Il cuore
Il cuore, secondo la tradizione ascetica dell’oriente cristiano, costituisce il centro più centrale dell’uomo, la sua più profonda profondità. È nel cuore che devono armonizzarsi e unificarsi tutte le sue facoltà, perché tutte le facoltà dell’uomo devono partecipare alla cono scenza. È là che può aprirsi, dopo una lunga ascesi di purificazione, quel cielo interiore più vasto degli spazi cosmici perché la trascendenza lo riempie con il suo irradiamento.
Il paese spirituale dell’uomo dal cuore purificato si trova dentro di lui. Il sole che in lui risplende è la luce della santa Trinità ... Egli si meraviglia della bellezza che vede in sé, cento volte più luminosa dello splendore del sole. Là è il regno di Dio nascosto dentro di noi, secondo la parola del Signore (Lc 17,21).
Il cuore profondo appare così come una specie di “sovra-conscio”, di “trans-conscio”, che aspira ad aprirsi sull’abisso della luce divina. Vi è qui una grande convergenza con le osservazioni degli “psicanalisti dell’esistenza”, come Viktor Frankl, per i quali l’inconscio più profondo comporta una dimensione trascendente e parla di Dio, così che la vera nevrosi di cui soffrono tanti nostri contemporanei sarebbe una “nevrosi spirituale”, dovuta all’assenza di logos, all’assenza di senso. In una prospettiva analoga una psicanalista ebrea, Eliane Amado Lévy-Valensi, osserva:
Il freudismo ha mostrato che l’uomo censurava le realtà della vita sessuale perché ne aveva paura. Benissimo. Ma a questo teorema se ne affianca un altro: se talvolta l’uomo si allontana dalla sua vita sessuale, talaltra invece si compiace in essa e vi si immerge perché gli fa meno paura della propria realtà profonda …
In questa antropologia unitaria e simbolica il cuore è quel “corpo nel più profondo del corpo” di cui parla Gregorio Palamas, cioè il germe del corpo di gloria e la radice della vera conoscenza, di cui gli asceti, trasferendo all’antropologia la distinzione palamita dell’essenza” e delle “energie” divine, dicono che l’essenza” risiede nel cuore, mentre l'intelligenza costituisce soltanto la sua “energia”...
Bisogna dunque unire consapevolmente questa “energia” alla sua “essenza” imparando a “discendere nel cuore”; la loro dissociazione infatti definisce lo stato di caduta. Così si ricostituisce l’unità cuore-intelletto, organo della vera conoscenza non soltanto di Dio, ma di tutte le cose in Dio, gnòsis tòn ónton.