mercoledì 30 aprile 2025

A CHI ANDREMO?


Chi è degno di salvarsi
in una società tanto crudele
se si denigrano gli uomini
e si maltrattano le donne?

Pochi con le loro leggi
si spartiscono la torta,
mentre i poveri e gli esclusi
vedono svanire il gran banchetto.

Nuovi muri si innalzano
si divide la città
tutti vivono all'ombra
di una gran disuguaglianza.

Chi pagherà il prezzo
della riconciliazione,
se si vende per moneta
qualunque atto di amore?

Il paese diviso
non sa dove andare
ma soltanto risuonano voci
di schiavizzarsi o resistere.

Gesù con la sua proposta
ci viene a salvare
Egli ci dice che la vita
è offerta di unità.

P. Hernán Pérez Etchepare, SSP
Recursos cristianos


Da Un sentiero nella foresta 1980

Gesù e il Regno: il sogno che la Chiesa istituzionale ha tradito

José Carlos Enríquez Díaz

Gesù di Nazareth è vissuto con lo sguardo sempre rivolto al Padre. Tutta la sua vita, le sue parole e le sue azioni nascono da questa relazione intima, fiduciosa e filiale con Dio. Non è stato un semplice leader spirituale, né un semplice riformatore morale: è stato un uomo completamente radicato nel mistero del Padre, che chiamava «Abbà» con una vicinanza che ha sconcertato i suoi contemporanei. La sua visione era radicalmente inclusiva e profetica. Così - come diceva José María Castillo - «il cristiano riflette la sua radicale scelta di senso in Cristo in tutte le espressioni della sua vita, e tutto è permeato dalla fede, che è ciò che trasforma le cose, santificando le attività più profane e rendendole gradite a Dio quando sono vissute come Cristo e da Cristo. Essere cristiano significa essere vicario di Cristo nel mondo, sapendo che la storia della salvezza si compie nel mondo e nella storia secolare, e partendo da una fede che consacra a Dio tutte le realtà della vita».

Gesù di Nazareth non ha fondato una chiesa. Questa è un’affermazione che può sembrare provocatoria, ma è profondamente vera se analizziamo onestamente il messaggio originale del Galileo. Ciò che egli ha annunciato non è stata un’istituzione, né una gerarchia clericale, né una serie di riti o sacramenti amministrati esclusivamente da una classe separata del popolo. Gesù parlava del Regno di Dio, non di una chiesa umana; di comunione con il Padre e di fratellanza tra tutti, non di strutture dominanti. La sua visione era profondamente spirituale e trascendente, con il Padre come riferimento costante e, allo stesso tempo, radicalmente impegnata verso i poveri, i piccoli, gli esclusi. A partire da questa unione con Dio, egli invocava la costruzione di una nuova umanità, non di un sistema di potere religioso.

Tuttavia, a partire dal II secolo e soprattutto con l’impulso imperiale di Costantino nel IV secolo, la figura di Gesù è stata addomesticata, istituzionalizzata, trasformata nell’icona di un potere da lui mai cercato. Ciò che allora è nato è una chiesa gerarchica e verticale, strutturata secondo modelli imperiali e sempre più lontana dal messaggio sovversivo del suo fondatore.

La centralizzazione del potere nelle mani di un’élite clericale ha gradualmente soppiantato i laici, cioè il popolo. In origine le comunità cristiane erano piccole reti fraterne in cui tutti condividevano, tutti parlavano, tutti decidevano. Ma con il passare dei secoli il clero si è appropriato del linguaggio religioso, dei simboli e dell’interpretazione dei testi sacri, fino a trasformare l’esperienza cristiana in qualcosa che si viveva solo «dall’alto», mediato da uomini – quasi sempre uomini – investiti di potere sacro. La distanza tra il messaggio di Gesù e la chiesa edificata nel suo nome è divenuta abissale.

Gesù non è morto per «pagare» i nostri peccati come se il suo sangue fosse una transazione necessaria per placare l’ira di Dio. Si tratta di una lettura teologica elaborata secoli dopo, che ha poco a che vedere con il contesto in cui è vissuto. Gesù è morto come muoiono i profeti: per aver detto la verità, per aver denunciato l’ipocrisia dei potenti, per aver annunciato un mondo diverso. È stato messo a morte dall’Impero romano con il sostegno delle élite religiose, proprio perché la sua proposta sfidava l’intero sistema: politico, economico e anche religioso.

Ciò che lui incarnava era un modo diverso di vivere la spiritualità. Gesù non è stato un sacerdote e non ha parlato di sacerdozi istituzionali. Egli non ha istituito i sacramenti come rituali di esclusione o di controllo spirituale. Ha toccato gli impuri, mangiato con i peccatori, benedetto fuori dal tempio, guarito di sabato. Egli infrangeva costantemente i confini del sacro così come erano intesi dalle autorità religiose del suo tempo. Se tornasse oggi, probabilmente rimarrebbe scioccato – come allora – dalle vesti, dai titoli, dalla distanza tra i ministri e il popolo, dalla burocrazia religiosa che crea ostacoli invece di aprire strade.

La storia della Chiesa è stata anche una storia di appropriazione. Ciò che era iniziato come un movimento comunitario, popolare, profondamente egualitario, è finito per trasformarsi in una struttura piramidale in cui la parola del clero si è imposta sull’esperienza della gente. Il Vangelo ha smesso di essere una notizia viva e ha iniziato a essere recitato come dogma. Le parabole sono state congelate in catechismi. I pasti condivisi si sono trasformati in messe prive ​​di reale partecipazione.

Gesù non ha mai messo a tacere nessuno. La chiesa sì. Nel corso dei secoli molte voci sono state messe a tacere: donne, teologi critici, comunità dissidenti, persone di altre culture, identità e modi di amare. E questo silenzio è stato giustificato con argomenti di «unità», «purezza dottrinale» e «tradizione». Ma in fondo è stata paura di perdere il controllo. Controllo sul pensiero, sui corpi, sull’interpretazione unica del divino.

Non era forse Gesù a dire che lo Spirito soffia dove vuole? Perché allora così tante strutture hanno cercato di imprigionare questo Spirito in norme, codici e gerarchie? Il Galileo parlava liberamente, insegnava sulle strade e sulle spiagge, conversava con le donne samaritane e guariva al di fuori dei riti consentiti. Era un mistico in contatto con la vita, non con le regole.

La Chiesa, così come la conosciamo oggi, ha sviluppato catene che sono diventate troppo pesanti. Catene di potere patriarcale, di istituzioni chiuse, di clericalismo radicato, di liturgie prive di significato vitale. Molte di queste catene non hanno radici bibliche o spirituali: sono costruzioni storiche, frutto di secoli di adattamento al potere, di patti con imperatori, re e dittatori. E la cosa più preoccupante è che, nella sua brama di sopravvivere, la Chiesa ha dimenticato la sua missione profetica e ha perso la sua credibilità.

In definitiva, non è una questione di fede, ma di strutture. Perché la fede continua a vivere in molte persone che hanno lasciato la Chiesa istituzionale ma continuano a cercare Dio, continuano a lottare per il Regno e continuano a credere nel potere trasformante dell’amore. Sono loro la vera comunità dei credenti, anche se non compaiono nei registri parrocchiali né si inginocchiano davanti agli altari.

Oggigiorno, al di fuori delle mura ecclesiastiche, fioriscono numerose comunità cristiane alternative. Sono spazi dove il Vangelo viene letto con occhi nuovi, dove la vita viene celebrata senza esclusioni, dove la dignità di tutti e tutte viene riconosciuta. Queste esperienze non richiedono vescovi, palazzi episcopali o canoni millenari. Ciò di cui hanno bisogno è verità, coerenza, spiritualità incarnata. Gesù sarebbe molto più vicino a queste esperienze che alle grandi cerimonie prive di contenuto.

Il ruolo della donna, ad esempio, è stato sistematicamente relegato per secoli. Come si può giustificare tutto questo alla luce di un Gesù che così spesso ha rotto con l’esclusione femminile del suo tempo? Maria Maddalena è stata una discepola attenta, non una peccatrice redenta come la si è voluta dipingere. Le donne sono state ai piedi della croce quando i discepoli fuggivano. Eppure, ancora oggi molte Chiese negano alle donne il pieno accesso al ministero, alla parola, al processo decisionale. È questa la Chiesa immaginata da Gesù? Chiaramente no.

Né può essere ignorata l’esclusione sistematica delle persone in base al loro orientamento sessuale o alla loro identità di genere. In nome di una male intesa morale, tanti fratelli e sorelle che cercavano semplicemente amore, accompagnamento e significato sono stati feriti. Dove sono la compassione evangelica, l’accettazione e il rispetto per la dignità umana? Gesù non ha mai posto condizioni per amare, né ha chiesto spiegazioni per accogliere. La Chiesa, sì.

Il clericalismo, come forma di potere concentrata in una minoranza investita di autorità sacralizzata, è uno dei maggiori ostacoli alla rinascita del messaggio di Gesù. Lui ha lavato i piedi ai suoi discepoli, un gesto radicale di servizio. Ma oggi in troppi casi i ministri si aspettano di essere serviti, obbediti e perfino venerati. Il simbolo è stato invertito. Ciò che doveva essere dedizione è diventato uno status.

Eppure c’è speranza. La crisi della Chiesa istituzionale può essere terreno fertile affinché germoglino nuove forme di comunità cristiane. Una Chiesa più sinodale, aperta e plurale, dove la voce di ogni persona abbia valore. Dove la spiritualità sia via, non dottrina imposta. Dove il Vangelo ritrovi la sua forza poetica, il suo grido politico, il suo abbraccio umano.

Gesù non sognava basiliche o concili, ma una fratellanza universale. Non pensava al Vaticano, ma a una tavola condivisa dove nessuno sarebbe rimasto escluso. Il suo sguardo era rivolto al Regno, non al potere. Chi oggi vuole seguirlo deve quindi guardare oltre i paramenti liturgici e i titoli ecclesiastici. Deve cercare nella periferia, nei margini, nel grido di coloro che non hanno voce.

Forse il grande tradimento non è stato aver costruito una Chiesa, ma aver dimenticato che il Vangelo non si adatta a nessuna struttura fissa. Che la vera fede si vive nella donazione quotidiana, nell’amore concreto, nella lotta per la giustizia. E questa fede non ha bisogno di mediatori, né di palazzi, né di discorsi magniloquenti. C’è bisogno solo di persone che, come Gesù, camminino liberamente, parlino coraggiosamente e amino incondizionatamente.

Articolo pubblicato il 9 aprile 2025 nel sito «Ataque al poder» (www.ataquealpoder.es).
Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli

UN QUARTIERE PERIFERICO SI SALVA SOLO CON IL MUTUO AIUTO

Domenico CHIRICO*


Durante le vacanze di Natale Roma ha scoperto che avrebbe avuto una zona in cui sarà applicato il decreto Caivano. I fatti sono noti: il decreto prevede diverse misure repressive, incluso il daspo urbano per i minori, accompagnate da opere di presunta riqualificazione urbana, il tutto con l'affidamento di poteri speciali ad un commissario.

Gli esperti dicono che le aggravanti di pene previste dal decreto hanno contribuito nell'ultimo anno a riempire le carceri minorili, che notoriamente stanno esplodendo. Il ruolo del commissario poi esautora in parte i poteri conferiti alle altre autorità competenti. Il decreto Caivano 2 estende questo modello ad altre sette località e la scelta per Roma è andata sulla borgata del Quarticciolo, dove da mesi c'è un'emergenza legata allo spaccio di crac.

Il presidente della Regione ha identificato tra le priorità di intervento lo sgombero del palazzo della ex questura, dove abitano molte persone, di proprietà dell'Ater, l'ente regionale per l'edilizia residenziale (popolare).

Il tutto in linea con l'approccio culturale e politico del ddl sicurezza in discussione al senato che introduce 14 nuovi reati e 7 aggravanti. In una lettura del presente che mira a reprimere il dissenso e la disobbedienza senza avere alcuna cura delle cause o della crisi del welfare.

Nel caso del Quarticciolo sarebbe utile l'intervento delle autorità nazionali se rappresentasse un genuino impegno per le periferie delle nostre città. Ma invece viene in mente Tacito: fecero un deserto e lo chiamarono pace.

Si interviene manu militari senza ascoltare le comunità, senza analizzare i processi sociali, senza fermarsi a guardare quanto di buono ogni quartiere e gruppo di persone sa creare anche nelle condizioni più difficili.

Dovunque nel mondo dalle aree a maggioranza kurda della Siria, ai territori occupati in Palestina, alle favelas di Rio de Janeiro è la presenza di comunità forti coese che fa la differenza. Sono le comunità di persone che sono riuscite a mantenere vivo uno spirito di solidarietà e di convivenza dove ci sono crisi e guerre, o forti reti criminali.

Al Quarticciolo c'è la palestra popolare di pugilato e non solo, con centinaia di giovani che la frequentano, il doposcuola che aiuta i bambini più fragili nei compiti e si raccorda con le scuole del quartiere, una microstamperia, una produzione di birra.

Al Quarticciolo i pugili hanno organizzato le distribuzioni solidali durante il covid aiutando le persone più anziane ad affrontare i momenti più difficili. Queste persone fanno parte di un comitato di quartiere che ha mediato con l'Ater per diverse questioni spinose ed ha aiutato l'inclusione di molte famiglie.
Affronta ogni giorno il mercato della droga e prova a porre una argine ad un fenomeno di cui per le persone del quartiere sono le prime vittime.

Il comitato ha provato a difendere il consultorio, riuscendo a salvarlo dalla chiusura anche se ora è aperto una volta a settimana. Si sta ragionando su una comunità energetica e solidale per aiutare le attività del quartiere.

Il 25 aprile 2024 il comitato ha organizzato una festa popolare a cui hanno partecipato 10.000 persone venute da tutta Roma a celebrare la liberazione.
I bar del quartiere hanno potuto fare incassi importanti perché si è dato priorità a chi il Quarticciolo lo vive e lo anima ogni giorno in modo positivo.

Nel quartiere ci sono anche un teatro e una biblioteca. E recentemente è partito anche un ambulatorio popolare (gratuito) perché e noto che la sanità pubblica non funziona e che la Regione - tanto preoccupata per gli immobili Ater da sgomberare - lo è meno per la salute dei cittadini.

A Roma est mancano i medici di base e i presidi sanitari non sono sufficienti a curare i molti romani che vivono in quel quadrante. Infine al Quarticciolo il comitato dialoga con tutti ed ha trovato il sostegno dell'Università, del Municipio e di diversi donatori pubblici e privati che finanziano questo fitta rete di attività sociali, sportive e culturali.

Qui il governo e la regione decidono di intervenire non per sostenere gli sforzi di questa rete di persone che, a titolo volontario, ogni giorno combatte contro povertà ed emarginazione. Per fortuna la rete solidale che sostiene il quartiere è molto ampia ed il 18 gennaio c'erano migliaia di persone nella piazza del quartiere a sostenere il comitato.

Perché il Quarticciolo è in realtà un "modello", che andrebbe studiato, fatto di persone, mutualismo e solidarietà.
Che resiste strenuamente all'unica emergenza che è quella della crisi del welfare e dell'incapacità di ricostruirne uno che parta dalle comunità.

Nel frattempo va temuto il silenzio e la spettacolarizzazione della violenza e dei fenomeni criminali. Per strumentalizzarli a favore di disegni repressivi che non cambieranno nulla se non distruggere le speranze di quelle decine di persone che da anni si stanno impegnando per cambiare lo stato delle cose, in contesti difficili.

Va temuto che oltre al consultorio, da circa un mese è stata chiusa una delle scuole del quartiere per un caso di legionella e anche questo servizio pubblico è venuto a mancare.

Sembra, come ci diceva un'attivista del quartiere, un piano diabolico.
Una notte durante il covid gli spacciatori avevano preso possesso di una piazza. Più di quaranta persone del comitato scesero per ri-occupore quella, piazza sedendosi lì e passandoci la serata, restituendola al suo uso per la comunità.

Sono le stesse persone che organizzano il torneo di pugilato nelle strade o che hanno gemellato la palestra con esperienze simili nelle favelas di Rio ed a Gaza.
Organizziamo presidi fuori la scuola, l'istituto Ghini ancora chiuso e altri importanti appuntamenti pubblici nella borgata e per la borgata.

* Articolo di Domenico Chirico scritto in collabo razione con Daniele Napolitano da Comune-info. Domenico è esperto di cooperazione internazionale non governativa e di intervento in zone di guerra, oltre che di comunità emarginate come la borgata Quarticciolo e altre periferie urbane.

Da Giorni nonviolenti 2025

LA PREGHIERA

 

Non sono un letterato

né uno scienziato.

Cerco soltanto di essere

un uomo di preghiera.

Senza la preghiera avrei perso la ragione.

Se non ho perso la pace dell’anima,

malgrado le prove,

è perché questa pace viene dalla preghiera.

Si può vivere alcuni giorni senza mangiare,

ma non senza pregare.

La preghiera è la chiave del mattino

ed il chiavistello della sera.

La preghiera è un patto sacro

fra Dio e gli uomini.

 

Gandhi

DEL PAPA HAI SCRITTO MOLTO POCO

 

Vivo dei giorni molto impegnati e quindi mi sono dedicato corpo e cuore ad alcune persone. Di fronte a questa chiesa e allo spettacolo costruito tutto attorno alle esequie del “papa buono” non trovo in me e emozioni particolarmente profonde.

Intanto attorno al cadavere del papa si è trovata tanta buona gente, ma altrettanti politici assassini come quello americano e “compagnia bella” di delinquenti e figuranti di ogni genere che fanno viaggi e voli che il solo vederli fa rabbrividire.

Si tratta di comparse che davvero sarebbe bene fossero scomparse, ma purtroppo per loro è importante solo il comparire per mettere ancora una volta in luce la loro importanza. Bontà ed emozioni vere non hanno, solo violenza e prepotenza. Sono fatti per uccidere e fare affari, gente che la coscienza l’ha distrutta perché per loro ci sono solo gli affari.

I cortei dei potenti dovrebbero dalle chiese essere esclusi e si dovrebbe riscoprire una ritualità vera e semplice che parli di fede ai cuori, non certo questi riti con i grandi da protagonisti.

Voglio pensare più che alle liturgie ipocrite dei potenti presenti, ai problemi che dovremmo affrontare per i meno abbienti che nei prossimi giorni avrò la gioia e la fatica di incontrare di persona, ma certamente, come mi scrive un caro ed egregio giornalista i miei articoli non hanno nemmeno la firma ed è ovvio che è un modo di mettermi da parte perché la firma è necessaria dopo ogni articolo.

In ogni caso è un modo per dire a chi legge che Franco Barbero e molto desideroso di arrivare alla morte. Fino a quel giorno continuerò nei limiti delle forze (vado verso gli 87) sia il blog, sia i gruppi, sia gli ascolti.

Nei prossimi giorni inizieremo a parlare del Conclave e forse il discorso sarà più concreto ma deludente: non si tratta di Vangelo, ma di potere che si dice garante della verità.

In realtà nascosto da discorsi, preghiere, liturgie il Conclave è già in pieno svolgimento perché la lotta per la “vittoria” è già partita da un bel po'. Scritto oggi 24 aprile nel mattino.

Franco Barbero

 

“Lo Spirito di Dio lascia Libertà?

Piuttosto direi che sta fuori dal Conclave e si occupa d'altro."

 Georges I. GURDJIEFF

«Gli insegnamenti del filosofo mistico russo propongono una nuova via per giungere alla conoscenza di sè». da la Repubblica

 

«Gurdjieff è stato il più greco dei filosofi del XX secolo, un Socrate contemporaneo che ha creato una scuola in grado di scuotere profondamente l’essere umano» Rai Cultura

 

 

Filosofo, scrittore, mistico, esoterista, commpositore, musicista, maestro di danze, Georges I. Gurdjieff nacque nella seconda metà dell'Ottocento alla frontiera tra l'Impero russo e quello ottomano, e iniziò sin da giovane a interrogarsi su sé stesso e a cercare uomini capaci di illuminarlo. Per vent'anni percorse l'Asia centrale e il Medio Oriente per risalire alle vive fonti di una conoscenza nascosta e, poco prima dello scoppio della Grande Guerra, riapparve a Mosca dove radunò attorno a sé i primi allievi. Il suo lavoro proseguì durante la Rivoluzione: coi suoi discepoli si stabilì dapprima a Essentuki, nel Caucaso, per poi spostarsi a Tiflis (l'odierna Tbilisi), Costantinopoli, Berlino, Londra e infine in Francia nel castello di Prieuré, vicino a Fontainebleau, dove stabilì il suo Istituto per lo sviluppo armonico dell'Uomo.

Le testimonianze qui raccolte sì riferiscono ad alcune delle riunioni che si tenevano di sera attorno a Gurdjieff, il quale non permetteva che i suoi allievi prendessero appunti, motivo per cui questi testi non ne sono la trascrizione diretta. Tuttavia, per quanto incompleti, questi appunti sono stati riconosciuti come fedeli alla parola del maestro da coloro che hanno assistito alle riunioni. Parola che, malgrado l'apparente semplicità, ha sempre avuto la virtù di risvegliare chi accoglieva l'essenziale, aprendo il varco verso un mondo «più reale».

BEATBESTSELLER  NERI POZZA  Rai Cultura 

 

 

AFORISMI (Da uno scritto appeso alle pareti della Study House al Prieuré)

Parole di questo Autore ai suoi allievi 1917 - 1991

 

1. Ama quello che “non ti piace”.

2. La più grande conquista per un uomo è quella di essere capace di fare.

3. Più sono difficili le condizioni di vita, più sono buoni i risultati del lavoro, sempre ammesso che ti ricordi il lavoro.

4. Ricorda te stesso sempre e ovunque.

5. Ricordati che sei venuto qui perché hai capito la necessità di lottare contro te stesso - soltanto contro te stesso. Sii grato dunque a tutti coloro che te ne forniscono l'occasione.

6. Qui noi possiamo’ soltanto dare una direzione e creare alcune condizioni, ma non aiutare.

7. Sappi che questa casa può essere utile solo a coloro che hanno riconosciuto la propria nullità e credono nella possibilità di cambiare.

8. Se già sai che è male, e lo fai ugualmente, commetti un peccato cui è difficile rimediare.

9. Il sistema migliore per essere felici in questa vita consiste nella capacità di considerare esteriormente sempre, e irteriormente mai.

10. Non apprezzare l’arte col sentimento.

11. Il vero-indizio di un uomo buono è che ama suo padre e sua madre.

12. Giudica gli altri in base a te stesso, e raramente ti sbaglierai.

13. Aiuta soltanto chi non è ozioso.

14. Rispetta ogni religione.

15. Io amo chi ama il lavoro.

16. Noi possiamo soltanto sforzarci di diventare capaci di essere cristiani.

17. Non giudicare un uomo dalle parole altrui.

18. Tieni conto di ciò che la gente pensa di te, e non di ciò che dice.

19. Prendi la comprensione dell’Oriente e la scienza dell'Occidente, e poi cerca.

20. Soltanto chi può vegliare sul bene degli altri meriterà il proprio bene.

21. Salo la sofferenza cosciente; ha significato.

22. È meglio essere temporaneamente egoista che non essere mai giusto.

23. Se vuoi imparare ad amare, comincia con gli animali, perché sono più sensibili.

24. Insegnando agli altri, imparerai tu stesso.

25. Tieni presente che qui il lavoro non è fine a se stesso; ma è solo un mezzo.

26. Può essere giusto soltanto colui che sa mettersi al posto degli altri.

27. Se non sei dotato di uno spirito critico, la tua presenza qui è inutile.

28. Chi si è liberato dalla malattia del "domani'. ha qualche speranza di trovare ciò che è venuto a cercare qui.

29. Beato colui che ha un'anima. Beato chi non l’ha. Ma sventura e dolore per chi ne ha solo l’embrione.

30. Il riposo non dipende dalla quantità, ma dalla qualità del sonno.

31. Dormi poco senza rimpiantl.

32. L'energia spesa nel lavoro interiore attivo si trasforma immediatamente in una nuova riserva, ma quella spesa nel lavoro passivo è perduta per sempre.

33. Uno dei mezzi migliori per risvegliare il desiderio di lavorare su di sé è quello di rendersi conto che si può morire da un momento all’altro. Ma bisogna imparare a non dimenticarselo.

34. L'amore cosciente risveglia l’amore cosciente.

L'amore emozionale evoca l’o

L'amore fisico dipende dal tipo e dalla polarità.

35. La fede cosciente è libertà.

La fede emozionale è schiavitù.

La fede meccanica è stupidità.

36. La speranza incrollabile è forza.

La speranza piena di dubbi è vigliaccheria.

La speranza piena di paura è debolezza.

37. All'uomo è concesso un numero limitato di esperienze: risparmiandole, l'uomo si prolunga la vita.

38. Qui non ci sono né russi, né inglesi, né ebrei, né cristiani, ma soltanto uomini che perseguono un solo scopo: diventare capaci di essere.