lunedì 28 aprile 2025

CONCILIUM 5/2024 pag 190

Rivista internazionale di teologia

La danza come arte di resistenza e preghiera Editrice Queriniana, Brescia, € 17.00.

 

Non posso in poche righe riassumere questo piccolo gioiello teologico di Concilium in cui si riflette teologicamente su “La danza come arte di resistenza e come preghiera”.

La danza non segue un codice universale. I vari gruppi nelle diverse culture possono svolgere un'ampia gamma di funzioni diverse, come espressione e realizzazione di identità, ricordo, meditazione, esperienza spirituale, cerimonia, celebrazione, esercizio fisico, seduzione… passando dallo spettacolo, al gioco, al teatro e al piacere di vivere e tutte queste cose insieme.

 

“Con queste diverse funzioni, la danza è strettamente legata alla sfera religiosa, può essere uno spazio di esperienza religiosa e una fonte di riflessione teologica. Non sorprende che la danza svolga un ruolo importante nei rituali religiosi, con i danzatori che talvolta interpretano il ruolo di esseri divini o accedono alla sfera spirituale attraverso i loro movimenti.

Nel cristianesimo occidentale, tuttavia, la danza è stata a lungo considerata con sospetto a causa dei suoi legami con quelle che erano considerate forme pagane di religione e a causa della sua associazione con altre forme di intrattenimento considerate problematiche. La dipendenza della danza dall'espressione corporea e dalla materialità e la stretta associazione del corpo con la (pericolosa) sensualità e la femminilità hanno inoltre contribuito alla marginalizzazione della danza nella pratica e nella teologia cristiana. Con poche eccezioni, il giudizio di Giovanni Crisostomo «Dove c'è la danza c'è il diavolo» ha plasmato gran parte delle risposte cristiane alla danza nel corso dei secoli. Il legame della danza con la religione non è però andato del tutto perduto, anche se la danza è fiorita per lo più al di fuori della sfera strettamente religiosa: la celebrazione delle feste religiose attraverso la danza che ISTAVÁN CSONTA ricorda nella sua discussione sul ruolo della danza popolare per l'identità della minoranza ungherese in Romania è un promemoria della relazione di lunga data tra danza e religione.

Tuttavia, come nota Tatiana SCHNUTGEN nel suo contributo incentrato sulla danza di protesta di One Billion Rising contro la violenza sulle donne, è solo nel ventesimo secolo che la dimensione spirituale della danza viene riscoperta in Occidente, nel movimento di danza moderna ispirato da Isidora Duncan e altri per poi farsi nuovamente strada anche nella pratica liturgica e nella riflessione teologica. Questa rinnovata consapevolezza, relativamente recente, del ricco e sfaccettato potenziale spirituale teologico della danza in Occidente, di cui fa parte il contributo di Riyako Cecilia HIKOTA che discute i riferimenti di Tommaso d'Aquino al gioco insieme alla teologia del gioco e della danza di Hugo Rahner, è contrastata dal modo in cui nelle tradizioni indigene la danza è sempre stata praticata con la consapevolezza delle sue dimensioni spirituali come parte del loro approccio olistico al mondo, come descritto, ad esempio, nella panoramica e nella riflessione teologica di Lucia Pedrosa Pàdua sulle diverse forme e funzioni della danza nelle comunità indigene dell'Amazzonia.

In questo numero proponiamo di concentrarci specificamente sulla danza come arte di resistenza: un'espressione ed esperienza di resistenza resilienza sia estetica che pratica in cui le risorse culturali, religiose spirituali si fondono per contrastare le strutture oppressive e incarnate nella danza altre possibilità di vita fiorente, di giustizia e di relazioni eque. Come arte di resistenza, il fenomeno multisensoriale multimediale della danza come movimento dinamico nel tempo e nello spazio è particolarmente adatto a superare i binari che favoriscono l'oppressione e l'ingiustizia, come corpo contro mente, fisico contro spirituale, individuale contro collettivo, cultura contro religione, maschile contro femminile, noi contro loro.

Come dimostrarono i contributi di Schnütgen e Csonta e la discussione di Carl Petter Opsahl sulla break dance come forma di resistenza all'ingiustizia sociale e come opportunità di vita al di là delle povertà e della criminalità che caratterizzano i contesti di molti Breakers, la danza ha un solo visualizza simbolicamente ma realizza la resistenza e crea un'istanza di vita buona.

Cari fratelli e sorelle scopriamo e pratichiamo la danza. Io la raccomando in certe liturgie: è un salto verso il Cielo, un salto verso Dio per dirgli il nostro grazie per le energie che la danza evidenzia ed esprime a Dio la gioia che ci fa guardare il cielo, simbolo della Sua dimora.

E poi a uno come me al quale piace baciare ed abbracciare, qualche volta dopo “anni di terra piatta”, sogno il giorno in cui volerò nella “casa di Dio” e troverò mille amici e Fiorentina."

Che balzo, che bello,

Franco Barbero

 

Per tanti uomini e donne, per aspetti fisici e sofferenze interiori, il canto di gioia e la danza sono quasi o totalmente impossibili possono vedere con gioia, attraverso la nostra narrazione, la danza e provarne una visione di gioia ed una emozione.

 

Franco Barbero 10 aprile '25

Leggete e troverete tante cose belle e liete.