venerdì 25 aprile 2025

Il guaio di vedere troppo

 

Passando vide un uomo cieco dalla nascita [...] Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?» Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mose! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli acchi, Ora, noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non s'è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo? ». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: «lo sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?», Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane» (Giovanni 9, 1-41).

 

Questo passo evangelico del cieco nato sprigiona movimento e senso da “tutti i pori”. Ci troviamo in presenza di una pagina letterariamente “drammatica”, costruita con arte davvero raffinata. Leggendo si rimane coinvolti in questo intreccio in cui compaiono sul “palcoscenico” personaggi, tensioni, ostilità, squarci di luci e di ombre, parole di saggezza. Tutto converge e ruota attorno all’incontro di questo “cieco fin dalla nascita” con Gesù. Tutto lo scritto è percorso da un fiume di emozioni e di sentimenti.

 

I mille significati

Il messaggio si sbriciola in mille rigagnoli senza disperdersi. Molti studiosi hanno visto in questa pagina un “racconto battesimale” delle origini cristiane: l’adulto/a che nella notte di pasqua, dopo lunga preparazione, compiva la scelta di entrare nella strada di Gesù ricevendo il battesimo, era come il cieco che finalmente acquistava la vista. Dio, attraverso Gesù e la sua parola, dona la possibilità di entrare in una prospettiva di vita totalmente diversa.

Altri studiosi si soffermano sul fatto che, se davvero incontriamo Gesù in profondità, nessuna “cecità” è inguaribile. Occorre però che l’incontro sia vero e sincero e che ci si lasci “guarire” gli occhi con la saliva, cioè ci si lasci toccare nelle cecità che ci fanno comodo. Altri studiosi ancora sottolineano che tutta la vita cristiana è un cammino in cui dobbiamo lottare contro le insorgenti cecità e che sono necessari tempo e perseveranza per “vedere” e assaporare quale dono Dio ci ha fatto nella persona di Gesù. Solo alla fine del racconto il cieco riconosce davvero chi è Gesù per lui.

 

Coloro che vedono....

Ma io, che apprezzo moltissimo tutta questa risonanza evangelica del testo, sono particolarmente colpito dagli ultimi tre versetti. Il testo greco del versetto 39 è difficile da tradurre con una sola parola. “Io sono venuto per fare un giudizio, per rendere evidente una differenza... perché quelli che non vedono vedano e coloro che vedono diventino ciechi”.

Gesù tocca un tasto scottante: c'è sempre nella storia delle nostre tradizioni religiose chi crede di vedere, di sapere tutto, e distribuisce o ritira a suo piacimento la patente di cristiano agli altri.

Mi fanno paura quei cristiani che dicono e scrivono perentoriamente di un altro: “tu non sei nel giusto " oppure “tu sei fuori dalla fede cristiana e dalla chiesa”.

Sono persone che tagliano la verità come un pezzo di formaggio: loro hanno il coltello infallibile e vedono tutto con idee chiare e distinte. Sanno chi è dentro e chi è fuori dalla chiesa, in base a quali dogmi c’è la fede e in base a quali formulazioni si è nell’eresia.

 

Uno strano ufficio “patenti”

La storia delle chiese cristiane è piena di queste persone che hanno in tasca persino la fotografia di Dio in triplice copia, che sanno con quali parole la fede va detta in tutto il mondo...  Che altri credenti possano esprimere la loro identica fede con parole è interpretazioni diverse è un pensiero estraneo alla loro cultura. Sotto un certo aspetto sono persone invidiabili perché vivono al riparo da quella fatica storica quotidiana in cui siamo immersi noi comuni mortali che ogni giorno, privi di queste mappe infallibili, dobbiamo pregare, studiare, confrontarci per cercare di capire come “approssimarci” nel parlare di quel Dio che adoriamo e in cui riponiamo fiducia. Il terreno da cui nasce lo spirito di scomunica è questa certezza (o presunzione) che qualcuno possegga la “cassetta delle verità”. Quando il nostro vedere si traduce in eccesso di luce, ne rimaniamo abbagliati. Quando identifichiamo le nostre idee teologiche con la verità di Dio e ci sediamo sul trono a distribuire patenti... ci mettiamo in una posizione che non può essere la nostra. E' meglio scendere di qualche gradino.

Anch'io talvolta sono incorso in questa deviazione e oggi sto imparando che la ricerca della verità, sempre parziale e precaria, ha bisogno di nutrirsi di umiltà e che Dio è ancora altro, molto altro, molto molto molto altro dai nostri pensieri.

 

Telefonate urbane ovvero Dio in diretta

Eppure non siamo privi di orizzonte. Dio è l’amore che ci avvolge tutti e, se ci affidiamo a Lui nella esistenza quotidiana, se cerchiamo di percorrere il sentiero di Gesù nell’amore e nella giustizia, i nostri occhi, possono illuminarsi. Ma ... la telefonata diretta con Dio (che è una ritornante tentazione di noi credenti) non esiste per nessuno. Mi piace tanto terminare questa riflessione con una “barzelletta teologica” che Elena Loewenthal riporta nel suo libro “Un'aringa in paradiso " (Baldini-Castoldi, pag. 99). Eltsin è in visita negli Stati Uniti. Sulla scrivania del presidente, presso la Casa Bianca, campeggia un telefono in oro, che stuzzica la sua curiosità.    “E’ la linea diretta con Dio”, lo illumina pacifico il presidente Clinton.    “Posso chiamarlo?”, domanda allora Eltsin fra l'intimorito e lo speranzoso. “Prego.” Eltsin parla con Dio per una mezz’oretta. Alla fine chiede il conto: centomila dollari. La somma lo lascia sbigottito, ma paga senza fiatare.

Qualche giorno dopo completa il suo viaggio ufficiale passando per lo stato di Israele. Eccolo nella stanza del primo ministro. Anche qui spicca sulla scrivania presidenziale un telefono in oro dello stesso modello. “E’ la linea diretta con Dio, vero?”, domanda ricevendo pronta conferma. “Posso approfittare?”. “Prego”, dice il primo ministro. Eltsin parla a lungo con Dio. Dopo due ore circa attacca e chiede educatamente quanto deve. “Cinquanta centesimi”, risponde il suo collega israeliano. “Cinquanta centesimi?!" esclama sbigottito il russo, “ma se per molto meno tempo in America ho speso un'infinità!". “Logico”, risponde il primo ministro, “qui è una chiamata urbana!”.  C’è addirittura chi pensa di abitare sullo stesso pianerottolo di Dio. E se fossimo, qualche volta, noi cristiani? E c'è chi pensa di essere il proprietario della ‘casa del Padre’....

Franco Barbero