martedì 3 dicembre 2024

 

NEL SEGNO DI RUT - 4

 


ALCUNI TEMI PORTANTI DELLE

TEOLOGIE FEMMINISTE

 

Un Dio maschile

 

ll linguaggio quotidiano della predicazione, del culto, della catechesi e dell’istruzione manda questo messaggio: Dio è maschio o, perlomeno, più simile a un uomo che a una donna ed è più opportuno rivolgersi a Dio come a un maschio piuttosto che come a una femmina. La simbologia maschile di Dio funziona e, esaminandola, diventa chiaro che questo discorso esclusivo su Dio serve a sostenere un mondo immaginativo e strutturale che esclude o subordina le donne.

Ad essere messa sotto accusa è proprio la nozione di Dio padre, perno del messaggio cristiano come viene presentato dalle chiese, nella cultura popolare o nella riflessione teologica.

La tesi femminista trova una formulazione efficace nelle parole di Mary Daly: “Se Dio è maschio, allora il maschio è Dio”. A far sì che la mascolinità venga considerata nonna e misura dell’umanita è l’idea di Dio padre, centrale nella confessione cristiana.

Il saggio di Nelle Morton "Dio/Dea immagine diletta" (in La sfida del femminismo alla teologia, Queriniana) mette in luce il fatto che le divinità di ogni singola cultura siano il riflesso del gruppo egemone; chi detiene il potere si fabbrica la divinità ad immagine e somiglianza; in una cultura patriarcale non a caso c'è un Dio-padre. Ella propone di affiancare al Dio anche l'immagine della Dea.

Scrive E. Green: "Nel nostro immaginario Dio è tutto maschile; Dio è l'essere umano sessuato al maschile si confondono. Alcuni teologi ci ricordano, giustamente, che Dio è al di là di ogni differenziazione sessuale. La loro osservazione non riesce però a cogliere il punto della critica femminista e cioè che l'uomo, grazie all'idea di Dio padre che domina il cristianesimo, continua ad essere considerato la norma dell'umanità e la misura di tutte le cose, mentre, come aveva scoperto la De Beauvoir, le donne sono sempre l'Altro.

In secondo luogo, la figura di Dio padre non solo riflette e rafforza una realtà pensata, vista e detta al maschile, ma legittima anche un ordine sociale costruito sullo sfruttamento delle donne. In altre parole “Dio padre” sta alla base dell'ordine simbolico e sociale patriarcale. L'autorità dei padri (generali, vescovi, statisti...) si fonda sull'autorità di Dio padre. Secondo la critica della teologia femminista, quindi, Dio padre è supporto ideologico delle relazioni gerarchiche che caratterizzano la società patriarcale. Ne consegue che la figura di Dio padre è stata utilizzata per fondare un modo di relazionarsi in termini di dominio e sottomissione.

La teologia femminista sottopone a critica la nozione di Dio padre in quanto, iscritta in ordine patriarcale, dà credito alla centralità dell'uomo nel modo di percepire la realtà e di organizzarla socialmente. Inoltre, pensare a Dio in termini di genitore non incoraggia la maturità delle donne, ma le mantiene in uno stato subalterno; dipendenti da un Dio padre, le donne rimangono sempre minorenni, incapaci di assumere le responsabilità che competono loro, incapci di realizzare la loro libertà. E` importante comprendere correttamente questa critica. La teologia femminista non considera nefasta ogni immagine sessuata di Dio. Anzi, insieme alla tradizione teologica riconosce l'impossibilità di parlare di un Dio personale senza ricorrere ad immagini o figure umane e quindi sessuate. Essa aƒferma fondamentalmente due cose: 1 - che l'immagine del Dio maschile abbia effettivamente escluso la femminilità dalla divinità; 2 -  che l'immagine di Dio padre abbia legittimato una cultura e una società costruita sulla supremazia maschile e sulla corrispondente posizione subalterna delle donne." (E, Green, op. cit., p. 25-26).

E aggiunge: "Non si tratta di aggiungere a un Dio maschile alcune caratteristiche che la nostra cultura ritiene femminili. Non si tratta di scoprire una dimensione femminile di Dio. La proposta è ben più radicale: per spodestare il Dio padre dalla sua posizione centrale nella chiesa e nella società si deve, almeno in questo momento storico, dire Dio al femminile. Solo in questo modo diventerà visibile la differenza sessuale" (ibidem, p. 28).

Dio detto al femminile non è solo un Dio materno. Nella Bibbia troviamo una figura, la divina Sapienza, che molti studiosi ritengono essere il Dio d'Israele in forma femminile. Alla pari di altre divinità femminili dell'antico Medio Oriente, la Sapienza o Sofìa è attiva nella creazione del mondo, in cui infonde un ordine intelligente. Le teologhe femministe, pur coscienti che anche Sofia è il prodotto di un pensiero patriarcale, attingono alla tradizione sapienziale per dire al femminile un Dio forte, potente, attivo nel mondo. Sofia ci chiama ad affiancarLa nella sua opera di guarigione e di liberazione" (ibidem, pag. 29).

Il linguaggio su Dio in termini femminili non soltanto sfida l'inclinazione letterale che si è fissata su immagini maschili nel discorso ereditato su Dio (la tradizione), ma mette in discussione le strutture prevalenti del patriarcato. Fa sorgere una diversa visione della comunità, in cui gli ultimi saranno i primi, gli esclusi saranno inclusi...

 

La chiesa delle donne

 

Elisabeth Schüssler Fiorenza intitolava l'epilogo del suo libro In memoria di lei "Verso una spiritualità biblica femminista: l'ekklesìa delle donne": ekklesìa (chiesa) intesa come assemblea di chi si riunisce per decidere sulle proprie questioni politiche e spirituali. In questo capitolo essa introduce il progetto di chiesa delle donne, come parte di quel più ampio movimento femminista, nella società e nella religione, che si considera un movimento di liberazione. Il suo fine non è solo quello di far riconoscere una "piena umanità" anche alle donne, ma l’autoaffermazione religiosa, il potere e la liberazione da ogni forma di alienazione, emarginazione ed oppressione patriarcale.

Poiché le donne in una chiesa patriarcale non possono decidere sui loro problemi teologico-religiosi, la chiesa delle donne, oltre che una speranza futura, è una realtà di oggi: e riunirsi come chiesa delle donne, popolo di Dio, per rivendicare i diritti religiosi, per partecipare pienamente alle decisioni della chiesa e arricchirsi reciprocamente come donne cristiane.

L'espressione "chiesa delle donne" non è usata come termine escludente, ma come termine politico, che denota l'opposizione al patriarcato. La "parità dal basso" deve diventare l'obiettivo di liberazione della chiesa delle donne. In altre parole, finché esisterà il patriarcato sociale e religioso, le donne non saranno "liberate" e dovranno lottare per la sopravvivenza e l'autodeterminazione.

La teologia femminista, sostiene Schüssler Fiorenza, deve esprimere la propria posizione di militanza non come scelta per gli oppressi, ma come autoidentificazione delle donne che vivono nella società patriarcale, perché tutte le donne vengono socializzate in maniera tale da condizionarle a identificarsi con gli uomini.

"Finché si continuerà ad impedire alle donne cristiane di spezzare il pane e di decidere sul loro benessere spirituale e sul loro impegno, la chiesa come discepolato di uguali non sarà realizzata e la potenza dell'evangclo sarà fortemente sminuita. (…) Una spiritualità cristianaƒemminista ci chiama perciò a convocare la "ekklesìa delle donne” che, con la forza adirata dello Spirito, sono mandate all'esterno a nutrire, guarire e liberare il nostro popolo, cioe le donne; essa smaschera il peccato strutturale e l'alienazione del sessismo e ce ne libera, ci spinge a diventare figlie e portavoci di Dio; respinge l'adorazione idolatrica della maschilità ed esprime l'immagine divina in esistenza e linguaggio umani femminili; ci libera dall'interiorizzazione del falso altruismo e del falso sacrificio di sé, che si preoccupa innanzitutto del benessere e del lavoro degli uomini a danno del benessere e della vocazione nostri e delle altre  donne; ci mette in grado di vivere 'l'una per l'altra' e di sperimentare la presenza di Dio nell'ekklesia come riunione di donne. Quelle che fra noi hanno udito questa chiamata rispondono impegnandosi nella lotta delle donne e di tutti i popoli per la liberazione, rendendosi affidabili nei confronti delle donne stesse e del loro futuro e collaborando ad alimentare la solidarietà all 'interno dell'ekklesia delle donne. Impegno, affidabilità e solidarietà nella comunità sono i contrassegni distintivi della nostra vocazione e della nostra battaglia" (E. S. Fiorenza, In memoria di lei, pp. 372).

A questo progetto di chiesa delle donne vengono sollevate alcune obiezioni. La prima è che questa chiesa non parteciperebbe alla pienezza della chiesa. Questo è vero, come è vero che non lo fanno neppure le assemblee gerarchiche esclusivamente maschili.

La seconda obiezione è l'accusa di "sessismo alla rovescia" ed un appello alla reciprocità con gli uomini. Questa obiezione non valuta sufficientemente i problemi dell'oppressione e del potere patriarcale. Parliamo forse di "imperialismo alla rovescia" quando i poveri dell'America Latina si riuniscono come popolo? Perché gli uomini si sentono minacciati se noi donne ci uniamo nella nostra lotta per la liberazione e per la nostra sopravvivenza spirituale, come cristiane e come persone di sesso femminile? Non ci riuniamo contro gli uomini, ma per diventare comunità davanti a Dio, decidendo su problemi che ci toccano direttamente.

Il sogno di un linguaggio comune potrà diventare realtà solo quando l'idolatria del maschio e le sue strutture demoniache saranno respinte nella confessione del peccato strutturale e individuale di sessismo.

Anche Elizabeth Green rilancia questo progetto. Sostiene che la teologia femminista, come quella della liberazione, è radicata in un movimento di trasformazione sociale e, a differenza di altre teologie, essa si ispira al movimento delle donne e al pensiero che esso produce. Adottando il metodo del "partire da sé" essa è già riflessione sulla pratica di vita. Nel campo della teologia pratica, quindi, la teologia femminista non applica alla vita intuizioni di una teologia pensata in astratto, ma torna al vissuto di donne e di uomini, per dargli forma, trasformarlo, farlo divenire una forza critica. Con la nozione della "chiesa delle donne" la teologia femminista pensa la chiesa in modo diverso.

La chiesa delle donne non consiste solo in donne, ma in donne e uomini che si identificano con i fini del movimento femminista, cioè coloro che vogliono vivere la propria fede ed esprimere la propria spiritualità alla luce della differenza sessuale, sperimentando una vita veramente comunitaria, all'insegna dell'uguaglianza e della reciprocità. Il modello non è la kiriarchìa costruita su rapporti di dominio e sottomissione tra disuguali o un luogo in cui ci sono alcuni che comandano e altri/e che ubbidiscono, ma un'assemblea democratica in cui tutti e tutte partecipano anche ai momenti decisionali, cioe un discepolato di uguali.

La chiesa delle donne, quindi, è composta di discepole e di discepoli di Gesù i quali, avendo pari dignità, non vivono all'insegna del pensiero patriarcale (secondo cui essere uguale vuol dire diventare maschio), ma all'insegna del pensiero della differenza.

Questo modello di chiesa dà spazio alle differenze che arricchiscono l'umanità, sia quella sessuale sia quella di razza, di classe, di orientamento sessuale, ecc...

 

Inoltre, su sollecitazione del movimento delle donne è nata la consapevolezza che il linguaggio che usiamo rispecchia il mondo patriarcale in cui è stato costruito. In una società dove le donne stanno diventano visibili e la coscienza della differenza sessuale si sta affermando, le chiese continuano a riprodurre e legittimare una visione patriarcale del mondo. Il linguaggio liturgico, invece, dovrebbe rispecchiare e rafforzare la coscienza della differenza sessuale,  introducendo un linguaggio "inclusivo".

Anche la liturgia dovrebbe rispecchiare la vita e la spiritualità femminili, oltre che quelle maschili.

La vita della comunità sarà segnata dalla condivisione gestita da tutti e tutte, senza gerarchie di potere, ma in un clima di affidamento e di cura reciproca.

Occorrerà prestare attenzione particolare alle sofferenze causate alle donne da ogni forma di violenza maschile, come abusi, stupri, incesti, e rompere l'omertà che continua a circondare questa realtà, sia denunciando le complicità del cristianesimo, sia creando comunità di resistenza e di terapia per le vittime.

La partecipazione alla mensa eucaristica sarà il segno dell'amore inclusivo e accogliente di Dio per tutta l'umanità e un invito all'impegno comune nelle lotte per la giustizia.

"Con questo concetto di chiesa delle donne, quindi, la teologia offre a donne e uomini una nuova visione della chiesa come assemblea di uguali. Tale uguaglianza non significa l'appiattirsi sul maschile, bensì prendere sul serio, nella pratica quotidiana di fede, la differenza sessuale, insieme alle altre differenze di cui il mondo è costellato. Il suo scopo è favorire, rendere possibile, il pieno potenziale delle donne, considerato dalla teologia femminista il cuore del messaggio evangelico. Come abbiamo detto, la chiesa delle donne è, per alcune persone, un dato di fatto, mentre per altre (e penso ad alcune realtà evangeliche o alle comunità di base) essa offre spunti per una nuova pratica cristiana” (Green, op. cit., pag. 48).

(continua)