mattina mi guardo allo specchio e mi sorrido, ma sì, sono proprio bella così come sono, senza trucco e con qualche chilo di troppo...

2 - ...Ma poi esco di casa, ed ecco, il mondo dell'immagine mi assale; una tristezza infinita mi prende guardando le sconfinate file di ragazze tutte uguali, tutte magre, tutte “perfette”.

1 - Il pensiero corre al mondo degli uomini, al loro universo spesso così lontano dal nostro, a quello che potremmo costruire insieme, se solo si cercassero nuove vie per incontrarsi…

2 - ...Ma dal profondo di me stessa sale anche un urlo di rabbia, di dolore, che è quello delle donne che dagli uomini non hanno ricevuto che violenza...Sento che per loro non ci sarà mai comprensione né perdono!

T - Ti preghiamo affinchè ci sia un cammino per tutte, un'alternativa per tutte, e che le nostre diversità siano degli stimoli, non degli spunti per combattere.

 

Letture: Siracide 25,18 - 26,3; Proverbi 31,10-31; Luca 24,1-8

 

Predicazione e interventi liberi

Essere una buona compagna..., una donna "in gamba"…, una madre affettuosa e propositiva… Il tema che ho proposto per questa Eucarestia nasce da un interrogativo semplice che vorrei discutere con voi:

Quando una donna sposa un uomo che si cura dei figli, che partecipa alla gestione della famiglia e della casa che è sensibile ai problemi delle donne" si sente dire dalle amiche: “Beata te, che hai sposato un uomo così sensibile e affettuoso, certo lo vorrei anch'io un compagno così e invece mi ritrovo con uno che non c'è mai, che non sa neanche cosa significhi stare sveglio di notte, che non conosce neanche la maestra di mia figlia, che fa il muso ogni volta che esco,..”.

Si sente dire dalla propria madre: “Non lamentarti di tuo marito, ti lascia fare tutto quello che vuoi, non ti chiede neanche il resoconto di quello che spendi, sei libera di uscire quando vuoi, non ti ha mai maltrattata e poi si occupa dei bambini con tanto affetto…”.

In questi 26 anni di vita di relazione con Giorgio queste frasi me le sono spesso sentite dire…

Però, l'altro giorno, riflettendoci su, mi dicevo: “La mia vita con Giorgio con alti e bassi è buona, ma chissà perchè tutto “il merito” di questa situazione “deve” essere suo?”.

L'eccezionalità di un uomo viene apprezzata e riconosciuta in famiglia e all'esterno, invece tutto ciò che di positivo fa una donna risulta “nella norma”, anzi si sente dire che fa soltanto il suo dovere. Tutto ciò che la donna fa per il buon andamento della famiglia, per l'educazione dei figli e perché il nucleo famigliare non si isoli e si mantenga in relazione con gli altri... non viene minimamente apprezzato e molte volte neanche il marito che pur è tanto “sensibile” lo riconosce in modo esplicito a se stesso, a lei, ai figli/e, alle persone esterne.

Un marito dà per scontato che troverà una donna di questo tipo e pertanto per lui questo costituisce un fatto per nulla rilevante...

Ma proviamo solo ad immaginare come sarebbe questa nostra società se noi donne ci comportassimo come normalmente si comportano gli uomini che non hanno messo minimamente in discussione la cultura maschile...

- I bambini e le bambine sarebbero lasciati a se stessi, non si occuperebbe di loro nessuno... chi sopravviverebbe?

- la famiglia non esisterebbe più con la sua unione fatta di momenti collettivi come per esempio il pasto, ognuno si arrangerebbe andando al bar, al ristorante o mangiando qualcosa di “pronto” in casa, perché cucinare è “roba da donne”...

- La gestione della pulizia della casa sarebbe affidata a qualcuno che per lavoro farebbe questo, ma chi non può pagare come farebbe?

- I genitori anziani non verrebbero più accuditi da nessuno.

- Esisterebbe ancora la condivisione?

Esisteremmo ancora noi?!!!!!

Maria Grazia Bondesan

Voglio rispondere agli interrogativi accorati di M. Grazia con una citazione da un intervento di Alessandra Bocchetti sulla “Civiltà della cura”:

"Proprio la cura dei corpi, che ha occupato tanto tempo della loro storia, ha dato alle donne un'umanità e un'autorità speciali per giudicare la vita, che però gli uomini non vogliono ascoltare. Delle volte penso che i mali della politica stiano tutti nel fatto che siamo governati da chi è libero dai lavori di cura. Curare la propria casa, i corpi dei bambini, i corpi dei vecchi, insegna molte cose. La nostra cultura ci dice che questo è un compito naturale delle donne. Invece non è un compito naturale, è un’opera, la grande opera delle donne”.

La grande opera che non solo non è riconosciuta dalla società, ma che anche noi donne stentiamo a riconoscere come tale, condizionate da secoli di fatica e di cultura patriarcale che ha fatto apparire il lavoro di cura come nostro naturale dovere e che spesso fa ancora considerare eccezionale l'uomo che di tale cura giustamente si fa carico.

Il lavoro di cura è alla base dell’equilibrio di una società: le femministe della “Libreria delle donne” di Milano hanno definito il lavoro di cura “la politica prima”, un impegno senza il quale non può esistere la “politica seconda”, quella delle istituzioni.

Saper coniugare la necessità con il valore di quello che si fa autorizza ad intervenire nei luoghi della politica. Dalla consapevolezza del valore delle proprie azioni arriva il cambiamento dei rapporti. Io credo che i nostri uomini nel corso degli anni abbiano fatto un percorso verso la condivisione dei compiti di cura e che nella stessa comunità non venga più considerata l’eccezionalità di questo. D’altronde è necessario che la civiltà della cura si diffonda sempre di più anche fra gli uomini, se non vogliamo distruggere completamente questa nostra Terra già così deturpata e sfruttata, se vogliamo lasciare alle nostre figlie e ai nostri figli un mondo ancora vivibile.

Guardando alla Bibbia, ci sono dei brani come in Siracide e Proverbi dove trova espressione la mentalità patriarcale del tempo che considera il lavoro di cura come dovere, compito naturale delle donne; ma in altri brani delle scritture ebraiche è Dio che si prende cura con attività che si possono riferire ad entrambi i genitori ed a volte con azioni che si riferiscono in particolare alla cura di una madre (per questi riferimenti vi rimando alla ricerca che Carla Galetto ha fatto per l’incontro di Tirrenia).

Gesù nella sua vita ha dato molto spazio alle relazioni, ai gesti di cura: porgendo cibo, abbracciando, toccando, guarendo; inoltre, ha dato un grande valore al lavoro di cura delle donne: per spiegare l'azione del Regno dei cieli ha preso a prestito delle attività di vita domestica come l’azione del lievito impastato con la farina da una donna; ha paragonato la misericordia di Dio a una donna che spazza con cura la casa per cercare la monetina perduta.

Gesù ha apprezzato e goduto dell’unzione della donna sconosciuta di Betania; si è preoccupato di dar da mangiare alla folla che lo ha seguito e di far portare da mangiare alla figlia di Giairo che aveva appena riportato in vita.

E infine, la prima apparizione dopo la risurrezione l'ha riservata alle discepole che si erano recate al sepolcro per l’ultimo gesto di cura e di amore: l'unzione del suo corpo; un gesto che solo delle donne che avevano dimestichezza con la vita e con la morte potevano fare. Ebbene, proprio a queste donne ha affidato il messaggio dirompente della resurrezione.

lnfine voglio ricordare una donna di cui solo Luca parla: Giovanna, la moglie di Cusa, il ministro di Erode. Questa donna facoltosa ha lasciato i luoghi della “politica seconda”, quella del marito, l'ambiente e i fasti di corte, e ha trovato un altro modo di far politica: ha seguito Gesù per terre e villaggi e ha usato la sua ricchezza come sostegno al piccolo gruppo itinerante. “Per la prima volta non più la donna di un uomo, ma una donna. Giovanna un vero essere umano”.

Luisa Bruno

 (continua)