domenica 9 marzo 2025

Libertà religiosa, un bilancio che allarma

In Itala la macchina della libertà religiosa è ferma, un problema per almeno 4,5 milioni di credenti che si trovano a godere di minori diritti di altri

di Paolo Naso Docente di Scienza politica alla Sapienza Università di Roma

 

Sommersi dagli effetti e dai ragionamenti connessi con il Giubileo, è facile prevedere che nel 2025 si parlerà molto di religione. Il tema della speranza, al centro della bolla con la quale papa Francesco ha indetto questo appuntamento, suona eccezionalmente vivo in un tempo nel quale le ragioni per sperare sono poche.

Non tutta la comunità cristiana si riconosce nella teologia e nella logica dell’Anno Santo che rimanda alla pratica dell’indulgenza e quindi a una delle questioni teologiche all’origine della divisione tra cattolici e protestanti. Tuttavia, il 2025 cade 1700 anni dopo il concilio di Nicea, evento fondante per tutte le comunità cristiane. Tra una frenata e un’accelerazione ecumenica, sarà un anno impegnativo per tutte le Chiese, con la speranza di una voce univoca sui temi della pace, giustizia sociale e cura per il creato.

Se si ragiona di religione, però, si deve considerare anche il tema della libertà di religione e il 17 febbraio, data delle Regie patenti del 1848 con cui re Carlo Alberto concesse i diritti civili ai valdesi (e successivamente agli ebrei), è diventato il momento per riflettere su questi temi. Successivamente, analoghi provvedimenti coinvolsero le comunità ebraiche, avviando un percorso di diritti civili consolidato nella Costituzione che afferma la dignità sociale di tutti i cittadini e la libertà di organizzazione delle confessioni religiose. Da “festa valdese”, il 17 febbraio è divenuta una ricorrenza per gran parte del mondo evangelico e, più recentemente, per quelle componenti della società italiana – laiche e religiose, compresi importanti settori cattolici – che intendono riconoscere e affermare il valore civile e spirituale della libertà di credere, di non credere o di credere in forme non convenzionali. I tradizionali fuochi nelle Valli valdesi il 16 febbraio rappresentano un momento importante per ricordare un passaggio storico per la crescita democratica italiana.

Tempo di celebrazioni, quindi, ma anche di bilanci. La libertà religiosa richiede aggiornamenti e vigilanza continua, ma all’inizio del 2025 la situazione è allarmante. I fondamentalismi islamico, ebraico e cristiano sono più evidenti, così come cresce il nazionalismo religioso e il settarismo confessionale.

 

Le invettive anti-islamiche di Trump e la propaganda anticristiana in alcuni Paesi a maggioranza islamica evocano i fantasmi di quella “guerra di civiltà” mai dichiarata da nessuna parte ma che continua ad arruolare miliziani fanatici e fondamentalisti di ogni risma. E in Europa, il vento di estrema Destra alimenta spinte antisemite e islamofobiche. L’allarme è ignorato per interesse politico, sottovalutando l’estrema gravità del problema.

Anzi, lo si rimuove. È quello che accade relativamente ai riconoscimenti giuridici di varie comunità religiose, ancora costrette a operare in regime di tollerante “ammissione” invece che sulla base di una moderna legge sulla libertà religiosa. Ma non basta. Anche l’applicazione della vetusta norma di epoca fascista sui “culti ammessi” sembra congelata o applicata con una incomprensibile lentezza che non può essere solo burocratica.

Il parere positivo del Consiglio di Stato per l’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii) e la Comunità religiosa islamica (Coreis) non ha smosso il Viminale, che, anzi, per dare chiara evidenza della sua intenzione, ha congelato tutti i tavoli che pure, da oltre vent’anni, facilitavano il dialogo tra le istituzioni e l’Islam nazionale. Le dimissioni in massa di tutti i membri del Consiglio per l’Islam, pur nominato dal ministero dell’Interno, e una specifica interrogazione parlamentare non hanno destato alcuna reazione istituzionale.

La stessa inerzia si registra per il riconoscimento di associazioni sikh ed evangeliche, nonostante pareri favorevoli. E nonostante il 27 gennaio scorso sia stata siglata l’intesa tra la Repubblica Italiana e la Diocesi ortodossa romena d’Italia, resta immobilismo nei confronti delle altre confessioni che hanno presentato formale richiesta. E comunque una rondine non fa primavera. Inoltre le piccole revisioni – peraltro non ancora approvate dal Parlamento – a Intese consolidate non cambiano la sostanza dei fatti: in Italia la macchina della libertà religiosa è ferma. Questo penalizza 4,5 milioni di credenti in Italia, ma soprattutto danneggia la qualità della democrazia italiana. 

16 Febbraio 2025