lunedì 4 agosto 2025

Salmo 73

 

il demone meridiano

Lidia Maggi  Angelo Reginato

Certo, Dio è buono verso Israele, verso quelli che sono puri di cuore.

Ma quasi inciamparono i miei piedi: poco mancò che i miei passi non scivolassero.

Poiché invidiavo i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi...

 

Angelo: dopo la luce promettente del mattino, ecco che il Terzo Libro dei Salmi (dal 73 al'89) ci introduce al momento della massima calura, in cui l'agire è paralizzato. È il tempo del “demone meridiano”, dell'accidia: situazione esistenziale che noi chiamiamo depressione e che i salmi esprimono come “anima abbattuta”. Nel portale d'ingresso di questa nuova tappa ci misuriamo subito con la radice ultima dello sconforto: la storia è insensata e Dio sembra assente. E questo disorienta la fede di chi si muove in una storia che si presenta come terreno scivoloso.

 

Lidia: a metà strada dalla meta liturgica - la lode cosmica con il salmo finale - il salmista è costretto ad ammettere che le istruzioni ricevute all'ingresso del Salterio, nel Salmo 1, non funzionano. E si sente imbrogliato perché non è vero che chi non segue il consiglio dell’empio è beato e i malvagi non sono pula dispersa dal vento. È piuttosto il contrario. Osservando il benessere dei prepotenti, il povero orante arriva quasi ad invidiarli, fino al sospetto di aver agito invano. È l'amarezza che avvelena e paralizza la vita di fronte al mondo sottosopra. Chi confida nel Signore si ritrova su terreni scivolosi, mentre gli ingiusti tengono saldi i loro piedi sulla roccia del loro interesse. C'è da perderci la fede! Come possono reggere le convinzioni del credente di fronte alle reiterate smentite della storia? La sorte della gente è nelle mani di quei potenti che fanno il bello e il brutto tempo non certo nelle mani di Dio.

 

Angelo: una prova della fede a rischio mortale. Nella quale il salmista sembra cedere, sconvolto dal panorama sotto i suoi occhi. Eppure non demorde, se non altro per non tradire la fede ricevuta in eredità, suo unico bene.

Decide allora di fermarsi e riflettere, ma per quanto ci provi non riesce a trovare ragione nel caos del mondo. È solo alla presenza di Dio, in una sosta riflessiva al Tempio, che lo sguardo si apre a una nuova prospettiva.

E qui, di colpo, il linguaggio cambia. Rimozione? Tentativo di ritornare ad una fede al riparo dalla storia? Le espressioni usate sembrano alludere piuttosto a un cambiamento del metro di giudizio con cui valutare i fatti.

 

Lidia: come misuriamo la nostra esistenza e la storia che ci è dato di vivere? Con il metro della presunta evidenza? O è possibile un altro sguardo? Leggo tra le righe di questa preghiera l'intuizione - niente più di questo, in verità - che credere sia una questione di sguardo. E di ostinata fedeltà ad un Dio assurto come rocca, punto di osservazione non scivoloso. Il salmista, mentre riflette sulla sua esperienza, decide di stare con questo Dio e non in compagnia degli empi. Ripeto: solo un'intuizione, in grado tuttavia di strapparlo alla resa rassegnata e infondere nuova fiducia.

 

Angelo: non è poca cosa poter attraversare la storia con un altro sguardo, con l'intuizione che la verità dell'esistenza risieda in Dio. È, almeno, un anticorpo al pensiero unico e alla disperazione personale. La tristezza che paralizza non viene immediatamente superata: l'intuizione non è un farmaco miracoloso, che elimina il duro confronto con una sioria insensata. Mira solo a contenere quella disperazione che è l'insensatezza più grande.

 

ROCCA 15 MAGGIO 2025