NICARAGUA: LA RIFORMA COSTITUZIONALE DI ORTEGA E DELLA MOGLIE, ORA COPRESIDENTE
Il rapporto documenta la persecuzione religiosa nel Paese, rivelando che il regime ha sottoposto sacerdoti e leader cristiani a «torture e trattamenti degradanti»
42070 MANAGUA-ADISTA. Da vicepresidente a co-presidente: è il nuovo titolo riconosciuto a Rosario Murillo, moglie del presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, con la riforma costituzionale approvata il 22 novembre all’unanimità, e in soli due giorni, dall’Assemblea nazionale del Nicaragua, organo controllato dal Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) al potere. Promozione che i detrattori del regime leggono come un modo per assicurare una prossima presidenza a Rosario, più giovane di 6 anni di Daniel (73 contro 79). «Diversi analisti, che preferiscono restare anonimi - leggiamo su laopinion.com (21/11) — sottolineano che la riforma annunciata è la risposta di Ortega all'interesse che Murillo avrebbe sempre mostrato a sostituirlo e governare il Paeses».
Ora perciò il Paese centroamericano ha due co-presidenti, il cui mandato diventa peraltro di 6 anni invece che di 5. Alla coppia presidenziale la riforma conferisce il controllo assoluto dei poteri statali, stabilendo che i co-presidenti coordineranno «gli organi legislativi, giudiziari, elettorali, di controllo e supervisione regionali e municipali», che in precedenza la Costituzione riconosceva come indipendenti. La coppia «controllerà la stampa e la Chiesa affinché non rispondano a «interessi stranieri». Diventa costituzionale, inoltre, la revoca della cittadinanza nicaraguense a coloro che sono considerati «traditori della patria», atto che il governo ha già applicato nei confronti di circa 450 critici e oppositori negli ultimi anni (il 5 dicembre si è inoltre saputo che tutte le suore sono state esiliate).
Rapporto ONU:
“Torture e trattamenti degradanti”
La riforma costituzionale istituzionalizza una politica già gravosa per i cittadini. Quanto lo sia stata poi per la Chiesa cattolica, in particolare, è certificato dal rapporto, di fine luglio di quest'anno, compilato dal Gruppo di Esperti delle Nazioni Unite sui Diritti umani in Nicaragua. Il rapporto documenta la persecuzione religiosa nel Paese, rivelando che il regime di Daniel Ortega ha sottoposto i sacerdoti cattolici e i leader di altre confessioni cristiane a «torture e trattamenti degradanti».
Passa in rassegna fatti che sarebbero stati commessi nei centri di detenzione. Nel carcere di massima sicurezza “La Modelo", per esempio, si legge nel rapporto, «questi atti includono lunghi interrogatori, minacce, nudità forzata, divieto di comunicare con gli altri detenuti, cibo inadeguato e, in alcuni casi, confinamento in spazi più piccoli di quelli dei normali prigionieri, con luce artificiale continua e detenzione in isolamento». Tra i religiosi che hanno subito simili trattamenti ci sono i vescovi Rolando Álvarez (v. Adista Notizie n. 7/23; Adista online del 15-01-24) e Isidoro Mora (v. Adista online del 08/01/24), oltre a quindici sacerdoti e due seminaristi, tutti poi espulsi dal Nicaragua (negli ultimi 4 mesi questa lista sì è “arricchita” di altri esiliati, compreso un altro vescovo, mons. Carlos Enrique Herrera, presidente della Conferenza episcopale, v. Adista online del 15/11/24). Alvarez, è stato detenuto per 11 mesi a “La Modelo", in un'area nota come “El Infiernillo”, «una sezione — precisa l'agenzia AICA che informa sul rapporto (24/7) - composta da celle buie e malsane, prive di ventilazione, senza sufficiente luce naturale ed esposte all'umidità, al freddo è al caldo estremo, e non ha avuto visite familiari durante i primi 43 giorni di detenzione».
Nel rapporto si riferisce anche di atti o le omissioni commessi dalla polizia e dagli agenti penitenziari come «atti deliberati» allo scopo di infliggere — tanto ai sacerdoti quanto ad altri leader religiosi o semplici oppositori - «gravi dolori o sofferenze, sia fisiche che mertali». Ma anche per «ottenere informazioni, punire, intimidire o costringere le vittime, o discriminarle, perché percepite come oppositori del Governo».
La lettera “muta” del papa
Il 2 dicembre scorso papa Francesco ha indirizzato al popolo nicaraguense una «lettera pastorale», con la quale intende «ribadire, ancora una volta, l'affetto che professo per il popolo nicaraguense, che si è sempre contraddistinto per uno straordinario amore verso Dio». È un testo molto diplomatico che forse deluderà i cattolici nicaraguensi: hanno sempre lamentato la rarità degli interventi del pontefice sulla loro situazione e soprattutto di qualche esplicità proposizione che li difendesse dal regime Ortega-Murillo. Questa potrebbe sembrare loro una lettera “muta”, non “personalizzata”, nel senso che potrebbe essere indirizzata a qualsiasi popolo che stia vivendo difficoltà.
«Sono con voi, soprattutto in questi giorni in cui celebrate la Novena dell'Immacolata. Non dimenticate l'amorevole Provvidenza del Signore, che ci accompagna ed è l'unica guida sicura. Proprio nei momenti più difficili, dove diventa umanamente impossibile comprendere ciò che Dio vuole da noi, siamo chiamati a non dubitare della sua sollecitudine e della sua misericordia». «Auspico — scrive ancora — che questa celebrazione dell'Immacolata Concezione, che ci prepara all’apertura del Giubileo del 2025, vi offra il necessario incoraggiamento nelle difficoltà, nelle incertezze e nelle privazioni. In questa festa non dimenticate di abbandonarvi tra le braccia di Gesù con la giaculatoria “Dio prima di tutto”, che ripetete spesso. Desidero trasmettervi la mia vicinanza e l'assicurazione che prego incessantemente la Santa Vergine affinché vi consoli e vi accompagni, confermandovi nella fede. Lo voglio dire con forza, la Madre di Dio non smette di intercedere per voi, e noi non smettiamo di chiedere a Gesù di avervi sempre per mano». (eletta cucuzza).
Adista, 14 dicembre 2024