venerdì 11 luglio 2025

Riceviamo questo articolo da Lorenzo Tommaselli.

Siamo tutti chiamati ad amare con il Cuore di Cristo

Rocco Femia

C’è un passaggio, nel discorso rivolto da Papa Leone XIV ai seminaristi per il loro Giubileo, che mi ha fatto riflettere.

Le parole erano sincere, intense, cariche di passione: «Come Cristo ha amato con cuore di uomo, voi siete chiamati ad amare con il Cuore di Cristo».
Nulla da eccepire, in apparenza.
È un invito forte, che chiede di mettersi in gioco sul serio.
Ma proprio per questo, quella frase mi ha lasciato addosso una domanda: perché rivolgerla solo ai seminaristi?

Non siamo forse tutti, se crediamo in qualcosa di più grande di noi, chiamati a imparare ad amare così?

Non è forse questa l’unica vera direzione da seguire?

Il discorso intero del Papa è stato profondo.
Ha parlato del cuore, del silenzio, dell’ascolto, del coraggio, della capacità di tenerezza.
Ha chiesto autenticità, serietà, ascolto dei più fragili.
Lo ha fatto con toni che ho apprezzato.
Ma proprio per questo mi colpisce, e non in polemica, il fatto che continui a emergere – forse senza accorgersene – una vecchia idea: che ci sia chi è “più vicino” a Cristo, più somigliante, più incaricato di amare sul serio. È una cosa che abbiamo sentito mille volte, certo.
Ma che forse, oggi, possiamo finalmente rimettere in discussione. Perché il cuore non ha caste.
E nemmeno l’amore.

Non c’è bisogno di una “configurazione speciale” per essere capaci di compassione.
Servono ascolto, fatica, umanità.
E una disponibilità che non si insegna, ma si vive.
Credo che anche per questo tante persone si siano allontanate nel tempo.
Perché si sono sentite fuori da qualcosa.
Perché hanno avvertito che certi linguaggi, certi ruoli, continuavano a fare distinzioni invece di creare legami.

Eppure, se c’è un’urgenza oggi, è proprio quella di smettere di dividere chi può amare “a nome di Cristo” e chi invece no.

Se davvero vogliamo che la fede torni a parlare alle persone, allora forse dovremmo cominciare da qui.
Siamo tutti chiamati ad amare così.
Non c’è un amore “laico” e uno “consacrato”.
C’è solo l’amore possibile, quello difficile, quello che si costruisce ogni giorno.

E il Cuore di Cristo – se vogliamo chiamarlo così – non è un privilegio per pochi.
È una possibilità per tutti.
Sta lì.
Da sempre.

Basta smettere di sentirsi esclusi.
Non si tratta di criticare il Papa, né di aprire polemiche.
È una questione più profonda, più ampia: provare insieme ad aprire spazi nuovi, dove parole e gesti aiutino a includere, non a separare.

Forse è tempo di ripensare anche il linguaggio, evitando formule che – magari senza volerlo – tracciano confini là dove invece bisognerebbe costruire ponti.

Forse è tempo di dire con semplicità che nessuno “riceve” il cuore di Cristo per investitura, ma che ogni giorno, ognuno di noi, può imparare a viverlo.

Forse è tempo che anche nei gesti, nei discorsi, nelle celebrazioni della Chiesa, si dica chiaramente: «Siamo tutti chiamati ad amare così».
Tutti.
Madri e padri.
Giovani e anziani.
Persone consacrate e semplici cercatori di senso.
Nessuno escluso.
E già che ci siamo, magari anche il nero della tonaca, il colletto bianco e i paramenti sacri a più non posso potrebbero andare in pensione.
Perché a forza di voler significare tutto, rischiano di non significare più niente.

_____________________________________________________________________________ Testo pubblicato il 26 giugno 2025 nella pagina fb dell’autore.
Il titolo è redazionale.