BELLEZZA E SPLENDORE
La radice della resistenza
“Poi il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Scifra e l’altra Pua: ‘Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere’. Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: ‘Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?’. Le levatrici risposero al faraone: ‘Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità: prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito’. Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poichè le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: ‘Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia’" (Esodo, 1,15-22)...
Scifra e Pua: due nomi che profumano di poesia. Scifra vuol dire “Bellezza” e Pua significa “Splendore”.
In questi anni, dopo secoli di completa dimenticanza, queste due donne balzano all'attenzione di molti interpreti della Bibbia. A dire il vero sono altre donne che le hanno sottratte all’oblio e le hanno “riscoperte”.
Progetti di morte
Il faraone, il “re d’Egitto”, si arroga il diritto di decidere sulla vita e sulla morte di chi abita nei confini del suo impero. Tutti debbono obbedire e stare agli ordini.
Gli israeliti sono ora agli occhi del faraone una minaccia. Il quadro è rovesciato rispetto ai tempi di Giuseppe, come racconta l’ultima parte di Genesi. Chi oserà opporsi ad un ordine preciso e perentorio, ad un ordine “sovrano”?
Solo due disarmatissime donne, due levatrici ebree sanno resistere, rispondere, interloquire con astuzia e lucidità. A loro non mancano né il coraggio, né l'intelligenza, né l'amore alla vita.
“E’ singolare che in una società non certo femminista siano proprio due donne a iniziare una forma di resistenza contro il progetto di morte del faraone. Anche altre volte nella Bibbia è una donna che in un momento cruciale e difficile interviene per salvare Israele” (S. Spreafico, Il libro dell’Esodo, Città Nuova). Basti pensare a Debora, Ester, Giuditta, Giaele e alle donne che in Esodo 2,1-10 salvano la vita di Mosè.
Oggi gran parte dell’interpretazione biblica comincia a mettere cuore e occhi per vedere nei testi biblici la presenza attiva delle donne e raccoglierne la testimonianza. Questo è noto.
Tre verbi in fila
Io vorrei soffermarmi su un altro elemento caratteristico del testo. Il versetto 17 è pregnante: “Le levatrici temettero Dio, non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini”.
Prestiamo attenzione alle parole, anzi ai verbi. Che cos'è nella scrittura ebraica il timor di Dio? Esso connota l’atteggiamento della creatura che è docile alla volontà di Dio, che si pone davanti a Dio nel giusto rapporto, che cerca di accogliere dentro la sua vita il volere di Dio, di obbedire a Lui come chi non ha altro Dio al suo cospetto. Timor di Dio è tutt'altra cosa dalla paura di Dio che certo terrorismo teologico e pastorale ha diffuso.
Ebbene, donde nasce la forza per rifiutare l’ordine del faraone in queste due donne?
Nasce esattamente dal fatto che “temettero Dio”. Scifra e Pua non hanno in serbo da qualche parte, in uno zainetto interiore, delle risorse eroiche, delle sovrumane energie. Esse possono resistere, opporsi, dire di no, perché stanno nel giusto rapporto con Dio, si fidano di Dio, attingono da Lui.
Queste due donne mi testimoniano, come Pietro e Giovanni nel libro degli Atti degli Apostoli (4,19), che resistere è possibile, che nessun vecchio o nuovo faraone o idolo sono signori della nostra vita, se noi stiamo in un rapporto fiduciale con Dio.
Franco Barbero, 24 dicembre 2024