Tra luci e ombre
A volte al cristiano marxista sembrerà che il suo credere non sia che un residuo culturale, un'influenza del suo passato, la paura di inoltrarsi nel mondo senza Dio, allo scoperto. Egli, trovandosi tra un passato che non è più ed un futuro che non è ancora, sente la propria fede come un albero senza radici, un'ombra cui non riesce a dar corpo, fa l'esperienza della traversata del deserto...
Eppure, paradossalmente, la fede comincia proprio lì, quando come Abramo parte senza sapere dove si va (Ebr. 11:8); quando come Mosè si saluta l'Egitto, la casa della schiavitù, e si rimane saldi come se si vedesse colui che è invisibile (Ebr. 11:27), anche se si è nella « tentazione ». Il miglior punto di partenza è meditare sul terribile grido che, secondo Matteo, Gesù emette pochi istanti prima della sua morte: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ». Non è semplicemente un'espressione di disperazione. Gesù muore pregando con le parole del salmo 22, guardando al Padre, pur nell’estrema sofferenza. Muore come ha vissuto cioè con la parola di Dio sulle labbra, guardando al Padre.
Dunque in questo « Dio mio » c'è sofferenza, ma ancor più fiducia totale. Gesù conserva la fede anche quando essa non sembra avere più alcun senso e quando la realtà terrena proclama che Dio è assente.
Nella nostra esperienza di « compagni » la fede vivrà giorni bui nei quali ci sembrerà che credere sia una realtà senza senso. Ci vorrà abbandono totale al Padre. « Egli ha voluto che gli uomini andassero alla ricerca di Dio e si sforzassero di trovarlo, come a tastoni: quantunque non sia lontano da ciascuno di noi » (Atti 17:27). Ma non mancheranno i giorni nei quali egli brillerà nei nostri cuori, la sua parola ci giungerà dal grido degli oppressi e di lui ci parleranno cielo e terra. E noi cammineremo alla sua luce.
don Franco Barbero, 1971
Stampato nel 1975 nel mio libro Una fede da reinventare, presso l’editrice Claudiana, pagg. 111