I dazi di Trump rafforzano la Cina, la nuova sfida per Usa ed Europa
di Giovanna Mancini
Se il presidente
del Stati Uniti Donald Trump pensava di indebolire la Cina imponendo dazi
elevati sui suoi manufatti, ha decisamente fatto male i suoi calcoli. Le
politiche commerciali americane, unite alle mire degli Usa su Taiwan, stanno
avendo l’effetto opposto di rafforzare il governo del Paese, proprio in una
fase in cui molte sfide irrisolte sul fronte interno rischiano di indebolirlo.
Di fronte al “nemico” esterno, infatti, i cinesi si sono ricompattati attorno
ai propri governanti, come spesso è accaduto nella loro storia, ha spiegato
Giada Messetti, sinologa, intervenendo al convegno «L’ora della verità: la
Cina», introdotto da Paolo Magri, presidente del comitato scientifico di Ispi.
«Le sfide sul fronte interno sono soprattutto economiche - ha precisato
Messetti -. Negli ultimi 45 anni questo Paese è stato attraversato da
cambiamenti epocali e ora stanno venendo al pettine i nodi irrisolti di questa
corsa sfrenata». A cominciare dall’invecchiamento della popolazione e dalla
disoccupazione dei giovani, che davanti a loro hanno prospettive meno rosse di
quelle dei loro genitori. «C’è anche una nuova consapevolezza femminile, che ha
portato a una diminuzione dei matrimoni e a un ulteriore calo delle nascite che
aggrava la situazione creata da decenni di politiche di controllo demografico»,
ha aggiunto la sinologa. Inoltre, perdura la crisi del settore immobiliare, che
era stato motore della crescita nei passati decenni, così come la frenata dei
consumi.
Anche secondo Alberto Forchielli, partner fondatore di Mindful Capital
Partners, al proprio interno la Cina deve affrontare soprattutto problemi di
natura economica, da cui derivano poi quelli di natura sociale. «I cittadini
non consumano, il costo delle case scende velocemente e la disoccupazione
giovanile aumenta - ha detto -. Ma il governo sembra incapace di rilasciare le
misure necessarie per incentivare i consumi. E non il governo di Xi: sono 30
anni che la Cina non fa politiche in questa direzione, nonostante le
raccomandazioni che arrivano da più parti, forse anche per motivi politici, per
non dare ai propri cittadini un welfare di tipo occidentale».
Il punto, secondo Michele Geraci, ex sottosegretario di Stato al ministero
dello Sviluppo economico, è che il governo ha moltissime leve, economiche e
politiche, per risolvere le sfide interne, compresa la riforma del welfare, ma
«si riserva il diritto di usare questa arma quando sarà veramente necessario.
Oggi il Pil cresce meno, anche se aumenta comunque del 5%, ma i cittadini non
percepiscono il Pil: percepiscono il reddito pro capite, che aumenta del 7% e
continua a migliorare il loro tenore di vita».