giovedì 30 gennaio 2025

Tempi di Fraternità NONVIOLENZA

di Pasquale Pugliese - a cura di Carlo Saccani

Gennaio 2025

 

I saperi della nonviolenza

 

La Giornata internazionale della nonvialenza, il 2 ottobre, è stata istituita dalle Nazioni Unite nel 2007, il giorno del compleanno di Gandhi.

In Europa, poco dopo la prima guerra mondiale. uno studioso come Max Weber affermava che la politica ha due principi di riferimento: l’etica delle intenzioni, secondo la quale posso fare tutto quello che ritengo giusto, indipendentemente dagli effetti, è l’etica della responsabilità, per la quale invece nell’agire devo tenere conto di quelle che sono le conseguenze. Nello stesso anno, dall’altra parte del mondo, quello che Churchill chiamava un fachiro mezzo nudo, elaborava una teoria fondata su un modo di lottare rispetto al quale diceva che i mezzi possono essere paragonati al seme come il fine all’albero: tra il mezzo e il fine, c’è lo stesso inviolabile nesso che c’è tra il seme e l’albero. Un rapporto fortissimo tra il fine che dobbiamo raggiungere, e i mezzi che utilizziamo per questo.

Quando Gandhi scriveva quel pensiero e agiva quelle lotte non era ancora avvenuto un fatto epocale della nostra epoca: Hiroshima e Nagasaki. Un evento spartiacque nella storia dell’umanità, poichè la guerra da allora non è stata più la stessa di prima. Il film “Oppenheimer” della scorsa estate descrive bene che cosa è stato l’avere inventato le bombe atomiche.

Questo ha imposto all’umanità una nuova etica, che recupera il pensiero di Gandhi sul rapporto tra mezzi e fine.

Etica che è inserita anche nella nostra Costituzione: l’articolo 11 dice che l’Italia ripudia la guerra - e sottolineiamo il verbo ripudia - come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, ma anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: ecco ancora la questione del mezzo! Proprio perché i costituenti la guerra l’avevano vista, l’avevano fatta, erano in prigione, in esilio, nei campi di concentramento, sapevano che dopo i milioni di morti della seconda guerra mondiale, dopo Hiroshima e Nagasaki la guerra era uno strumento ormai inutilizzabile per risolvere i conflitti internazionali.

In quei decenni nasce una profonda riflessione, un pensiero razionale. Albert Einstein e  Bertrand Russell, che scrivono il famoso manifesto per il disarmo nucleare, dicono tra le altre cose: “Arrivati a questo punto, metteremo fine al genere umano, oppure l’umanità saprà rinunciare alla guerra? l’alternativa è  secca”. Contemporaneamente Papa Giovanni  XXIII nell’enciclica Pacem in terris, scrive che la guerra è alienum a ratione, cioè insensata, sostanzialmente una follia.

Un pensiero razionale che riconosceva che la guerra ormai era da mettere tra i ferrivecchi della storia; e dunque andavano trovati, sperimentati e preparati altri mezzi e altri strumenti per affrontare e risolvere le controversie internazionali.

E invece poi ci siamo allontanati da quel pensiero razionale e siamo entrati, tragicamente, in una fase di pensiero “magico”’. Che non è solo rappresentato dai moltissimi opinion maker, i tuttologi che ci parlano in tutte le televisioni, ma che al di sopra di loro è incistato proprio nelle istituzioni internazionali: per fare un esempio, Charles Michel, l’attuale presidente del Consiglio europeo, prima di una delle ultime riunioni che ha presieduto nello scorso  mese di marzo, ha mandato una lettera ai maggiori quotidiani europei (in Italia pubblicata da La Stampa) che si conclude con questa formula: se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra.

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La negazione totale della non violenza. (f.b.)