mercoledì 19 febbraio 2025

IL DIO CHE NON INVECCHIA

Le genealogie di Genesi 5 e 10

Ci troviamo certamente di fronte a brani che fungono da collegamento, da sutura, da «prosecuzione». Tragico errore sarebbe «saltare» tali passi come noiosi. Le genealogie parlano dei «padri» e delle «madri», ma dicono a noi che ognuno sta in catena, noi siamo inseriti con gli altri, stiamo in relazione. Non possiamo esistere e pensarci come «non facenti parte» d'un cammino storico.

La genealogia dice «tempo» e «successione». Dice realtà e limite: «generò, visse... anni e poi morì».

A noi appartengono (sono date!) «fette» di tempo: a Dio solo tutto il tempo. Dio non nasce e non muore. Un vero peccato che in certe traduzioni sia stato eliminato il nome «ETERNO» per dire Dio. L’Eterno è vocabolo più significativo: solo a Lui l'eternità, a noi solo un po' di termpo.

La genealogia ci restituisce alla verità di Dio (l’Eterno!) e alla verità di noi stessi (un frammento nel fluire del tempo).

La genealogia è anche una confessione di fede in Dio, l’unico che non tramonta, il cui «volto» non è segnato dalle rughe del tempo.  Sono stupende le confessioni di fede dei salmi 102, 103 e 104 (che meritano una attenta lettura). Sono parole d'uno spessore inarrivabile..: il parallelismo ebraico dei salmi fa scendere nel cuore queste espressioni, le fa penetrare e gustare. Si notino le immagini, i simboli, le  ripetizioni. Il «contrasto» tra noi e Dio balza evidente. Sono parole che marcano la distanza. Non umiliano l'uomo, ma esaltano Dio. Come non ricordare, al riguardo. la stupenda pagina di Qohélet al capitolo terzo? Lì troviamo l'elenco dei vari «tempi» della vita umana. Si noti come c'è un tempo per tutto… e ogni esperienza è segnata dal tempo: è transeunte, passeggera, effimera.

Noi non possiamo «eternizzare» nessun tempo, ma vivere ogni tempo davanti all’Eterno.

L’amore di Dio si fa tempo. Le pagine più «alte» sono state scritte da Claus Westermann in Teologia dell’Antico Testamento sul concetto e la realtà della benedizione.

Quel Dio che crea e resta il Creatore «non cessa di accompagnarci». Il Suo amore si fa tempo, è una catena che non si interrompe. Egli ci sta vicino (anche se apparentemente assente) e cammina dentro la vicenda umana. C’è qualcosa di più intimo ad un uomo-donna che il nascere, vivere, generare e morire?

Scopra l'uomo che Dio lo accompagna... e ne gioisca! È un modo diverso per dire che Dio ci offre la sua alleanza: ci fa compagnia.

Gli anni così «spropositati e diversi» (le ipotesi esegetiche sono molteplici, quanto finora inutili per «decifrare» i vari numeri... che, ovviamente, non hanno un referente cronologico preciso), probabilmente possono dirci semplicemente che, «molti o pochi» essi ci sono dati.

Dio resta libero nei suoi doni e noi restiamo fragili nel nostro mutevole esistere. Nella vita c'è molto di insondabile.

Si noti che le genealogie costituiscono un intreccio che supera le manichee separazioni tra bene e male. Dio una volta ha fatto il manicheo (è il mito del diluvio), ma poi si è pentito è ha detto: «mai più! mai più punirò l'umanità». Le genealogie sono anche la «dimostrazione» che la benedizione di Dio spesso passa attraverso il sangue dei «cattivi», degli «scomunicati», degli impuri. Ricordate anche le genealogie del Nuovo Testamento nei «vangeli dell'infanzia»? Il Dio dell'ira e della vendetta non esiste. È il nostro linguaggio violento che rende Dio «vendicatore».

La «genealogia spaziale» del capitolo 10 è una lezione di universalità. Chi trova Israele nella mappa dei popoli? Dio pensa al mondo, alle donne e agli uomini, prima che al suo popolo. Il suo popolo è tutto il mondo in queste genealogie.

Per capire qualcosa della vita e della volontà di Dio occorre guardare e vivere in grande, nell'orizzonte dei secoli (cap. 5) e nell'orizzonte dei popoli (cap. 10).

Dio non si accontenta del nostro orticello, ma è il Dio di tutti i popoli, di tutte le genti.

Israele spesso lo dimenticherà e sequestrerà Dio in mille modi, ma, quando noi lo perimetriamo, Jahvé fugge (Ezechiele 11,22-23).

 

  Preghiera

Signore,

«Tu conti i passi del mio vagabondare» (Sal, 56,9);

O Signore, sei stato il nostro rifugio

di generazione in generazione.

Prima che venisserò alla luce i monti,

prima che nascesse l'universo,

da sempre Tu sei l'unico Dio.

Davanti a Te, Signore, mille anni

sono come il giorno appena trascorso,

equivalgono al turno di una sentinella.

Tu fai tornare l'uomo alla polvere

e gli dici: «Figlio di Adamo: torna alla terra!».

Li spazzi via come un sogno del mattino,

sono come l'erba che germoglia:

al mattino fiorisce e cresce,

a sera avvizzisce e si affloscia.

Siamo bruciati dal fuoco della Tua ira,

tremiamo di spavento per il Tuo furore.

Tu poni le nostre colpe davanti a Te, 

i nostri segreti alla luce del Tuo volto.

I nostri giorni passano nel Tuo sdegno,

i nostri anni fuggono come un sospiro.

La durata della vita è settant'anni,

i più robusti arrivano ad ottanta;

ma per lo più sono fatica ed affanno,

passano presto e noi ci dileguiamo.

Insegnami a contare i nostri giorni,

perché il nostro cuore diventi sapiente.

Volgiti verso di noi, o Signore.

Fino a quando dovremo aspettarTi?

Abbi pietà dei Tuoi servitori.

Riempici del Tuo amore fin dal mattino

e vivremo nella gioia i nostri giorni.

Rendici ora la gioia per lunghi giorni,

quanti furono quelli della nostra afflizione,

gli anni trascorsi tra mille sventure.

Rivela ai Tuoi servi la Tua opera,

manifesta ai loro figli la Tua maestà

e mantieni su di noi il Tuo amore.

Rendi fruttuosa la nostra fatica

e convalida l'operato delle nostre mani (Sal. 90).

 

Signore, nessun «diluvio» fermerà mai la Tua «benedizione»... e il Tuo amore non si consuma, non viene meno, Il salmista ci parla della tua ira e del Tuo furore, ma noi sappiamo che Tu sei un Dio amico e misericordioso, che conosce tutte le strade per venirci incontro. 

(scritto a mano nel 1978, stampato nel 1990. (f.b.))