mercoledì 29 gennaio 2025

ESODO   Famiglia, famiglie

6. Il matrimonio nel Nuovo Testamento

A dire il vero, il Nuovo Testamento non dice molto sulla famiglia come tale. Il vangelo insiste sul valore del matrimonio e si tratta di un matrimonio monogamico. L'adulterio, e anche il ripudio di una moglie, sono condannati senza mezzi termini (Mt 5,27-30.31-32; 19,1-9; cf. Mc 10,11-12; Lc 16,18; ICor 7,10-11). Gesù di Nazaret rinvia alla creazione piuttosto che alla legge di Mosè, secondo un principio tipico delle argomentazioni rabbiniche e non solo: la legge più antica prevale sulla legge più recente: “all'inizio però non fu così"” Mt 19,8). Inoltre, quello che è iscritto nella creazione è iscritto “nella natura delle cose” (Mt 19,1-9).

Ritroviamo la stessa concezione del matrimonio nell'insegnamento di Paolo: “[...] ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito dia alla moglie ciò che le è dovuto; ugualmente anche la moglie al marito” (1Co 7,2-3), Non deve stupire l'insistenza sui valori essenziali del matrimonmnio nel contesto del Nuovo Testamento: le prime comunità cristiane formavano una piccola minoranza all'intermo di un'altra minoranza, il popolo ebraico, all’interno dell'immenso Impero Romano. In un tale contesto, era di prima importanza salvaguardare solidi legami sociali, in particolare per quanto riguarda il matrimonio. Non stupisce, perciò, che il matrimonio sia usato dalla lettera agli Efesini per descrivere la relazione fra Cristo e la Chiesa in un passo difficile e molto discusso (Ef 5,23-32 che cita nuovamente Gn 2,24)

 

7. La famiglia e il discepolato sono incompatibili?

La famiglia, nonostante quanto appena detto, non sembra affatto al centro delle preoccupazioni del Nuovo Testamonto. Ricordiamo il testo citato al principio della nostra riflessione: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”

(Mc 3,33; Mt 12,48). Anzi, sembra che l’adesione al vangelo sia una causa di disintegrazione per la famiglia: "Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10,34-36; Lc 12,51-53; cf. Mi 7,6).

In questo caso, il contesto è, con ogni probabilità, la situazione dei primi eristiani quando si è compiuta la separazione con il popolo ebraico. Possiamo facilmente immaginare che cosa accadesse quando un membro della famiglia decideva di aderire al vangelo di Gesù Cristo mentre gli altri membri della famiglia rimanevano fedeli alle tradizioni d'Israele. Sappiamo quanto era importante l’unità e la solidarietà del popolo in circostanze difficili, ad esempio durante la ribellione contro l'Impero Romano. Ora, i cristiani non hanno partecipato alla ribellione, forse perché troppo pochi, forse per seguire l’esempio di Gesù di Nazaret, e il suo atteggiamento contranio a ogni forma di vinlenza e. forse, soprattutto, perché i cristiani aspettavano che Gesù Cristo tornasse per stabilire il regno dei cieli.

In un contesto di grandi tensioni, le appartenenze non erano più unicamente quelle della famiglia, anche della famiglia allargata. Erano basate su convinzioni profonde, e adesioni a una causa che doveva unire tutte le famiglie o i membri delle famiglie. Si doveva pertanto scegliere: o la sorte del popolo ebraico o l’adesione al vangelo di Gesù di Nazaret, E si doveva scegliere fra un'azione immediata, una ribellione armata, oppure sperare nel ritorno del Messia, Gesù Cristo, risorto dai morti. Per questo motivo, vi sono diversi testi del Nuovao Testamento che insistono sulla priorità dei legami che uniscono i discepoli con il loro maestro sui legami di famiglia (e.g. Mt 19,29).

Nel vangelo di Giovanni, assistiamo a una vera progressione in merito alla propria famniglia di Gesù di Nazaret. Dopo le nozze di Cana, Gesù scende a Cafarnao con sua madre, i suoi fralelli e i suoi discepoli, tutti insierne (Gv 2,12). Più tardi, tuttavia, Gesù di Nazaret prende le distanze dai suoi “fratelli”: non li accompagna nel pellegrinaggio a Gerusalemme e vi si reca da solo (Gv 7,2-10).

In effetti, nieanche i suoi ‘“fratelli” credevano in lui (Gv 7,5). Infine, dopo la risurrezione, quando il Risorto appare a Maria Maddalena, la invia ad annunziare la buona notizia ai suoi “fratelli” che sono chiaramente i suoi discepoli (Gv 20,17-18): “[...] va' dai miei fratelli e di' loro: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli; «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto”.

 

8. Conclusione

In poche parole, l’istituzione della famiglia non è del tutto univoca nella Scrittura. Vi sono capisaldi e costanti, però vi sono anche variazioni che si spiegano a partire dai contesti diversi. A ogni situazione corrisponde una risposta diversa, anche se non totalmente diversa. I grandi principi non esistono in un cielo puro di idee astratte. Si praticano in contesti vitali che richiedono risposte concrete, tenendo conto delle circostanze.

In secondo luogo, la famiglia, nelle sue differenti forme, è certamente alla base di ogni società umana. Una società, tuttavia, non è solo un insieme di famiglie. Un altro elemento si rivela indispensabile, un elemento che deriva da scelte libere e che potremmo chiamare un “contratto sociale”.

Nell'Antico Testamento, si tratta dell'alleanza e dell'osservanza di una legge comune. Nel Nuovo Testamento, si tratta dell’adesione al vangelo di Gesù di Nazaret.

Jean Louis Ska