Ecco un articolo che ci è stato segnalato da Lorenzo Tommaselli.
Cosa sta succedendo ai più alti livelli gerarchici della Chiesa cattolica?
Pedro J. Larraia Legarra
Si ha la sensazione che si sia verificato un vuoto in gran parte della comunità credente cattolica. Dopo la morte di Francesco è come se tutto si fosse fermato, comprese le posizioni di papa Leone XIV e della cupola gerarchica dell’istituzione. Non si riesce a ripartire.
Articolo pubblicato il 14 agosto 2025 nel sito Religión Digital (www.religiondigital.org).
Fin dall’inizio Francesco ha espresso chiaramente quale sarebbe stata la sua direzione di marcia: scarpe nere (le sue solite); un’auto utilitaria; abiti semplici; alloggio a Santa Marta, come un vicino in più; commensale abituale al ristorante della foresteria del Vaticano; l’autopresentazione, Urbi et Orbi, come vescovo di Roma; una richiesta ai suoi fratelli credenti di pregare per lui …
Non ha azzeccato tutto, e nessuno ci riesce, ma era inquieto, un ricercatore, e ha oltrepassato molte linee rosse fino ad allora proibite per un papa. Ha osato descrivere la realtà così com’è, senza eufemismi o camuffamenti, indipendentemente dall’effetto che le sue parole e decisioni avrebbero avuto nei grandi palazzi dei potenti e nei consigli di amministrazione delle multinazionali.
È vero che sono trascorsi solo tre mesi dalla successione papale e che bisogna dare a Robert Prevost il tempo di prendere pienamente le redini, e che siamo nel pieno dell’estate, una stagione in cui tutto rallenta e che viene utilizzata per preparare le linee d’azione per l’attività dopo le vacanze. Ma, nonostante tutto, ci si può chiedere: si sta verificando un cambiamento, in sordina, volto ad accontentare tutti?
Finora il linguaggio di Leone XIV nelle sue apparizioni pubbliche è stato piuttosto devoto:
«Inondino la loro terra con la gioia del Vangelo».
«Gesù ci chiede oggi di costruire altre reti: reti di relazioni, reti di amore, reti di libero scambio».
«Il nostro grido sia per la pace nel mondo, diciamo tutti: vogliamo la pace nel mondo».
«Aspirate a grandi cose, alla santità. Non accontentatevi di meno».
Le proposte generiche o astratte, basate su buoni auspici o ideali, in genere non inquietano, perché chiunque le può sottoscrivere. Inquietano le interpellanze profetiche. Pertanto, in un pianeta sempre più sequestrato dalla barbarie della destra estrema e dell’estrema destra – con la complicità di alcune società intorpidite dall’individualismo capitalista, che non hanno la minima difficoltà nel votare per i loro carnefici – espressioni di questo tipo non trasformano la realtà se non sono accompagnate da gesti e azioni. Ci mancano gli interventi forti di Francesco, come quando diceva: «Questo sistema economico uccide».
I media non hanno specificato le circostanze in cui, pochi giorni fa, Leone XIV ha detto alla famiglia di un giovane affetto da un grave linfoma: «siamo fatti per il cielo». Per questo motivo i commenti sulla frase potrebbero essere fuori luogo. Ma non c’è dubbio che si tratta di un’espressione che, se non si precisa, può evocare una spiritualità verticalista, ormai scomparsa, in cui il significato della vita qui sulla terra veniva svalutato.
Siamo fatti per la vita. «La gloria di Dio è l’uomo vivente; la vita dell’uomo è contemplare Dio», ha detto Ireneo di Lione. Ma questa contemplazione inizia qui, sulla terra. Non ci sono compartimenti stagni (questa vita e l’aldilà). Tutto è un «continuum».
In diverse occasioni Leone XIV si è riferito al genocidio perpetrato dallo Stato di Israele in termini come «la gravissima situazione umanitaria a Gaza, dove la popolazione civile è devastata dalla fame». Israele non è mai stato impressionato dalle critiche per le sue mostruosità. A questo punto, ancora meno. È disposto a eliminare dalla mappa tutti i palestinesi perché il suo dio approva e benedice i suoi crimini e gli Stati Uniti, l’Unione Europea, l’Inghilterra e molti altri Stati – difensori della cultura occidentale e cristiana – gli forniscono le risorse finanziarie e le armi per portarli a termine.
Giunti a questo punto, le parole non bastano più. Bisogna intervenire. E non solo diplomaticamente. Il Vaticano ha un enorme potenziale per indebolire l’ordine mondiale stabilito dalla sovrastruttura che governa il mondo. Poche parole del papa, in linea con il Vangelo, e poche mosse sulla scacchiera globale danneggerebbero gravemente il cinico «status quo» internazionale vigente. Tuttavia, potrebbe essere che la falsa prudenza e l’acquiescenza stiano ancora una volta prevalendo, mentre assistiamo, attoniti, impotenti e sotto shock, all’assassinio premeditato e machiavellico di centinaia di migliaia di innocenti.
Voglia il cielo che mi stia anticipando e che mi stia sbagliando.
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Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli