La
solitudine di Leone XIV
Se in
pochi si accorgono
della
giornata per la pace
La giornata
di digiuno e di preghiera per
la pace in Ucraina e Terra Santa Santa indetta
da papa Leone XIV per venerdì 22 agosto,
non sembra aver prodotto i risultati
sperati. E non certo per
la scarsa attenzione a
livello mediatico e internazionale rispetto
alle questioni al
centro dell'appello del pontefice.
Le adesioni pubbliche all'iniziativa lanciata dal papa sono rimaste poche: fra
queste la Cei e il
vicariato di Roma in primis, alcune
diocesi in Italia, qualche Conferenza episcopale
in giro per mondo, e poco altro.
Vuoi per
la poca distanza intercorsa fra l'appello di Leone XIV - lanciato
mercoledì scorso al termine dell'udienza
generale — e giornata di
mobilitazione, vuoi per
la genericità delle poche parole con
le quali il pontefice ha richiamato
i fedeli all'impegno per pace, non sembra che Leone XIV abbia fatto breccia nel
cuore della chiesa universale.
Il 22
agosto è il giorno in cui si celebra” la
memoria della Beata Vergine Maria Regina! Maria e la madre dei
credenti qui sulla terra. ed è invocata anche come Regina della
pace “. Per questo, aggiungeva
Prevost, «mentre la nostra
terra continua ad essere
ferita da guerre in Terra Santa, in Ucraina e in molte
altre regioni del mondo, invito
tutti i fedeli a vivere la giornata del 22 agosto in digiuno e in
preghiera, supplicando il
Signore che ci conceda
pace e giustizia
e che asciughi le lacrime
di coloro che
soffrono a causa dei conflitti
armati in corso».
ECUMENISMO ASSENTE
Tuttavia una simile iniziativa, nella storia recente della chiesa, per assumere
una dimensione tale da impattare sull'opinione pubblica mondiale, aveva bisogno
di un forte profilo ecumenico se non interreligioso.
E di certo, in questo senso, non mancavano gli interlocutori possibili per
la Santa Sede: dalle altre chiese cristiane europee, al patriarca ecumenico di Costantinopoli
Bartolomeo, al grande imam del centro di studi del Cairo, Al Azhar, Ahmad al-Tayyib,
addirittura agli 80 rabbini ortodossi che di recente hanno firmato una
dichiarazione congiunta per dire che «in mezzo a questa devastazione, l'assenza
di una chiara visione postbellica da parte del primo ministro Netanyahu ha
permesso alle voci più estreme del governo israeliano, compresi i ministri della
comunità sionista religiosa, di riempire il vuoto con proposte inquietanti».
Certo, non sarebbe stato facile tenere tutti insieme, ma almeno cominciare
a farlo poteva essere un buon segno. Tanto più che il papa poteva prendere
spunto da quello «spirito di Assisi» che ha preso le mosse durante il pontificato
di Giovanni Paolo II, con l'attiva partecipazione della Comunità di
Sant'Egidio, per ribadire un concetto tanto semplice quanto fondamentale rivolgendosi
a tutte le parti i n lotta sui vari fronti: ovvero che non si può usare il nome
di Dio per scatenare violenze e guerre.
La solitudine del sovrano
Pare, insomma, che il papa, abbia sentito l'esigenza di compiere un atto
che andasse oltre le parole, pure forti, pronunciate in queste settimane, per
mostrare il volto di una chiesa capace di mobilitarsi in favore della pace e
delle vittime dei conflitti.
La sensazione, tuttavia, è che, in questo caso, sia emersa la solitudine di
Leone XIV rispetto a una Curia che ancora non ha ancora assunto i connotati di una
vera squadra di governo, capace cioè di consigliare il pontefice su un temi tanto
strategico come quello dei conflitti che in questo tempo infiammano il mondo.
In questo senso, forse, pesa pure il tempo che il papa si sta prendendo
prima di compiere quei passi inevitabili circa le nomine che prima o poi dovranno
essere fatte per dare corpo a una propria équipe di collaboratori sui quali
poter contare.
Il papa è, quasi per antonomasia un uomo solo al comando, ma ciò non
significa che non abbia bisogno del supporto di chi possiede l'esperienza per
gestire un momento tanto delicato a livello globale come quello che stiamo
attraversando.
D'altro canto lui stesso, nel messaggio indirizzato un paio di giorni fa al
Meeting di Rimini mostrava di avere qualcosa da dire a riguardo quando
affermava:
«Non possiamo più permetterci di resistere al Regno di Dio, che è un Regno
di pace. E là dove i responsabili delle Istituzioni statali e internazionali sembrano
non riuscire a far prevalere il diritto, la mediazione e il dialogo le comunità
religiose e la società civile devono osare la profezia».
Francesco Peloso (da “Domani”)