"Lettera n. 38" di Anna Soupa (in libera traduzione)
Pasqua… e la vita ricomincia!
Con la Domenica delle Palme, il prossimo 13 aprile, entriamo nella “Grande Settimana”, scandita dal Triduo pasquale, giovedì, venerdì e sabato prossimi, tre giorni durante i quali potremo rivivere i grandi momenti della Passione.
Iniziano con l'arresto di Gesù nell'Orto degli Ulivi, il suo processo, la sua crocifissione e la sua sepoltura, poi quella che i Padri chiamavano la sua "discesa agli inferi", in questo giorno così strano del Sabato Santo, un giorno di silenzio e di vuoto liturgico. Questi giorni di preparazione, di apertura del cuore, condurranno alla Veglia pasquale, quella notte eccezionale "in cui Cristo spezza i legami della morte", quella notte "in cui cielo e terra si incontrano e l'uomo e Dio si uniscono", come canta il trionfale *Exultet* che apre la celebrazione.
Infine, la domenica di Pasqua stessa offrirà a coloro che non hanno potuto partecipare alla veglia l'opportunità di celebrare in pieno giorno, in una natura che rinverdisce e rifiorisce, la vittoria della vita. Poi attraverseremo l'Ottava di Pasqua, settimana in cui ricordiamo che la Buona Novella viene da testimoni, trasmessi dagli evangelisti, nei quali siamo invitati a confidare, perché la Risurrezione non è una questione di prova, ma di fiducia. Quest'anno la Pasqua cade lo stesso giorno sia nella Chiesa cattolica che in quella ortodossa. La differenza nelle date della Pasqua è un prodotto della storia. Le comunità orientali - e quindi il mondo ortodosso - tendevano a seguire un calendario cosiddetto "giuliano" e Roma, a partire dal XVI secolo, un calendario "gregoriano". Il primo si basa sui mesi lunari, come i calendari ebraici, il secondo sui mesi solari. Questa felice coincidenza contribuisce a convincerci che stiamo davvero celebrando il centro della nostra fede comune, poiché verrà raggiunta l'unanimità delle tre confessioni, con i protestanti che seguiranno in questa data la data cattolica. Ma al di là di questa particolarità, che è tutto sommato occasionale, il cuore del mio messaggio è quello di ricordarci a vicenda quanto questa festa sia centrale per un cristiano. Non che sia triste e doloroso, anche se venerdì l'immensa folla di coloro che sono periti a causa della violenza, dell'ingiustizia e dell'esclusione sarà associata alla morte di Cristo, ma celebra una vittoria, quella di Cristo sul male e sulla morte. Per capirlo, dobbiamo fare un piccolo passo indietro nella Bibbia. Se la più grande festività cristiana si chiama "Pasqua", è in riferimento alla Pasqua ebraica, *Pessah*, parola che significa *passaggio*. E questo la dice lunga… Ricorda che Dio *passò* in Egitto per risparmiare le case degli Israeliti mentre colpiva gli Egiziani (Esodo 12). Afferma inoltre che gli Ebrei oppressi, guidati da Mosè, *attraversarono* il fiume e raggiunsero la libertà. Se gli Ebrei *passarono*, ogni lettore della Bibbia può scoprire di essere anch'egli un *passante*, chiamato a liberarsi dalle sue dipendenze per diventare libero. Che egli è un essere di *passaggio*, in perpetuo movimento, dalla casa di servitù, l'Egitto, alla Terra Promessa. Anche lui è invitato a camminare nel deserto, luogo di prove in cui si vaga, a volte per lungo tempo, ma anche luogo di incontro con Colui che dà la vita, il Signore. Gesù, condannato e crocifisso nel momento stesso della Pasqua ebraica, induce gli evangelisti a pensare che la sua morte, il suo *passaggio* verso il Padre, è una Pasqua del tutto inedita poiché *passa* dalla morte alla vita, verso una Terra Promessa che è in Dio*.
Così la Passione di Gesù diventa una festa, la più grande festa cristiana: la «Pasqua». In passato ho cercato di scoprire perché il nome abbia acquisito una piccola "s" nel passaggio dal mondo ebraico a quello cristiano, ma non ho mai trovato una spiegazione convincente. Se la Pasqua è la festa delle feste è perché ci fa ripercorrere tutti questi *passaggi* successivi. Davanti alla croce ci interroghiamo ripetutamente sul significato che essa racchiude.
Da un semplice punto di vista etico, i suoi insegnamenti sono di notevole ricchezza. Gesù impartisce almeno quattro insegnamenti.
1. Non esiste una società sostenibile senza donazioni. Donare favorisce la vita sociale, altrimenti è guerra.
2. Gesù rifiuta il potere di coloro che lo hanno messo a morte e sostiene il servizio da lui dimostrato durante tutto il suo ministero.
3. Accettando una morte infame e immeritata, Gesù prende il posto dell'emarginato, dell'ultimo degli esseri umani. Così facendo, egli rifiuta il principio stesso di qualsiasi esclusione, aprendo la strada a una vera riconciliazione di tutta l'umanità.
4. Infine, accettando una punizione ingiusta e immeritata, cioè prendendo su di sé il male, compie l'atto più fraterno possibile.