Fine vita e procreazione assistita: il
diritto come rimedio al fallimento della politica
di Vitalba Azzolini
La Corte
costituzionale continua a esercitare una “supplenza” legislativa, a fronte di
una politica incapace di farsi carico di temi controversi, come il
riconoscimento del figlio di una coppia omogenitoriale o il fine vita
Una maggioranza di governo poco disponibile a riconoscere diritti che emergono
da nuove istanze urgenti e nodali non può lamentarsi se i giudici intervengono
per rimediare alla sua inerzia. Il riferimento è alla fecondazione assistita e
al fine vita, temi su cui si è di recente pronunciata la Corte costituzionale.
Con una sentenza pubblicata nel maggio scorso, la Consulta ha stabilito che è
illegittima la norma della legge sulla procreazione medicalmente assistita
(40/2004) che vieta alla madre “intenzionale” di riconoscere come proprio il
figlio nato in Italia da procreazione assistita legittimamente praticata
all’estero, consentendolo solo alla madre biologica.
«L’interesse del minore consiste nel vedersi riconoscere lo stato di figlio di
entrambe le figure che abbiano assunto e condiviso l’impegno genitoriale», ha
affermato la Corte. L’omosessualità della coppia non è un ostacolo, poiché non
contrasta «con princìpi e valori costituzionali», né incide «sull’idoneità
all’assunzione di responsabilità genitoriale».
Esattamente l’opposto di quanto sostiene la ministra Eugenia Roccella, secondo
cui «l’estromissione della figura del padre» costituisce un «disvalore» e il
riconoscimento da parte di due madri rappresenta «una scelta contraria al
miglior interesse del minore». Dello stesso avviso sono altri politici della
maggioranza, evidentemente poco inclini ad accettare i principi fissati dalla
Consulta.
Nelle scorse settimane, la Corte costituzionale si è ancora una volta espressa
in tema di fine vita. Nel 2018, la Corte aveva esortato il legislatore a
fornire tutela a chi si trovi in una condizione di acuta sofferenza fisica o
psicologica, determinata da una patologia irreversibile, sia tenuto in vita da
trattamenti di sostegno vitale e sia capace di prendere decisioni libere e
consapevoli.
Nel 2019, a fronte dell’inerzia del parlamento, la Consulta era di nuovo
intervenuta, escludendo la punibilità di chi «agevola l’esecuzione del
proposito di suicidio» nel rispetto delle condizioni indicate. Nel 2024, essa
si è pronunciata specificamente sui trattamenti di sostegno vitale, e così pure
nell’ultima sentenza, con cui ha di nuovo sollecitato il legislatore a disciplinare
il fine vita.
Di recente, il parlamento sembra essersi risvegliato dall’inerzia. Un Comitato
ristretto avrebbe elaborato un testo, la cui discussione inizierà il 17 luglio,
ma i nodi da sciogliere sono molti.
Secondo esponenti della maggioranza, l’approvazione delle richieste di suicidio
assistito dovrebbe spettare a un Comitato etico nazionale, e non al Servizio
sanitario nazionale, come invece vorrebbe l’opposizione, che teme una
“privatizzazione” del fine vita, anche perché le prestazioni necessarie a
realizzarlo sarebbero escluse da quelle coperte dalla sanità pubblica. E poi
c’è il tema delle cure palliative, che devono essere garantite, ma non imposte
come condizione per accedere al suicidio assistito. Ciò sarebbe contrario
all’articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla cura, ma anche
quello a non essere curati.
E mentre il parlamento prova a fare una legge sul suicidio assistito, ben sette
anni dopo la prima sentenza della Consulta, quest’ultima andrà ancora oltre,
pronunciandosi sulla questione di legittimità – sollevata dal tribunale di
Firenze – della norma che vieta l’omicidio del consenziente, e quindi
l’eutanasia.
Se la Corte dichiarasse incostituzionale il divieto assoluto di
somministrazione di un farmaco letale da parte di un medico, quando chi lo
richiede si trovi nelle condizioni previste dalla sentenza del 2019, «molte
persone malate, fisicamente impossibilitate all’autosomministrazione e oggi per
questo discriminate, potrebbero accedere alla morte volontaria», come scrive
l’Associazione Luca Coscioni.
Nasce Resistenze, la nuova newsletter di Domani su diritti e identità negate
Ancora una volta la Corte eserciterà una “supplenza” legislativa, a fronte di
una politica incapace di farsi carico di temi controversi, e che interessano i
più fragili. E poi ci si lamenta della disaffezione dei cittadini per coloro
che dovrebbero rappresentarne gli interessi.
da “Domani” del 23 giugno 2025