sabato 28 giugno 2025

 

QUANDO I FRATELLI SE NE VANNO – 5

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Ricordando Renato

Torino, 30 luglio 1984

 

Roberta, i famigliari,

gli amici

e i fratelli

delle comunità di base

 

Breve introduzione

Tutti insieme:

 

Padre, ci hai donato la tua parola di vita, ma noi alcune volte la dimentichiamo, non siamo capaci di ascoltarla e di seminarla nel nostro cuore.

 

Padre, ci hai insegnato a pregare, ma le nostre preghiere sono stanche e discontinue, sono sovente dei lamenti delle nostre difficoltà.

Ti chiediamo cose che invece ci spetta costruire con le nostre mani; ci dimentichiamo di te quando siamo sazi e soddisfatti, oppure, più spesso, crediamo di non avere bisogno del tuo aiuto.

 

Padre, hai mandato tuo figlio Gesù per insegnarci a condividere la vita con altri, ma è così difficile e pesante farlo che noi molto spesso rinunciamo, facciamo finta di non vedere e non sentire, o cerchiamo altre giustificazioni, per essere tranquilli con la nostra coscienza.

 

Padre, tieni sempre sveglia la nostra coscienza con la tua parola sferzante e radicale, alimenta la nostra fede con la preghiera, ma soprattutto rimandaci fuori da queste mura a lottare per la pace e la giustizia, con molta semplicità e perseveranza.

 

L. Apriamo ora il nostro cuore alla Parola di Dio: ascoltiamola. Essa si propone a noi con semplicità.

 

I° lettura: dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi (3, 22-23):

 

“Paolo, Apollo, Pietro. E tutto è vostro: il mondo, la morte, il presente e il futuro. Voi invece appartenete a Cristo, e Cristo appartiene a Dio”.

 

II lettura: dal Vangelo secondo Giovanni (20, 19-29):

 

“La sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, i discepoli se ne stavano con le porte chiuse per paura dei capi ebrei. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò dicendo: “La pace sia con voi”. Poi mostrò ai discepoli le mani e il fianco, ed essi si rallegrarono di vedere il Signore.

Gesù disse di nuovo: “La pace sia con voi: Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. Poi soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati saranno perdonati; a chi non li perdonerete non saranno perdonati”.

Uno dei dodici discepoli, Tommaso, detto Gemello, non era con loro quando Gesù era venuto. Gli altri discepoli gli dissero: “Abbiamo veduto il Signore”. Tommaso replicò: “Se non vedo il segno dei chiodi nelle sue mani, se non tocco col dito il segno dei chiodi e se non tocco con mano il suo fianco, io non crederò”.

Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo lì, e c’era anche Tommaso con loro. Le porte erano chiuse. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò: “La pace sia con voi”. Poi disse a Tommaso:

“Metti qui il dito e guarda le mie mani; accosta la mano e tocca il mio fianco. Non essere incredulo, ma credente!”.

Tommaso gli rispose: “Mio Signore e mio Dio!”.

Gesù gli disse: “Tu hai creduto perché hai visto; beati quelli che hanno creduto senza aver visto!”.

 

III lettura: dal Vangelo secondo Matteo (27, 45-50)

 

“Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la regione, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre Gesù gridò molto forte: “Elì, Elì, lemà sabactani”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Alcuni presenti non capirono bene queste parole e dissero: “Chiama il profeta Elia!”.

Subito, uno di loro corse a prendere una spugna, la bagnò nell’aceto, la fissò in cima a una canna e la diede a Gesù per farlo bere. Ma gli altri dissero: “Aspetta! Vediamo se viene Elia a salvarlo!”.

Ma Gesù gridò ancora forte, e poi morì.

 

Predicazione

 

Anche per realizzare un espresso desiderio di Renato, cercherò di presentare alcune riflessioni che sono emerse pregando e meditando insieme in comunità.

Voi capirete....anche se le parole mi escono a fatica.

 

C’è anche l’assurdo

 

Prendiamo in mano questa crudissima pagina del Vangelo di Matteo. F’ un quadro tragico. Sembra che vi regni il non senso, l’angoscia, l’assurdo. Gesù si rivolge, gridando a gran voce, al Padre, ma Dio non interviene, non allontana la morte. Le parole del salmo che l’evangelista mette sulla bocca di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, lasciano trasparire questo profondo sconvolgimento.

Chi più di Gesù aveva tutte le carte in regola con la vita? Chi aveva pieno diritto alla vita se non Lui, innamorato di Dio e amante degli ultimi? C’era infinito bisogno di Lui....Eppure lo raggiunge la morte, una morte ingiusta. Sono queste le stesse riflessioni che, in qualche modo, facciamo per Renato. Una vita, la sua, davvero ricca di promesse e di frutti: amore, fiducia, impegno, speranza, perseveranza, gioia. Anche a noi viene voglia di gridare a Dio, di chiedergli conto di simili assurdità: “Perché rubi questi uomini al mondo e alla comunità? Perché fai lo spettatore e non intervieni?”. Altri credenti prima di noi sentirono il peso ed assaporarono l’amaro dell’assurdo che spesso popola la nostra vita: è l’esperienza contenuta nel libro di Giacobbe e nei Salmi.

Riconosciamolo con chiarezza: la fede non ci libera dall’assurdo, non ci risparmia i momenti di totale oscurità e non ci mette al sicuro dall’angoscia. Neppure, la fede non ci rende invulnerabili o eroici di fronte al dolore. Molti fatti sollevano dei ‘perché ai quali non sappiamo dare risposta. “Veramente tu sei un Dio nascosto, un Dio che si nasconde” (Isaia, 45,15)

 

E’ nostra anche la morte

 

L’apostolo Paolo, con altrettanto vigore, ci mette davanti a questa realtà nuda e cruda: “Tutto è vostro, tutto vi appartiene: il mondo, la vita, la morte, il presente e il futuro”. Sì, a questo nostro vivere umano appartiene tutto, compresa la morte. Paradossalmente vivere comporta anche morire. Bisogna fare i conti anche con la morte, anche con una morte nel pieno delle forze e sul fiorire dei progetti. La condizione umana, che il credente vive fino in fondo, ha questi connotati, non escluso l’imprevisto. Come è nostra la vita, così è nostra la morte. Ci tocca, dunque, prendere in mano la nostra vita senza lasciare la responsabilità di gestirla ad altri, ma ci tocca anche guardare in faccia la morte come ‘nostra’.

 

No alla signoria della morte

 

Ma qui il pensiero di Paolo si apre all’orizzonte della fede: “Sì, tutto vi appartiene, ma voi appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio” (1 Corinzi 3, 22-23).

Noi non apparteniamo nemmeno alla morte. Come non possiamo lasciarci imprigionare dalle condizioni del presente, ma cerchiamo sempre di andare oltre, così la fede in Dio che abbiamo ricevuto tramite Gesù ci invita a non lasciarci paralizzare dalla ‘onnipotenza’ della morte, a non lasciarci padroneggiare dall’angoscia della morte, ma a metterla davanti al Signore. Siccome siamo ‘proprietà’ di Dio e siccome abbiamo un solo Signore, che è Gesù, rifiutiamo anche la signoria della morte.

No, Paolo non ci dice che la Parola di Dio sia come una scolorina che dissolve il dolore. Ci invita piuttosto pressantemente a fare della morte ciò che la fede ci insegna a fare della vita, cioè a rimetterla nelle mani di Dio, proprio come ha fatto Gesù.

 

Solo sulla Parola del Signore

 

La fede, con un annuncio che riposa solo sulla Parola di Gesù, ci dice che Renato ora è con Dio. “Beati quelli che hanno creduto senza aver visto” (Giovanni 20,29): siamo chiamati a prendere sul serio questa parola che per noi è una promessa.

Nessuno di noi avrebbe il coraggio di affermare: “Renato ora vive con Dio”, e nessuno di noi chiede ad un altro di credere a questo annunzio, se non per un solo fatto: ce lo ha detto Gesù. Non ci fondiamo su ragionamenti più o meno validi, non ci fondiamo sui nostri desideri, non intendiamo consolare chi soffre con una illusione di sopravvivenza. Come Paolo scrive ai cristiani di Tessalonica, noi presentiamo questo annuncio e “diciamo questo sulla Parola del Signore” (1 Tessalonicesi 4, 15).

Gesù ci chiama a questa speranza difficile, che non ha evidenze, non adduce ‘prove’ a suo favore. Ma il Vangelo, quando ci sollecita ad imboccare la via dell’impegno per la pace e per la fraternità, quando ci spinge a lavorare per un futuro più giusto, non ci mette sempre alle prese con speranze difficili?

Non voglio dimenticare un prezioso ricordo di Renato. Quando la malattia cominciava a prolungarsi in una altalena di ‘alti e bassi’, Renato esperimentò i giorni di Giobbe. Stringendomi la mano e guardandomi fisso negli occhi dai quali stava uscendo qualche lacrima, mi disse: “Franco, è notte per me; non vedo e non sento il nostro Dio vicino....Ma io voglio credere....e tu? Tu credi che oltre la morte....c’è Dio?”. Una domanda così ‘diretta’ non mi permetteva né indugi né lunghi giri di parole, tanto più che Renato, respirando a fatica, mi incalzava: “Tu....che cosa pensi?”.

 

Trattenendo le lacrime e facendomi forza, mentre i suoi occhi lucidi e stanchi non mi mollavano, gli dissi:

“Renato, oltre la morte ci aspetta Dio...Ce lo ha detto Gesù. Io lo credo perché ce lo ha detto lui...Conta ciò che ci ha detto lui. Io non so dirti che quello che ci ha detto Gesù”. Pregammo insieme affinché potessimo credere alla parola di Gesù. Renato, che tante volte aveva creduto nel pieno della luce, ora stava davanti a Dio con fede nella notte più profonda.

 

La risurrezione che dipende da noi.

 

Questa risurrezione-vita nuova di Renato dipende unicamente da Dio. E’ opera soltanto sua. Ma ce n’è una che dipende da noi: tenere viva la memoria di Renato, ricordando la sua vita, la sua fede, la ‘qualità’ della sua fede. Roberta, che con Renato ha condiviso tanto amore e tante speranze, è la prima testimone di tutta questa consegna, poi i genitori e i familiari.

Noi della comunità cristiana di base riceviamo dalla vita di Renato un ‘patrimonio’ che non possiamo lasciar morire. Vogliamo far vivere quello che Dio ha fatto fiorire nella vita di Renato: la sua passione caldissima per la Parola di Dio, il suo amore per la preghiera, per le comunità di base, la sua perseveranza.

Renato ha sempre lottato per una chiesa dei poveri contro le compromissioni della chiesa del Vaticano, della gerarchia. Le sue speranze e le sue forze erano rivolte a una società di fratelli e sorelle, contro ogni sfruttamento. Diciamolo: Renato era un ‘compagno’, un uomo, credente nel Dio di Gesù di Nazareth che, con tutti i suoi limiti e difetti, ha cercato di vivere dalla parte del vangelo e dei poveri.

Perché la risurrezione non sia una parola vuota o una evasione, bisogna che giochiamo la carta della risurrezione, cioè della vita nuova, qui nel nostro presente. Siamo chiamati ad essere figli della risurrezione, cioè a far vivere le scelte evangeliche dentro l’esistenza di ogni giorno. La vita nuova che per Renato dipende unicamente dall’agire di Dio, per noi è frutto anche di nostre precise scelte e responsabilità. Tentiamo la via della risurrezione quando, nel nostro piccolo sentiero quotidiano, cerchiamo di lasciarci guidare dal Vangelo di Gesù. Quel Dio che oggi facciamo fatica a riconoscere come Padre ci aiuti a rimettere insieme i coccì della nostra speranza. Ancora una volta, anche se i nostri occhi non vedono, fidiamoci di lui, il Dio nascosto, ma non assente.

 

Preghiera comunitaria spontanea

 

Preghiera eucaristica

Offerta del pane e del vino — prefazio, cioè invito alla lode.

 

Tutti: Gesù sapeva ormai che la congiura dei potenti stava per farlo fuori. A mensa con i dodici, volle imprimere in un gesto molto semplice il ricordo della sua vita. Prese il pane nelle sue mani, si rivolse a Te, o Padre, in preghiera, lo spezzò e lo distribuì dicendo: “Prendete e mangiatene tutti: è il mio corpo, cioè la mia vita data fino all’ultimo. Fate questo per non dimenticarvi di me”. Poi Gesù prese la coppa del vino e, facendola passare, disse:

“Prendete e bevetene tutti: è la coppa che vi ricorda che ho dato tutto il mio sangue per essere fedele alla causa del Padre. F’ il segno dell’alleanza di amore tra Dio e l’umanità.

Quando berrete a questa coppa, lo farete per non dimenticarvi di me, di ciò che ho fatto, di ciò che vi ho

insegnato, della speranza che vi ho dato”.

O Padre, tieni viva in noi la memoria di Gesù, tuo figlio. Essa ci aiuti a riempire i nostri giorni di amore fraterno e alimenti in noi la fiammella della nostra speranza.

Fa’, o Padre, che non perdiamo la nostra fiducia in te. Il nostro cuore si apra alla condivisione di tutte le fragilità che accompagnano questa nostra esistenza di uomini e donne.

Ci fidiamo di Te, o Padre, anche quando i nostri occhi non vedono e la nostra ragione non comprende.

Vogliamo credere che il tuo amore vede più lontano del nostro.

 

Padre nostro

Comunione

Canto: Quando busserò

Breve preghiera conclusiva

Canto: Resuscitò

 

***  ***  ***  ***  ***

 

In ogni istante,

quando meno ce l’aspettiamo,

ci fai vedere quanto siamo fragili,

come basti poco a sconvolgere

i nostri progetti.

 

Così camminiamo nella nebbia,

ogni tanto una folata di vento nuovo

apre uno spiraglio e ci mostra la strada,

ma poi il velo si richiude

e nuovamente arranchiamo

senza una meta precisa.

 

Padre, come è difficile

capire i tuoi segnali

di giustizia e di liberazione.

 

Un giorno ci dai entusiasmo

e ci ridoni fiducia

mostrando che siamo in tanti

a camminare sulla strada della pace.

 

Il giorno seguente il nostro entusiasmo

è bloccato da notizie di guerra,

di centinaia di morti,

di altre morti che si preparano.

 

Anche la tua parola,

così preziosa e ricca di speranza,

ci trova spesso incapaci di comprenderla

incapaci di attuarla.

 

Abbiamo molto bisogno, Padre,

della tua forza,

della tua luce che illumina le tenebre,

delle tue parole di conforto

per camminare con tuo figlio Gesù

sulla strada di un mondo nuovo.

Renato