venerdì 19 settembre 2025

La solitudine di Leone XIV

Se in pochi si accorgono

della giornata per la pace

 

La giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Ucraina e Terra Santa Santa indetta da papa Leone XIV per venerdì 22 agosto, non sembra aver prodotto i risultati sperati. E non certo per la scarsa attenzione a livello mediatico e internazionale rispetto alle questioni al centro dell'appello del pontefice.

Le adesioni pubbliche all'iniziativa lanciata dal papa sono rimaste poche: fra queste la Cei e il vicariato di Roma in primis, alcune diocesi in Italia, qualche Conferenza episcopale in giro per mondo, e poco altro.

Vuoi per la poca distanza intercorsa fra l'appello di Leone XIV - lanciato mercoledì scorso al termine dell'udienza generale — e giornata di mobilitazione, vuoi per la genericità delle poche parole con le quali il pontefice ha richiamato i fedeli all'impegno per pace, non sembra che Leone XIV abbia fatto breccia nel cuore della chiesa universale.

Il 22 agosto è il giorno in cui si celebra” la memoria della Beata Vergine Maria Regina! Maria e la madre dei credenti qui sulla terra. ed è invocata anche come Regina della pace “. Per questo, aggiungeva Prevost, «mentre la nostra terra continua ad essere ferita da guerre in Terra Santa, in Ucraina e in molte altre regioni del mondo, invito tutti i fedeli a vivere la giornata del 22 agosto in digiuno e in preghiera, supplicando il Signore che ci conceda pace e giustizia e che asciughi le lacrime di coloro che soffrono a causa dei conflitti armati in corso».

 

ECUMENISMO ASSENTE

 

Tuttavia una simile iniziativa, nella storia recente della chiesa, per assumere una dimensione tale da impattare sull'opinione pubblica mondiale, aveva bisogno di un forte profilo ecumenico se non interreligioso.

E di certo, in questo senso, non mancavano gli interlocutori possibili per la Santa Sede: dalle altre chiese cristiane europee, al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, al grande imam del centro di studi del Cairo, Al Azhar, Ahmad al-Tayyib, addirittura agli 80 rabbini ortodossi che di recente hanno firmato una dichiarazione congiunta per dire che «in mezzo a questa devastazione, l'assenza di una chiara visione postbellica da parte del primo ministro Netanyahu ha permesso alle voci più estreme del governo israeliano, compresi i ministri della comunità sionista religiosa, di riempire il vuoto con proposte inquietanti».

Certo, non sarebbe stato facile tenere tutti insieme, ma almeno cominciare a farlo poteva essere un buon segno. Tanto più che il papa poteva prendere spunto da quello «spirito di Assisi» che ha preso le mosse durante il pontificato di Giovanni Paolo II, con l'attiva partecipazione della Comunità di Sant'Egidio, per ribadire un concetto tanto semplice quanto fondamentale rivolgendosi a tutte le parti i n lotta sui vari fronti: ovvero che non si può usare il nome di Dio per scatenare violenze e guerre.

 

La solitudine del sovrano

 

Pare, insomma, che il papa, abbia sentito l'esigenza di compiere un atto che andasse oltre le parole, pure forti, pronunciate in queste settimane, per mostrare il volto di una chiesa capace di mobilitarsi in favore della pace e delle vittime dei conflitti.

La sensazione, tuttavia, è che, in questo caso, sia emersa la solitudine di Leone XIV rispetto a una Curia che ancora non ha ancora assunto i connotati di una vera squadra di governo, capace cioè di consigliare il pontefice su un temi tanto strategico come quello dei conflitti che in questo tempo infiammano il mondo.

In questo senso, forse, pesa pure il tempo che il papa si sta prendendo prima di compiere quei passi inevitabili circa le nomine che prima o poi dovranno essere fatte per dare corpo a una propria équipe di collaboratori sui quali poter contare.

Il papa è, quasi per antonomasia un uomo solo al comando, ma ciò non significa che non abbia bisogno del supporto di chi possiede l'esperienza per gestire un momento tanto delicato a livello globale come quello che stiamo attraversando.

D'altro canto lui stesso, nel messaggio indirizzato un paio di giorni fa al Meeting di Rimini mostrava di avere qualcosa da dire a riguardo quando affermava:

«Non possiamo più permetterci di resistere al Regno di Dio, che è un Regno di pace. E là dove i responsabili delle Istituzioni statali e internazionali sembrano non riuscire a far prevalere il diritto, la mediazione e il dialogo le comunità religiose e la società civile devono osare la profezia».

 

Francesco Peloso (da “Domani”)