Il testo, scritto nell' '85/87, andrebbe oggi ricollocato con alcuni ritocchi, però il messaggio rimane valido e assolutamente attuale.
Il 6 6 6 non farà mai 7. Più volte 6 non è 7.
Il potere, cioè la bestia ci chiede di arrenderci alla sua logica, ma è assai esposto alla fine, ai limiti, si illude di essere 7, cioè Dio. f.b.
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IL MOSTRO. LA BESTIA. LA SEDUZIONE
Sottomissione o seduzione, le due carte dei poteri USA e URSS
Il lettore meno abituato al linguaggio dell’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia, si sarà forse trovato un po' spaesato tra draghi, mostri, bestie, teste e corna... Ma la forza evocativa e suggestiva di questi linguaggi simbolici è indubbia. Non starò qui a riportare le molteplici interpretazioni che sono fiorite nel corso dei secoli.
È chiaro che il mostro rappresenta la potenza dell'impero romano e la «bestia che sale dalla terra» può impersonare i suoi emissari, senza escludere i poteri religiosi del tempo. «In sostanza, la seconda bestia rappresenta tutto ciò che interpone il suo prestigio o la sua forza per imporre la sottomissione alla prima bestia. Se in questa azione prevale la forza, si può pensare che la seconda bestia sia simbolo delle autorità locali che nelle provincie mediavano il potere dell’imperatore romano; se lo strumento di persuasione invece è soprattutto la propaganda ideologica, come sembra pensare Giovanni quando chiama la seconda bestia «falso profeta» (16,13; 19,20; 20,10), si può vedere in lei la religione di Stato e i suoi sacerdoti, che con la loro influenza favorivano il culto dell'imperatore e quindi il suo potere assoluto» (Bruno Corsani, L’Apocalisse, Claudiana 1987, pag. 22).
Certamente qui abbiamo la eco dei rapporti, ormai tesi, tra potere politico e movimento cristiano. Forse l'Autore intendeva, con queste pagine così pregnanti, prendere posizione contro la corrente concordataria di coloro che cercavano un accordo a buon prezzo?
P. Prigent scrive al riguardo: «... Si tratta di una rivelazione della vera natura dell'impero. Mentre non mancavano voci cristiane che insistevano sulle convergenze possibili tra gli ideali politici e morali del tempo e la fede cristiana; mentre vari scontri tra le autorità dell'impero e i membri della giovane chiesa venivano volutamente minimizzati come semplici contrattempi o errori spiacevoli, o come opera dei soli imperatori cattivi, l’Autore dell’Apocalisse afferma a gran forza che l’impero si trova al servizio di Satana, come lo dimostra l'idolatria che ne fonda l'intero sistema. Non se ne può dunque sperare nessun miglioramento. L'impero può essere solo persecutore, e sempre più nettamente. I cristiani devono dunque sapere che camminano verso un domani difficile» (AA.VV., Gli scritti di San Giovanni e la lettera agli ebrei, Borla, Roma 1985, pag. 260). È, con ogni probabilità, l’ultimo decennio del primo secolo dopo Cristo.
Questa pagina, così lontana nel tempo, mi sembra assai vicina ai nostri giorni per quanto concerne la realtà quotidiana in cui siamo immersi. Ma, almeno da noi che viviamo in piena cultura occidentale, con una vistosa differenza: qui il potere e il sistema di vita che esso propone (e impone sottilmente) non hanno tanto il volto dei persecutori, ma dei seduttori. Questa pagina, dunque, è più vicina a noi quando segnala le pratiche di seduzione del potere che non quando enuncia a chiare lettere la persecuzione. Forse oggi è più difficile fronteggiare tale seduzione che non fare i conti con la persecuzione.
Le pratiche di seduzione
Seguiamo il testo biblico: «Tutta la terra fu presa da meraviglia e ubbidì al mostro» (13,3). Si resta ad occhi aperti davanti alle imprese del «sistema»: «Tutti adorarono il drago, perché aveva dato l'autorità al mostro, e si inginocchiarono davanti al mostro dicendo: «Chi è simile al mostro e chi potrà mai combattere contro di lui?»... «Gli fu dato potere sopra ogni razza, popolo, lingua o nazione. Davanti a lui si inginocchieranno gli abitanti della terra...» (13, 4-8).
La seconda bestia, a servizio della prima, «esercita tutto il potere del mostro in sua presenza, e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare, come un dio, il mostro... La bestia fa grandi miracoli... Con i miracoli, che ha il potere di fare, inganna gli abitanti della terra, ordinando loro di fare una statua al mostro. La bestia ebbe il potere di dare la vita alla statua del mostro, perché potesse parlare...» (13, 9-15).
Sembra di leggere il nostro tempo, la storia di oggi. Il potere sa fare miracoli «agli occhi della gente» e sa incantare, affascinare, persuadere. Esso possiede mille canali per dare spettacolo e per introdursi nei cuori delle persone, e prenderne possesso. L’Occidente esercita un fascino irrefrenabile e funge da calamita. I popoli e le culture sono «tentati» di omologarsi e i singoli individui subiscono una profonda colonizzazione dei cuori.
Esplode la secolarizzazione, ma contemporaneamente si estende l’adorazione delle «merci» che il sistema ci mette a disposizione. A volte, il fascino sembra irresistibile e talmente catturante che la resistenza sì presenta come quasi impossibile. Ho dedicato a questo argomento molte pagine del mio recente libro «Stirpe di Giona». In esso ho ripreso ampiamente l'analisi dettagliata del teologo Metz che, pur lumeggiando gli innegabili pregi dell'Occidente, descrive la triste parabola del progressivo indebolimento del soggetto.
Un marchio sulla destra
Il sistema, cioé l'ordine vincente oggi, è tale che… se non porti il suo marchio, se non ti lasci modellare e inquadrare, se non ti inserisci nella «logica» e nel «giro», ti rende la vita impossibile: «Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio». Nel nostro piccolo laboratorio della vita quotidiana, lo vediamo con estrema chiarezza: se tu abbracci la via della spregiudicatezza più squallida, l’assenza di coerenza e l'uso della politica come corsa al guadagno personale, tutte le porte si aprono davanti a te, ma se non entri in questo gioco, devi fare i conti con un'alta dose di solitudine e di emarginazione.
Ormai il modello vincente si pone come unico e lascia intendere che esso è «l’unico dio». Tale è la forza di questa struttura economica, politica, psicologica che la maggior parte della gente non ha nemmeno più l’idea che possa esistere una qualche alternativa sul piano dello stile di vita.
Davvero «qui ci vuole saggezza» (13, 14). Soprattutto l'inganno è sottile e disseminato nella vita quotidiana in cui, dal video alla vetrina, dalle ferie alle proposte per l'organizzazione del tempo libero, tutto invita ad esaudire immediatamente i desideri che insorgono tumultuosi e molteplici, spingendo più al «consumo di tutto» che non al dialogo e alla ricerca di senso.
Ora che, caduti i sistemi dell'Est, esiste solo più un impero con la sua cultura, il suo capitale e le sue ideologie, tutto questo diventa ancor più evidente. A buon diritto scrive Raniero La Valle: «La liberazione conseguita in Europa è essa stessa ambigua; non fondata su un progetto originale di economia e di società (che forse nelle condizioni di quei popoli non poteva essere concepito), essa si è determinata prevalentemente sotto l’attrazione di un referente esterno, quello del modo di vita occidentale, e rischia pertanto di risolversi in una nuova dipendenza; in questo senso più che di una liberazione si dovrebbe parlare di una uscita da un sistema, non più tollerabile, per l'ingresso in un altro, certo più liberale, ma non capace di corrispondere alle speranze o alle illusioni che hanno motivato e acceso la spinta liberatrice; e il risultato rischia pertanto di essere non un più di liberazione per tutto il sistema e tutti i popoli europei, ma solo lo spostarsi più a Oriente dei confini dell'Occidente, con la sua moneta, le sue armi, le sue ideologie e i suoi affari; a vincere sarebbe stata allora l'anarchia acquisitiva capitalistica così come si esprime nei movimento del grande capitale finanziario di rapina; sarebbero state le dure leggi del mercato capitalistico» (Bozze 90, numero 1/2, pag. 6).
Il numero è seicentosessantasei
Ovviamente era più facile per i lettori del tempo in cui l'Apocalisse fu scritta cogliere il significato di questo numero. Le ipotesi interpretative di questo numero sono state e restano molte. Una tra esse guadagna terreno: il potere che perseguita o incanta, per quanto si presenti nei panni dell’onnipotenza e della divinità, per quanto riesca a sedurre e a far genuflettere le masse davanti a sé, resta poi sempre una realtà scarsa, un fenomeno umano che non raggiunge mai la «pienezza» del vero Dio. Tre volte sei... non fanno mai sette, il numero che indica la pienezza.
Probabilmente qui possiamo trovare un messaggio di speranza: se sappiamo guardare in profondità, il potere ci rivela la sua miserabile realtà, camuffata dietro una maschera di apparente «divinità».
Ma, appunto, occorre guardare in profondità, oltre ciò che appare.
Il suo vero nome è sei, non sette!
La fede ci dice che Gerico non è inespugnabile, che Babilonia non è eterna, che gli idoli, anche i più seducenti, sono divinità di paglia.
Vogliamo ribellarci, con concrete scelte di vita, a chi vorrebbe farci adorare tali idoli? Vogliamo vedere, nelle profondità del nostro cuore, se non siamo anche noi tra coloro che si arrendono alla seduzione della bestia?