Non rimarrà pietra su pietra
Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?». Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e: “Il tempo è prossimo”; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine». Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime (Luca 21, 5-19).
Fiducia in Dio
Questo brano non ci presenta un Gesù indovino che prevede la distruzione del tempio di Gerusalemme e fornisce in anticipo ai suoi discepoli e alle sue discepole l'elenco preciso delle difficoltà cui andranno incontro nel futuro. Ovviamente Gesù, nei giorni della sua “vita comune” con i discepoli aveva certamente fatto loro toccare con mano quanta opposizione incontrasse il suo messaggio. E la sua condanna a morte evidenzia questa realtà in modo chiarissimo.
Quando, oltre cinquant’anni dopo la morte e risurrezione di Gesù venne redatto il Vangelo di Luca, la comunità aveva già alle spalle la distruzione del tempio da parte delle truppe romane. Tutto fu raso al suolo: uno spettacolo di infinita desolazione. La caduta di Gerusalemme, con la distruzione del tempio, sembrò la fine del mondo per tutti i giudei, cristiani compresi. Anche se la visione di un movimento di Gesù fatto di martiri accerchiati da continue vessazioni e truculente persecuzioni appartiene all’apologetica più che alla storia, è innegabile che i discepoli del nazareno non avessero vita facile quando Luca scriveva il vangelo. Stanchezze, defezioni, tensioni interne ai vari giudaismi, rapporti difficili con le sinagoghe erano all’ordine del giorno.
I due versetti conclusivi di questa pagina evangelica rivestono, dunque, un'importanza straordinaria.
Luca, mentre tutto crolla, usa un’immagine di rara efficacia: “Neppure un capello del vostro capo andrà perduto”. Solo chi nutre una straordinaria fiducia in Dio può compiere un’affermazione di questo genere.
Ma “fiducia in Dio” diventa parola comoda, ambigua, vuota se non è unita alla nostra responsabilità, al richiamo fermo al “fare la nostra parte”. Ecco perché Luca non lascia spazio a chi intende la fiducia in Dio come un comodo guanciale su cui dormire tranquilli... tanto fa tutto Lui: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre vite”. Non c'è fiducia in Dio che ci dispensi dal fare la nostra parte.
Il complesso della persecuzione
Ma questo passo del Vangelo di Luca mi ha rimandato a recenti vicende italiane ed europee e a “pagine storiche” di altri secoli.
Come chiese cristiane e spesso anche come singoli cristiani ci siamo dichiarati perseguitati, discriminati, vittime di una congiura laicista. Ogni volta che ci ricordano che i nostri privilegi sono iniqui, noi invochiamo i nostri diritti. Le gerarchie delle chiese cristiane, abituate da secoli a mungere lo stato come fosse una mucca grassa, quando vedono scomparire un privilegio o un finanziamento gridano al lupo. Lo stato laico che assicura libertà ad ogni religione, ma nega di privilegiarne una, diventa un nemico, schiavo di una cultura “laicista” ed irreligiosa.
Tutto questo sarebbe persino umoristico, se non avesse il sapore amaro di una grave ed interessata “smemoratezza storica”.
Le istituzioni cristiane ufficiali, e cattoliche in particolare, sono andate per secoli a caccia di privilegi e di potere e hanno portato nel mondo uno spirito ed una pratica di persecuzione e di crociata difficilmente superabili.
Come fa a gridare di essere perseguitata ed emarginata un'istituzione che ogni giorno mette alla porta preti scomodi, teologi e teologhe dissenzienti, separati/e e divorziati/e, gay e lesbiche credenti...?
Come fa a sentirsi emarginata una religione che ogni giorno occupa il video e... tra santi, madonne, miracoli, apparizioni, sindoni, viaggi papali, messe e celebrazioni varie, ha uno spazio mediatico quasi immenso? E' certamente vero che anche molti cristiani/e hanno nei secoli subito emarginazioni e persecuzioni “a causa del vangelo”, ma molto più spesso le “persecuzioni” sono venute in nome di un'ortodossia che voleva sconfiggere l’eresia o come conseguenza di una mentalità di concorrenza religiosa. I fondamentalismi di casa nostra non hanno nulla da invidiare ad altri fondamentalismi.
Non rimarrà pietra su pietra
Dietro la “profezia” della distruzione del tempio (quella che viene tecnicamente chiamata profezia post eventum, cioè scritta nel futuro, dopo che i fatti si sono già avverati), c'è la critica radicale di Gesù al “sistema del tempio”. Gesù non era affatto contrario al culto del tempio e i suoi seguaci per decenni frequentarono il tempio per pregare. Ma il nazareno, come ogni altro profeta (Isaia 1, Geremia 7, ...), si scaglia contro il formalismo cultuale o contro l’uso del tempio come garanzia di salvezza. Quando il tempio, cioè l’istituzione religiosa, si erige a sistema e presume di vestirsi dei panni divini, allora è giunto il momento di rifiutare l'idolo.
Penso con tristezza alla nostra chiesa come istituzione sacra. Molte donne e molti uomini finalmente si sentono chiesa ma in modo diverso. Non accettano più una “chiesa sistema” che presume di parlare in nome di Dio, di avere a sua disposizione la rubinetteria della salvezza, di possedere le chiavi per aprire e chiudere ogni porta e sciogliere ogni enigma, che disegna con impressionante precisione le mappe del bene e del male. Questo è l’idolo religioso che purtroppo imprigiona ancora molte persone di buona volontà.
Il fatto che in questo “tempio-chiesa” le pietre cadano una dopo l’altra e l’edificio-sistema, per quanto finanziato e difeso, mostri le crepe, davvero potrebbe essere un grande dono di Dio. Temo purtroppo che il sostegno dei potenti e la “bellezza seduttiva delle pietre” ritardino ancora il crollo liberatore. Non serve indugiare nostalgici ricordando quei secoli di “cristianità” in cui il “‘tempio-sistema” governava il mondo...
Non serve neppure consumare tutte le energie a lottare contro il tempio-sistema. Forse è ben più importante e urgente lavorare perché nasca una chiesa altra anche da quelle “pietre” che, non più disposte come edificio piramidale, possono diventare “pietre vive” di una nuova comunità.
Dio fa cose e case nuove
Nessuna paura del crollo del tempio: “Dio può far nascere da queste pietre dei figli di Abramo” (Lc 3, 8), ma anche nessuna illusione di immediatezza.
Trent'anni fa scrissi un ingenuo sogno teologico che ora giace nella mia cantina tra le centinaia di libri accatastati. Il papa aveva radunato i cardinali annunciando la decisione di prendere casa nel popolare quartiere romano della Magliana e chiedeva loro di andare a fare i viceparroci nelle chiese romane di periferia .... Il vaticano veniva ristrutturato per farne un centro a servizio dei meno fortunati di Roma. La notizia destò tale impressione in vaticano che la “giunta cardinalizia” allora al potere depose il papa e lo sostituì con il capo del golpe vaticano. Ma... ci fu in vaticano un tale terremoto che del nuovo papa non sì trovò più traccia... Oggi il mio sogno è altro. Infatti penso che, archiviata l’illusione di un papa-profeta, occorra lavorare dal basso con gioia e perseveranza e costruire fiduciosamente gruppi, comunità di base, parrocchie, movimenti... in cui risuoni di nuovo la freschezza del Vangelo fuori dalle prigionie del potere è dalle gabbie dei dogmi sacri ed immutabili, senza demonizzare nessuno, ma anche senza chiedere non necessarie legittimazioni gerarchiche.
don Franco Barbero