venerdì 20 giugno 2025

 CONCLUSIONE

 

Con Roberta e Marco: finale

Nei giorni della morte di Linda e Renato sia Roberta che Marco non erano legati all’esperienza di fede. Renato aveva sempre rispettato questa diversità di Roberta, la sua compagna, senza pressioni di sorta. In questi casi i ‘‘non credenti” avevano sempre dimostrato un rispetto profondo della persona credente e dell’esperienza di fede dell’altro o dell’altra.

Ebbene, mentre da una parte la comunità cristiana nel suo prendere parte al dolore di Roberta e di Marco non ha inteso “imporre “ una riflessione di fede, dall’altra Roberta e Marco hanno voluto essere presenti ed attivi anche nei momenti in cui si faceva un esplicito riferimento all’evangelo, alla preghiera, alla risurrezione. Abbiamo vissuto insieme un farci compagnia, un’esperienza di condivisione, in cui - senza forzature o censure reciproche - ci siamo interrogati insieme, abbiamo messo in comune le lacrime, le angosce, i dubbi e le speranze. Tutto questo, mi sembra, in un rispetto pieno di attenzione a non sovrapporsi alla coscienza altrui, a non “cristianizzare” nessuno, affinché ognuno potesse esprimersi secondo le proprie convinzioni personali e la propria sensibilità. Nessuna mania annessiva da parte della comunità e nessuna preclusione da parte di Roberta e di Marco: probabilmente ci siamo sentiti molto vicini nella piena accettazione delle nostre non irrilevanti diversità. Mi sembra che, con tutti i nostri limiti, abbiamo cercato di vivere questo evento con cuore reciprocamente aperto ed accogliente. Una grande lezione di disponibilità e di fede ci è venuta dai genitori di Linda e Renato che, inseriti in un itinerario di fede più o meno diverso da quello della comunità di base, hanno vissuto con noi momenti di comunicazione affettuosa e di preghiera intensa. Mi sembra che non si è trattato soltanto di rispetto reciproco. C'è stato molto di più. Vorrei dire che è stata vissuta una esperienza di comunione senza prevaricazioni e senza livellamenti. Probabilmente è possibile, in molte situazioni, creare spazi di condivisiome, di confronto, di ricerca comune, se si è animati dal desiderio della reciproca accettazione. Allora le diversità non hanno affatto bisogno di essere taciute o sminuite; esse possono essere valorizzate e assunte come positive all’interno di una comunicazione non violenta. Può diventare anche questo un piccolo segno di fraternità e di speranza per il mondo e per la chiesa?

 

da “Quando i fratelli se ne vanno

 Editrice TdF - Torino 1986