L'Eco del Chisone - SOCIETÀ
Le parole per dirlo
ACCOGLIENZA, GENTILEZZA, RIGORE
di DERIO OLIVERO
vescovo di Pinerolo
Oggi ho fatto una relazione a Roma. Eravamo nella Sala consiliare della Provincia, alla presenza del prefetto e del questore.
L'evento era organizzato dai musulmani. Si parlava di sicurezza dei luoghi di culto. Ci sono stati molti interventi. Mi ha colpito il discorso del questore. Parlando della gestione concreta della sicurezza ha detto: «Le tre caratteristiche che usiamo per garantire la sicurezza sono: accoglienza, gentilezza, rigore». L’accoglienza dice la capacità di fare spazio ad ogni persona, a prescindere dalle idee, dal credo, dalla provenienza. La gentilezza dice la capacità di far “sentire a proprio agio” ogni individuo, offrendo la disponibilità ad aiutarlo. Il rigore dice il rispetto delle leggi che regolano la convivenza. Ora, in treno, ripenso a queste tre parole: accoglienza, gentilezza, rigore. Penso a me. Sono capace di mettere in pratica queste parole? Accoglienza: dare spazio all’altro, vincendo i pregiudizi, le paure, le antipatie, le differenze di pensiero. Saper ascoltare prima di insegnare. Saper ascoltare, con la certezza che ogni persona ha qualcosa da insegnare. Poi la gentilezza: creare le condizioni perché l'altro stia bene in mia compagnia, non si senta tenuto a distanza, non provi disagio, percepisca calore. Infine rigore. Questa parola spaventa. Non siamo più abituati al rigore. La giudichiamo una parola che limita la libertà. Invece il rispetto delle regole aiuta la relazione. Le regole sono “paletti”. Creano una "pista percorribile”, dentro la quale diventa possibile l’incontro. Le regole della convivenza sono come le strade: costringono a seguire un tracciato, ma permettono il cammino. Forse, nella nostra società, dovremmo fare corsi sull’accoglienza, la gentilezza e il rigore. Così
Abbiamo una esagerata idea di libertà personale. Troppo spesso siamo convinti di essere il “centro del mondo”. Io al centro; gli altri attorno a me, al mio servizio. Così rifiutiamo l’accoglienza in cambio della difesa dei nostri interessi. Dimentichiamo la gentilezza in cambio della sicurezza e della tranquillità personale. Rifiutiamo il rigore per difendere la nostra spontaneità. Troppe volte sentiamo frasi di questo tipo: “Sono libero di fare ciò che mi pare”, “A me basta che mi lasciate tranquillo”, “Iniziate voi ad essere gentili”, “Tanto le regole non le rispetta più nessuno”, “La gentilezza è pura ipocrisia. Io dico ciò che penso”. Conqueste idee in testa generiamo una società poco ospitale. Per ciascuno di noi. Non è piacevale per nessuno sentirsi un numero, un estraneo. Non è piacevole essere trattati in modo sgarbato. Non è piacevole dover fare la voce grossa per avere uno spazio, per essere rispettati, riconosciuti. Ora che ci stiamo avvicinando al Natale potremmo prenderci questo impegno: curare la nostra capacità di accoglienza dell’altro (marito e moglie, compagno e compagna, collega, vicino di casa, chi vinggia sullo stesso treno, chi è nel bisogno). Migliorare la nostra gentilezza: a volte basta un sorriso, l'attenzione al tono di voce, un complimento in più. Curare il rigore, iniziando da piccole cose: non buttare la carta per terra, fare la differenziata, essere giusti, rispettare le regole. Ecco il nostro piccolo regalo di Natale per una società migliore.
L’Eco del Chisone, 18 dicembre 2024