sabato 14 dicembre 2024

 

Comunità  cristiana  di  base  di  via  Città  di  Gap,  Pinerolo

NOTIZIARIO DELLA CASA DELL’ASCOLTO E DELLA PREGHIERA

N°118 dicembre ‘24

Al link che segue puoi sfogliare il notiziario

https://www.sfogliami.it/fl/305915/q83egsc4qe6g6vyeugsdf8f5uuf2qmg

 

 

In evidenza:

     INCONTRI COMUNITA’ IN SEDE E SU MEET

- 1/12 h10: eucarestia on line

- 3, 10, 17 e 24/12 h18: gr. biblici on line

- 6, 13, 20 e 27/12 h17: gr. biblici in sede

- 15/12 h10: eucarestia con Cdb Piossasco

- 22/12 h10: eucarestia con Cdb Viottoli

- 29/12: momento di preghiera on line

     SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE

- Un tempo per pregare

- La gestazione per altri. Tra destra e sinistra

- Nicea, il concilio della svolta…

- I crimini di Netanyahu…

- Dio ci spinga nel mondo

APPUNTAMENTI COMUNITA’ IN SEDE (v.Città di Gap) E SU MEET

NB: invitiamo tutte/i a partecipare agli incontri comunitari di dicembre:

- Gruppi biblici: tutti i martedì dalle ore 18 solo on line (collegamento dalle ore 17:45 al link https://meet.google.com/ehv-oyaj-iue) e i venerdì dalle ore 17 solo in presenza, presso la sede di via Città di Gap n.13, a Pinerolo.

- Eucarestie: solo on line la prima e la terza domenica del mese alle ore 10 (collegamento dalle ore 9:45 al link https://meet.google.com/ehv-oyaj-iue). In realtà, il 15 l’eucarestia si terrà anche in presenza (oltre che on line) in via Città di Gap, per celebrare il natale con la cdb di Piossasco.

PS: straordinariamente in questo mese, si terrà anche un’eucarestia in presenza il 22 dicembre in Vicolo carceri, 1, per celebrare il natale con la cdb Viottoli e un incontro di preghiera on line il 29.

     DOMENICA 1 DICEMBRE h 10 – Eucarestia on line (prepara Sergio Sp.)

     MARTEDI’ 3 e 10 DICEMBRE h18 e VENERDI’ 6 e 13 h17 – Gr. biblici: su Matteo 12.

     DOMENICA 15 DICEMBRE h 10 – Eucarestia di natale con cdb Piossasco (prepara un gruppo ad hoc): la celebrazione si svolgerà in presenza in via Città di Gap, ma anche on line.

     MARTEDI’ 17 DICEMBRE h18 e VENERDI’ 20 DICEMBRE h17 – Gr. biblico: Matteo 13.

     DOMENICA 22 DICEMBRE h 10 – Eucarestia di natale con cdb Viottoli (prepara gr. ad hoc): la celebrazione si svolgerà in presenza presso la sede FAT di vicolo Carceri, 1 a Pinerolo.

     MARTEDI’ 24 DICEMBRE h18 e VENERDI’ 27 DICEMBRE h17 – Gr. biblico: Matteo 14.

     DOMENICA 29 DICEMBRE (ora da definire) – Incontro on line di preghiera e silenzio

SPUNTI PER MEDITARE E RIFLETTERE

Un tempo per pregare

Fratello, sorella,

ci sia nei nostri giorni un tempo per pregare.

Forse c'è bisogno sia di spontaneità che di disciplina, anche nella preghiera.

Una comunità che non educhi a pregare è come il contadino che vuole raccogliere frutti

ma si è dimenticato di irrigare il campo.

Anche su questa strada ci precede Gesù, uomo di azione e uomo di preghiera.

Franco Barbero, 1982

La gestazione per altri. Tra destra e sinistra

   Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge Varchi, il 18 novembre, il ricorso alla maternità surrogata o gestazione per altri (di qui in avanti, per comodità, GPA) è diventato, nel nostro paese, “reato universale”.

   Che cosa cambia, posto che la legge n. 40/2004 già vietava, e puniva, chiunque «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità»? I penalisti sono incerti sugli effetti pratici della nuova norma e, per lo più, sostengono che sarà inapplicabile.

   Ma un effetto la nuova legge, e il dibattito che ne ha accompagnato la nascita, lo sta già producendo: quello di far percepire la GPA come “qualcosa di sinistra”, da rivendicare in nome della libertà delle donne e dei diritti delle coppie omogenitoriali, minacciati da una destra retriva e oscurantista. È davvero così?

   Che quello dei servizi riproduttivi sia una delle nuove frontiere dello sfruttamento capitalistico, interessato a investire sulla capacità procreativa delle donne più fragili dal punto di vista economico e culturale, lo sa chiunque affronti il tema con un minimo di conoscenza e consapevolezza. Si sostiene, però, che “un’altra GPA” sarebbe possibile: libera, gratuita, solidale. Basata sull’empatia che donne eccezionalmente generose provano nei confronti delle sofferenze di chi, per varie ragioni, non può avere figli.

   A livello internazionale, negli ultimi anni sono cresciuti i paesi che riconoscono la forma “solidale” o “altruistica” della GPA (quella che propone, in Italia, l’associazione Coscioni). Alcuni Stati, come l’India e la Cambogia, sono recentemente approdati a questa forma, dopo avere abbandonato quella apertamente commerciale, mentre a Cuba il nuovo codice di famiglia, del 2022, consente accordi di GPA solo a persone legate da rapporti di parentela o amicizia.

   A scanso di equivoci, bisogna chiarire che questa versione di GPA non comporta, comunque, l’assenza di un compenso per la gestante, a titolo di “rimborso spese”, ma anche di copertura dei mancati guadagni derivanti dall’astensione dal lavoro, previsti anche nel caso di donne disoccupate. E che le possibilità di eludere le norme miranti a evitare lo sfruttamento, in un campo come questo, sono infinite: come impedire che un ricco turista occidentale diventi “amico” di una donna cubana per ottenere l’accesso alle sue prestazioni riproduttive? Come verificare che non ci siano elargizioni e regali sottobanco, non rendicontabili come rimborsi-spese?

   Non stupirà scoprire che in prima fila nell’enfatizzare la dimensione altruistica della surrogazione di maternità siano le agenzie specializzate nel fare incontrare (non certo a titolo gratuito) la domanda e l’offerta.

   La classica narrativa neoliberale, basata sull’ideale dell’individuo imprenditore di sé stesso, che investe economicamente sul proprio corpo, in questo caso funziona fino a un certo punto. Meglio allora puntare sulla (presunta) innata propensione delle donne alla generosità, all’altruismo, al dono di sé.

   Niente di veramente nuovo, intendiamoci: Alain Caillé, il fondatore del Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali (Mauss), fin dagli anni Novanta metteva in guardia dall’abilità del capitalismo nel «mobilitare il non-utilitario, tutte le capacità di entusiasmo, dedizione, di senso del lavoro ben fatto, di generosità, di gusto del rischio al servizio dell’utilitario» (Critica della ragione utilitaria, Bollati Boringhieri 1991, p. 48). In questo caso, al servizio di un mercato fiorente e potenzialmente in espansione, fatto di agenzie, cliniche, consulenti legali, psicologi, assicurazioni, che fornisce il retroterra indispensabile alla stessa GPA “solidale”.

   Che cosa rispondere, tuttavia, a chi oggi, a sinistra, e in una parte del femminismo, osserva che non sempre la previsione di un compenso (a titolo di retribuzione o di rimborso spese) comporta l’assenza di un movente altruistico (come nel caso dei lavori di cura)?

   E immagina una legislazione sulla GPA rispettosa della libertà delle donne, che riconosca fino all’ultimo il diritto della gestante a recedere dal contratto? È quanto auspicava, ad esempio, Michela Murgia in Dare la vita (Rizzoli, 2024): si leggano i capitoli significativamente intitolati: Pagate non vuol dire vendute e Libere di scegliere fino all’ultimo.

   Il problema, tuttavia, è capire se – e come – sia effettivamente possibile garantire la libertà delle donne contestualmente alle legittime aspettative delle coppie che con loro si accordano. Per toccare il tema più scabroso: che cosa succede se la donna decide di abortire? Se ci fa, giustamente, inorridire la presenza delle associazioni Pro-life all’interno dei consultori, dovrebbe farci inorridire anche l’idea che qualcuno di diverso dalla donna incinta – i committenti, i professionisti dell’agenzia – possa interferire sulla sua scelta di proseguire o non proseguire la gravidanza.

   Anche quando la coppia committente, cui molte leggi (e il disegno di legge Coscioni) attribuiscono lo status genitoriale «a partire dal trasferimento in utero dell’embrione», ha fornito, in tutto o in parte, i gameti necessari alla fecondazione in vitro. O dovremmo sconfessare una storica conquista del femminismo e riconoscere al padre genetico il diritto di dire la sua sull’interruzione della gravidanza della compagna?

   Più in generale, come garantire che una donna rimanga libera “fino all’ultimo” (dopo il parto) di scegliere se diventare, o non diventare, madre? Le leggi attualmente esistenti in caso di controversie tra le parti affidano la decisione a un giudice, non alla donna.

   Così stabilisce anche il progetto di legge Coscioni. E ciò per ragioni comprensibili. È possibile ipotizzare di riconoscere alla madre surrogata un diritto incondizionato di recesso, senza prevedere nessuna penale, né la restituzione di quanto ottenuto a titolo di rimborso spese? Evidentemente no: significherebbe penalizzare in modo eccessivo gli aspiranti genitori, che hanno investito somme ingenti, e incoraggiare comportamenti truffaldini.

   D’altra parte, come può essere considerata libera di cambiare idea una donna che potrebbe non essere in grado di restituire quanto ricevuto? Il problema, in termini civilistici, non è solo complicato da risolvere. È insolubile. E ci fa toccare con mano come una gravidanza, per il coinvolgimento fisico ed emotivo che comporta, non sia paragonabile a nessuna altra “prestazione” o servizio, regolamentabile per via contrattuale.

   Cerco di chiarirmi meglio. Qui il problema non sono i “contratti capestro”, come qualcuno sostiene (https://volerelaluna.it/societa/2024/11/07/sulla-gestazione-per-altri-una-questione-chiara-e-un-paradosso/link). la forma-contratto, in sé, ad essere incompatibile con il riconoscimento alla gestante del diritto a rimanere sovrana sul proprio corpo e a decidere autonomamente sulla relazione, specialissima, che la lega al nascituro.

   Trattandosi di un diritto fondamentale – inviolabile, inalienabile, indisponibile – tale diritto non può essere subordinato alla pretesa dei committenti di ottenere quanto pattuito (che, tecnicamente, si configura come un diritto patrimoniale).

   A meno di voler scardinare e stravolgere la gerarchia delle fonti stabilita dal costituzionalismo del Novecento e, nello specifico, dalla nostra Costituzione. In ultima analisi, la libertà delle donne può essere garantita “fino all’ultimo” solo dando loro la possibilità di decidere se riconoscere, o non riconoscere, il bambino che hanno partorito come loro figlio, come oggi possono fare avvalendosi dell’istituto del parto anonimo. Senza nessuna legge e nessun contratto a vincolarle.

   Tornando all’alternativa destra-sinistra, ha suscitato scalpore, e non poca ironia, il caldo abbraccio tra Giorgia Meloni ed Elon Musk, padre di diversi bambini ottenuti con la GPA. Nessuno ha riflettuto, tuttavia, sul fatto che la crociata della destra trumpiana contro la libertà delle donne ha per obiettivo l’aborto, non certo la GPA, che negli Stati Uniti è largamente accettata, in entrambe le forme, commerciale e “altruistica” (di fatto – come ho tentato di spiegare – difficilmente distinguibili).

   La surrogazione di maternità, del resto, è pienamente compatibile con la difesa della famiglia tradizionale, come dimostra il fatto che la stragrande maggioranza di coloro che vi ricorrono sono coppie eterosessuali, per le quali il “sangue” (i geni) rappresenta evidentemente un valore aggiunto rispetto a possibili forme, davvero solidali, di genitorialità (adottiva, affidataria, sociale).

   Se gli Stati Uniti sono, non da oggi, all’avanguardia quanto a sfruttamento della capacità riproduttiva delle donne, l’Europa è rimasta, per il momento, ai margini di questi nuovi mercati. Checché ne dica chi cerca di far passare l’idea dell’eccezionalità del divieto esistente in Italia, dei 27 paesi dell’Unione europea solo cinque hanno, finora, legalizzato la GPA: Cipro, la Grecia, la Macedonia del Nord, l’Irlanda e il Portogallo. Nel resto dell’UE – Spagna, Francia, Germania, Belgio, paesi scandinavi… – leggi, anche recenti, prevedono espressamente che ricorrere alla GPA sia un reato (per quanto non “universale”). Mentre, allargando lo sguardo all’Europa in senso geografico, la GPA è perfettamente legale in paesi non certo all’avanguardia nella difesa dei diritti delle minoranze, come la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, oltre che nel Regno Unito.

   La legalizzazione della GPA, per lo meno nella forma commerciale, è d’altronde espressamente vietata dall’art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che vieta di fare del corpo umano e di sue parti una fonte di lucro. Un retaggio del vecchio “modello sociale europeo”, che tentava di stabilire qualche argine al capitalismo rampante? Non è detto, naturalmente, che la resistenza alla GPA in quest’area del mondo regga di fronte all’assalto delle potenti lobbies che tentano di promuoverla. Ma sarebbe paradossale se la sinistra lasciasse la bandiera della lotta contro la mercificazione a chi la agita strumentalmente, non avendo nessun titolo, e nessuna credibilità, per sventolarla…

Valentina Pazé

(da “Volerelaluna”, 26 novembre 2024, l’articolo è visualizzabile al link:

https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/11/26/la-gestazione-per-altri-tra-destra-e-sinistra/)

Nicea, il Concilio della svolta: Gesù diventa Dio

Nell'anno 325, dopo aver perseguitato, imprigionato e massacrato coloro che, come il vescovo Ario, negavano che Gesù fosse Dio ed erano fedeli al messaggio originario del Nazareno, il potere del vescovo romano e dell'imperatore crearono una svolta che determinò in larga misura le radici e la costruzione di gran parte della struttura dogmatica.

Quasi cinquant'anni fa ebbi la fortuna, in Giappone, in Olanda, in Belgio e in Francia e a Hong Kong, di trovare persone che accoglievano la fede iniziale che non aveva ancora divinizzato Gesù, come fu in Italia presso molti gruppi e comunità cristiane di base e non solo.

Ormai sono già in movimento il grande Giubileo del 2025 e la solenne celebrazione dei 1700 anni dal concilio di Nicea che divinizzò teologicamente Dio, la posizione che unirà progressivamente tutte le chiese cristiane.

Per me Gesù di Nazareth resterà sempre quello straordinario maestro di fede di cui sono innamorato e cerco di seguire nella vita di ogni giorno; non sarà mai Dio, quell'Unico Dio che egli riconosceva adorava e pregava.

Nel cristianesimo, appreso alla scuola dei grandi maestri Gesù non sa non sarà mai Dio, ma la strada che Dio ci indica.

Franco Barbero (novembre 2024)

I crimini di Netanyahu, il diritto, la comunità internazionale

È considerazione ricorrente, di fronte alla mattanza di civili per mano israeliana in corso a Gaza (e in Cisgiordania e in Libano e in Siria), evidenziare l’inadeguatezza del diritto internazionale. Le atrocità avvengono in diretta, sotto gli sguardi del mondo intero. Tutti sanno, eppure i massacri continuano: chi potrebbe impedirli, non vuole (facendosene complice); chi vorrebbe, non può. Come nel caso della Russia con l’Ucraina – e, prima ancora, degli Stati Uniti e del Regno Unito con l’Iraq –, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è paralizzato nei propri poteri decisionali dal veto delle parti in causa (in effetti, i Paesi con diritto di veto sono sei: ai cinque di diritto, occorre aggiungere, di fatto, Israele). Così, nel vuoto degli atti che dovrebbero imporre la pace, spadroneggiano i fatti che impongono la guerra.

Siamo, dunque, al cospetto del fallimento – l’ennesimo – del diritto internazionale?

Numerose e terribili ragioni inducono a pensarlo. Quello che è in corso a Gaza sempre più assume l’aspetto di un tiro al bersaglio d’inaudita ferocia, il cui obiettivo finale è palesato, in forme più o meno ufficiali, dalle stesse autorità israeliane: la pulizia etnica e la ricolonizzazione della striscia, sul modello di quanto da anni accade in Cisgiordania (nonostante le trattative di Oslo, infine ridotte a farsa). Che Israele possa acconsentire alla nascita di uno Stato palestinese è esplicitamente escluso dai suoi governanti: la «soluzione dei due Stati» è, oramai, una formula retorica utile solo a riempire le pagine dei discorsi ufficiali delle cancellerie internazionali. Così come è esplicitamente escluso che i palestinesi possano aspirare alla piena cittadinanza di uno Stato che nel 2018 è risultato etnicamente riconfigurato dalla Knesset come «casa nazionale del popolo ebraico».

Cionondimeno, proprio dal diritto internazionale stanno oggi venendo gli ostacoli più insidiosi per chi, dentro e fuori Israele, confidava di poter risolvere con la violenza la questione palestinese. Con una serie di coraggiosi interventi, le due principali Corti internazionali – la Corte internazionale di giustizia (Cig) e la Corte penale internazionale (Cpi) – hanno finalmente, e definitivamente, chiarito l’inquadramento giuridico della vicenda. L’occupazione israeliana dei territori conquistatati con la guerra di aggressione del 1967 è illegale, così come illegale è la costruzione delle colonie in cui sono stati trasferiti milioni di israeliani (parere della Cig del 19 luglio 2024), nonché del muro di separazione che tali territori in parte attraversa (parere della Cig del 9 luglio 2004). Israele deve, dunque, ritirarsi al più presto da tali territori, Gerusalemme Est inclusa, evacuare i coloni e consentire la nascita dello Stato palestinese; nel frattempo, deve cessare ogni atto di violenza e di discriminazione ai danni della popolazione araba che vive nei territori occupati illegalmente; deve, inoltre, risarcire tutte le vittime dell’occupazione. Quanto alle violenze israeliane in corso, non si può escludere si tratti di atti integranti la fattispecie di genocidio (pronuncia della Cpi del 26 gennaio 2024) e i loro responsabili politici ultimi – Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant – devono essere arrestati e processati, dovendo rispondere all’accusa di aver compiuto crimini di guerra e crimini contro l’umanità (decisione della Cpi del 21 novembre 2024).

Certo, per chi ogni giorno sotto le bombe israeliane rischia la vita, assieme a quella dei suoi cari, può sembrare una consolazione di poco conto. Non bisogna però dimenticare che il diritto è fatto di parole, che indicano il modo in cui le cose devono essere, non il modo in cui sono. Alle parole del diritto è affidato il compito di cambiare la realtà: compito mai facile, in questo caso più che mai difficile, ma che risulterebbe impossibile se non si procedesse, anzitutto, a definire i contorni del dover essere, chiamando le cose con il loro nome.

Sia pure tardivamente, il diritto internazionale ha infine fatto la sua parte, rendendo la soluzione del conflitto un dovere che grava sul capo di Israele. Sta ora ai membri della comunità internazionale decidere se schierarsi dalla parte della legalità o dell’illegalità.

Francesco Pallante

(da “Volerelaluna”, 25 novembre 2024)

Dio ci spinga nel mondo

Fratelli e sorelle, Dio ci spinga nel mondo.

È lì che la nostra fede va «giocata» tutta intera.

Accogliamo l’esortazione biblica che ci invita al rischio,

fidiamoci interamente del Signore.

«Se aspetti il vento favorevole non semini più;

se stai a guardare quando pioverà, non ti deciderai a mietere...

Tanto il mattino che la sera è tempo buono per seminare.

Ma tu non sai se tutti i semi nasceranno e se una semina rende più di un'altra» (Qoelet 11, 4-6).

Lode a Te, o Signore!

Noi contiamo su di Te.

Noi contiamo su di Te, o Signore.

Franco Barbero (1971)

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