Riceviamo questo articolo da Lorenzo Tommaselli.
Cosa è accaduto negli ultimi cinque minuti del primo incontro di Leone XIV con i cardinali?
José Lorenzo
«Voi, cari cardinali, siete i più stretti collaboratori del papa, e questo mi conforta nell’accettare un giogo che evidentemente supera non solo le mie forze, ma anche quelle di chiunque altro». Così Leone XIV iniziava il suo discorso con i cardinali giunti a Roma da ogni angolo del globo pochi giorni prima per partecipare al conclave del 10 maggio, 36 ore dopo essere stato eletto papa dalla maggioranza dei cardinali che gli stavano di fronte nell’aula del Sinodo.
Articolo pubblicato il 17 giugno 2025 nel Blog dell’Autore in Religión Digital
«Questa è l’essenza di Prevost; la mozzetta è l’accessorio»
Era dopo la messa celebrata il giorno prima, il 9 maggio, nella Cappella Sistina, un incontro voluto dall’agostiniano Robert Francis Prevost. Stava ancora assimilando quanto era accaduto in quella cornice incomparabile nel pomeriggio di giovedì 8 maggio, sebbene qualche cardinale - mentre si toglieva i paramenti liturgici dopo la conclusione della messa «pro eligendo pontifice» - gli avesse già «profetizzato» che sarebbe stato lui il prescelto.
Se c’era qualcuno nella Curia vaticana consapevole della polarizzazione in cui era immersa la Chiesa cattolica, uno di loro era senza dubbio il prefetto dei Vescovi. Lo ha potuto già constatare durante il suo soggiorno in Perù, dove lui e una manciata di altri pastori, come Carlos Castillo, remavano controcorrente. E se ne è reso conto non appena sbarcato in Vaticano, convocato da Francesco. La Segreteria di Stato gli si è messa contro. E la comunicazione, per quanto adesso si voglia dire il contrario, non era fluida.
Omissioni che non sono sviste
In questo primo incontro «ufficiale» con i cardinali, quando si è trattato di ringraziare coloro che hanno ricoperto incarichi durante il periodo della Sede Vacante, si sono verificate omissioni che non possono essere interpretate come una mera svista. Succede che i gruppi più estremisti, coloro che proprio in quei giorni hanno manovrato contro di lui nel modo più sfacciato e grottesco, vogliono riscrivere la narrazione e costruirne una in cui possano avere riparo, con maniche e polsini larghi.
Vederlo uscire con la mozzetta (dopo l’enorme shock di aver sentito pronunciare il suo nome pochi secondi prima, nonostante suonasse nel latino tanto desiderato) ha fatto sì che la mozzetta tornasse sui loro volti due giorni dopo aver gettato su quelle stesse spalle accuse gravissime.
«In papa Leone, alcuni confondono l’accidentale con l’essenziale. È accidentale che appaia nella Loggia di San Pietro con la stola e la mozzetta; è accidentale che possa andare a vivere o no nel Palazzo Apostolico. Tutto ciò è secondario. Per comprendere appieno Leone XIV, dobbiamo rileggere il discorso da lui pronunciato la mattina del 10 maggio, un giorno e mezzo dopo la sua elezione a papa, quando ha riunito noi cardinali nell’Aula del Sinodo», ha detto a «Religión Digital» uno dei cardinali presenti.
«È davvero un testo programmatico. E tutto questo programma era permeato da citazioni della “Evangelii Gaudium” di papa Francesco», aggiunge questo cardinale. «C’erano la conversione missionaria, la collegialità e la sinodalità, il sensus fidei, la pietà popolare, l’attenzione agli scartati, il dialogo con il mondo di oggi... E questa è l’essenza di Prevost. Il resto è secondario», osserva questo cardinale, che ha un rapporto fluido (e non dell’ultimo minuto) con il papa agostiniano.
Lo stile Prevost
«Ma c’è stato di più», aggiunge. Dopo il suo breve discorso «Leone XIV ci ha chiesto di riflettere per cinque minuti, in silenzio, per pensare a tutto ciò che avremmo voluto dire al papa. Qualsiasi cosa desiderassimo». Questo cardinale ha riversato su due pagine ciò che gli dettava la sua mente. Ce l’ha perfettamente strutturata. Se ne intende di governo. Sa ascoltare. Sa quando intervenire. E sa come formare e guidare squadre. Leone XIV lo sa da anni.
«Poi, abbiamo condiviso le nostre riflessioni in piccoli gruppi, con le due o tre persone sedute accanto a noi. Questo era lo stile. Poi, un portavoce ha presentato una sintesi di tutti quei contributi. Chi di noi lo desiderava, è stato invitato a metterli a disposizione del papa». Papa Prevost ora ha i suoi due fogli.
«Questo è il sentimento comune dei cardinali. E questa questione è molto importante anche per comprendere questo pontificato, che è la stessa cosa che è successa con Francesco. Non dobbiamo dimenticare che Bergoglio ripeteva sempre di non aver fatto nulla di più di quanto i cardinali gli avevano chiesto nel pre-conclave». E le parole più ripetute in queste ultime congregazioni generali sono state «missione», «evangelizzazione» e «Regno di Dio», sottolinea questo cardinale.
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Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli