venerdì 23 maggio 2025

Sui sentieri dell'Esodo: da Viottoli

 

Le donne realizzano il sogno di Jahvé (Esodo 1-2)

 

Il 1° capitolo dell’Esodo fa da ponte tra il ciclo dei Patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe, che si conclude con la morte di Giuseppe) e il ciclo di Mosé, che inizia  con il 2° capitolo.

Qui veniamo a sapere che il popolo degli israeliti sì era fortemente moltiplicato. Il faraone è spaventato da questa crescita e, secondo la sua logica militare, ordina di uccidere i neonati maschi, perché potenziali nemici in futuro. Ma il faraone non vuole sporcarsi troppo le mani e neanche vuole che i suoi soldati uccidano direttamente i maschi neonati, per non rischiare un’insurrezione. E allora?

Ecco, le donne: chi sospetterchbe mai di due donne levatrici? Perché non incastrarle nei ranghi del potere maschile, facendo sì che quel potere sembri innocente? Come avrebbero potuto ribellarsi le madri, se erano delle donne stesse ad uccidere i bambini? Come riuscire a spezzare quella solidarietà tra donne, mettendole l’una contro l’altra? Troviamo qui un ritratto quasi perfetto del ruolo delle donne negli schemi di chi detiene il potere. Chi tramanda la tradizione della sottomissione della donna al potere maschile, insegnando alle donne ad assecondare gli uomini, senza mai contrastarli?

Le donne. Di madre in figlia, di generazione in generazione. Così si perpetua il patriarcato e così il faraone pensa di arruolare Sifra e Pua nei suoi progetti mortiferi. E' dunque una trama di potere, di violenza e di morte e sembra ormai che la situazione stia precipitando.

Chi oserà resistere a questo strapotere?

Paradossalmente le prime che osano opporsi con forza, ma senza violenza, sono proprio delle donne che, muovendosi al di fuori della presenza maschile, rendono possibile la sopravvivenza e la crescita del personaggio centrale del racconto dell’Esodo. Prima le due levatrici, di cui sappiamo il nome, Sifra è Pua. Esse non si piegano all’ordine del faraone. Non gli riconoscono il potere sulla vita e sulla morte che invece riconoscono a Jahvè. Scelgono la strada della disobbedienza per la vita, anziché quella dell’obbedienza per la morte.

Poi la madre e la sorella di Mosè e infine la figlia del faraone: di queste ultime donne non viene neppure riportato il nome, ma soltanto il loro ruolo.

Phyllis Trible, teologa americana, osserva che, se il faraone avesse potuto prevedere l’efficacia dell’opposizione femminile, avrebbe certamente ordinato di uccidere piuttosto le figlie degli ebrei!

Non mi ero accorta di queste donne in passato, spesso erano ignorate da chi leggeva e commentava l’Esodo perché si presentava subito il vero protagonista condottiero, il mediatore: Mosè. Eppure l’azione queste, donne ha influito attivamente sul destino del popolo di Israele. Hanno saputo prendere decisioni e agire con coraggio, seguendo il loro cuore. Anche la figlia del faraone, “mossa a compassione”, non esegue gli ordini del padre: la compassione che si prova quando ci si prende cura di una creatura indifesa, minacciata di morte. Senza compassione si strappano i neonati dalle braccia delle loro madri per gettarli nel Nilo, oppure si bombardano popolazioni inermi o si impedisce l’accesso al cibo e all’acqua a intere nazioni, pur di non perde i propri privilegi.

Io credo di avere molto da imparare dalla testimonianza di queste donne.

Con l’accoglienza e senza troppe parole, ma agendo con astuzia, intelligenza e passione e soprattutto aiutandosi a vicenda, esse riescono a realizzare un sogno. E’ il sogno di Jahvé, che dona e ama la vita, che non può, secondo me, accettare l’arroganza e la violenza. Ed è il sogno di tante persone che, senza apparire né sui giornali né sui libri di storia, agiscono con la pratica politica della quotidianità, che costruisce anziché distruggere, che basa sulla relazione anziché sulla sopraffazione, che non si piega alla logica della guerra come soluzione ai conflitti, che cerca soluzioni per l’accoglienza degli immigrati è che si impegna per la giustizia.

 Carla Galetto