FABRIZIO D'ESPOSITO
“Frociaggine” Il pasticcio Cei sugli omosessuali seminaristi e la destra clericale contro la lobby gay
Nella Chiesa è sempre tempo di lobby gay. Dopo gli scandali del primo Vatileaks e che logorarono il pontificato ratzingeriano fino alla clamorosa rinuncia di Benedetto XVI adesso la consorteria “omusessualista” in tonaca si sarebbe schierata contro Francesco.
Almeno a leggere i media del network della destra clericale. Stavolta però è tutto in chiaro, non c'è alcun corvo.
"Tutto principia dal documento entrato in vigore il 9 gennaio (in via sperimentale per tre anni) sulla formazione dei sacerdoti, approvato dalla 78a Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, svoltasi ad Assisi dal 13 al 16 novembre 2023. Il documento è intitolato La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia, Orientamenti e norme per i seminari e al paragrafo 44 introduce alcune novità sul discernimento dell’orientamento sessuale dei giovani seminaristi nel primo triennio formativo. Di qui, per fare un esempio, il titolo integralista della Verità di sabato scorso, in prima pagina:“Lo schiaffo dei vescovi al Papa: Gay in seminario”. La
metafora dello schiaffo si riferisce alla nota frase di Bergoglio di sette mesi fa, quando invitò i vescovi a non ammettere i gay in seminario perché “c'è già troppa frociaggine”.
Francesco poi sì scusò ma, il nodo sostanziale è rimasto. Così sono poi arrivate le nuove regole della Cei interpretate in molti casi, non dai clericali di destra (che accusano la lobby gay presente “in numerose diocesi”), come via libera ai sacerdoti gay e casti. È proprio così? A dire il vero, il documento della Cei sembra contraddirsi e anche le dichiarazioni di monsignor Stefano Manetti, vescovo di Fiesole e presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata, non aiutano a sciogliere questa ambiguità.
SEMPRE SABATO, infatti, il quotidiano della Cei, Avvenire, ha dato conto della precisazione della Chiesa ilaliana dopo la “lettura parziale e non contestualizzata da parte di alcuni organi di stampa delle nuove regole. Il titolo è eloquente: “Gay e sacerdozio, le norme non cambiano. Non potranno accedere alministero”. E si ribadisce quanto stabilito già nel 2016 e prima ancora nel 2005; “In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai Seminari, o che scoprono nel corso della formazione di alcuni organi di tale situazione, in coerenza con il proprio Magistero, la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticanol’omosessualità”.
L'ammissione in seminario, poi. La novità, appunto, riguarda il discernimento sull'identità sessuale e il fatto che comundque “è opportuno non ridurre il discernimento” alle sole “tendenze omosessuali” del “candidato”. Il discrimine è una libera e responsabile scelta della castità. Ed è qui che s'innestano i sospetti dei critici: allora un gay casto può fare il prete. Risposta del vescovo Manetti: “Non è una lettura corretta”. Allora che senso ha ammettere i gay e non ridurre il discernimento alle tendenze omosessuali? È un cortocircuito logico.
Il Fatto quotidiano, 13 gennaio 2025